Verso l’Eden
TITOLO ORIGINALE |
Eden à l’Ouest |
REGIA |
Costantin Costa-Gavras |
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Constantin Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg |
FOTOGRAFIA |
Patrick Blossier (colori) |
MONTAGGIO |
Yannick Kergoat |
MUSICA |
Armand Amar |
INTERPRETI |
Riccardo Scamarcio, Juliane Kohler, Ulrich Tukur |
PRODUZIONE |
Costantin Costa-Gavras, Manos Krezias, Jérome Seydoux per KG Productions/Pathé/Odeon |
DURATA |
110’ |
ORIGINE |
Francia-Grecia-Italia, 2009 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Lamerica, Leuropa, Litalia Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione,società multietnica/Uomo e Società |
Elias, un immigrato clandestino, attraversa l’Europa nella speranza di rifarsi una vita a Parigi.
La tematica dell’immigrazione è trattata attraverso l’errabonda esperienza di un singolo personaggio, Elias, giovane. in fuga dalla miseria (non è precisato il territorio di provenienza, facendone così una specie di paradigma esemplare di tutti gli immigrati), la cui vicenda assume le caratteristiche di una specie di Odissea contemporanea (il suo arrivo nella spiaggia dei nudisti rievoca l’approdo di Ulisse nell’isola dei Feaci). Ingenuo e di buoni sentimenti (forse simboleggia un’ipotetica innocenza di popoli alieni dal consumismo corruttivo dell’Occidente) è convinto infantilmente di trovare il paradiso (l’Eden appunto) nella terra in cui è approdato (l’aspettativa che ripone nel mago parigino esprime bene la fragilità fanciullesca ed illusoria su cui poggia la sua speranza).
Lo stupore , tra il perplesso e lo spaventato, che si dipinge quasi costantemente sul suo volto scaturisce dalla sua difficoltà a comprendere comportamenti, usi e costumi di un universo a lui profondamente estraneo, che ci viene mostrato in una vasta gamma di situazioni e esemplari umani che ci rimandano un miscuglio di indifferenza,ostilità, paura del diverso, suo sfruttamento brutale, repressione , ma anche di solitudine, nevrosi, bisogno d’amore, solidarietà.
Nel triste finale, con Elias che si avvia sconsolato verso una Tour Eiffel luminosa (simbolo eloquente del mito occidentale che i popoli poveri si sono costruiti nel loro immaginario) il film sembra abbandonare il protagonista al suo destino di solitudine e precarietà.
Il registro dominante risulta quello del comico grottesco direttamente ispirato al repertorio del cinema muto (pensiamo a grandi interpreti di questo genere come Chaplin e Keaton). Elias, in effetti, esprime tutto l’imbarazzante disagio e la totale incapacità ad adeguarsi ad una realtà alla quale è estraneo e di cui stenta a capire regole e riti che caratterizza le performance dei grandi comici di quella stagione cinematografica, quasi sempre alle prese con una società industrializzata, iperproduttivistica e ipermoderna (quella americana degli anni Venti) che li respingeva, obbligandoli a gaffe e fughe continue (ricordiamoci del Charlot di Tempi moderni) .
Il limite del film si riscontra proprio nell’evidente scarto tra il modello di riferimento e il tentativo di riproporlo tramite lo strumento di una specie di fiaba metaforica sul dramma contemporaneo dell’immigrazione. L’analisi sociale realistica in chiave di denuncia (pensiamo allo sfruttamento in nero nella fabbrica di televisori) non sempre si amalgama con equilibrio con la dimensione trasognata e surreale (i tanti personaggi dal comportamento enigmatico e le tante situazioni che si risolvono in gag).
Diritto La legislazione sull’immigrazione in Italia e in Europa