Michele Sarfatti    Direttore CDEC Milano

 

Legislazioni antiebraiche nell'Europa degli anni trenta e Chiesa Cattolica

La «nuova» classificazione di ebreo e il divieto dei matrimoni «razzialmente misti».

 Primi elementi di sistematizzazione e comparazione

 

Negli anni Trenta del Novecento l'Europa conobbe una proliferazione di legislazioni nazionali antiebraiche, caratterizzate da impostazioni inizialmente alquanto differenti e progressivamente tutte convergenti verso un antiebraismo biologicamente razzista. Ciò costituì una novità epocale e una rottura con le precedenti concezioni e pratiche antiebraiche aventi matrice religiosa o - assai più recentemente - nazionale.

. L'esame e la comparazione delle singole esperienze legislative antiebraiche e delle reazioni ad esse delle autorità e delle società cristiane possono fornire elementi essenziali per il progresso delle nostre conoscenze relativamente a ciascuna vicenda e ai processi generali in atto. Peraltro indagini di questo tipo richiedono conoscenze assai articolate, una stratificazione di approfondimenti e un impegno collettivo. In assenza e nell'attesa di ciò, mi pare di qualche interesse proporre in questa sede il risultato di alcune. prime ricerche specifiche, utili quanto meno a una migliore progettazione dell'intera indagine e inoltre - così a me pare - già arrecanti qualche interessante acquisizione. .

Queste ricerche concernono tre ambiti parzialmente intrecciati : la definizione da parte del fascismo italiano di una legislazione antiebraica a impostazione razzistico-biologica; la comparazione delle classificazioni assegnate dalle varie legislazioni antiebraiche nazionali a chi era nato da due genitori classificati «ebrei» o «di razza ebraica»; un primo approccio alle reazioni della Santa Sede a tali norme e in particolare al divieto di matrimoni «razzialmente» misti (ossia tra persone classificate di «razze» diverse). Trattandosi di ricerche preliminari, esse scontano incompletezze nelle fonti e in relazione ai vari contesti storici generali, Per i primi due ambiti la comparazione concerne essenzialmente, accanto a quella tedesca, le legislazioni emanate tra il 1938 e il 1940-41, periodo nel quale è possibile assegnare ai singoli governi la più ampia autonomia nella definizione dell'impostazione persecutoria.

Il primo punto concerne l'impostazione della legislazione antiebraica. varata dal fascismo. Essa fu in realtà il risultato di un processo, oggi ancora in parte non ben documentato, soprattutto relativamente alle finalità iniziali e alle motivazioni dei passaggi intermedi. La serie di articoli pubblicati da Roberto Farinacci sul proprio quotidiano Il regime fascista alla fine dell'estate 1936, attualmente ritenuta il momento di avvio della comunicazione pubblica dell'approssimarsi di una svolta persecutoria, ebbe inizio con l'editoriale Una tremenda requisitoria, pubblicato il 12 settembre, che avvisò gli ebrei italiani che «si sta generando la sensazione che fra poco tutta l'Europa sarà teatro di una guerra di religione» e li sollecitò a separare le «loro responsabilità» da quelle di «tutti gli ebrei del mondo» e a «dare la prova matematica di essere prima fascisti, poi ebrei». Il corsivo Chiusura, pubblicato il 29 settembre al termine dell'intensa polemica, concluse: «Se tutti non sono riusciti a comprendere il nostro atteggiamento, peggio per loro. Non vorremmo che un giorno si dovessero pentire di non aver saputo approfittare di una occasione così generosamente offerta». Suggerendo esplicitamente agli ebrei italiani l'obiettivo di una scissione (tra essi e tutti gli altri ebrei, o in seno allo stesso gruppo ebraico italiano), Farinacci sembrava in quella data sostenere una posizione antiebraica di tipo non generalizzato, ossia non razzistica. Tuttavia, poiché gli articoli de Il regime fascista portavano accuse di ordine politico e religioso contro tutti gli ebrei, essi propagavano anche un antisemitismo indifferenziato, ossia razzistico o pre-razzistico.

Alla fine del marzo 1937 vennero pubblicati due nuovi autorevoli scritti antiebraici. Il primo era il libello di Paolo Orano Gli ebrei in Italia, nel cui testo era tra l'altro inserita l'apparentemente non utile indicazione di essere stato ideato per lo meno nel settembre 1936

 

Legislazioni antiebraiche nell'Europa degli anni trenta e Chiesa Cattolica

(ossia all'epoca degli articoli de Il regime fascista)2. Pressoché unico compito del volumetto fu quello di assegnare la qualifica di irriducibili nemici dell'Italia fascista totalitaria (da tempo attribuita agli ebrei sionisti) anche agli ebrei «ebraizzanti», cioè a quegli ebrei che non si caratterizzavano unicamente per l'osservanza della ritualità religiosa ebraica, bensì conservavano una identità ebraica e una qualche coscienza collettiva, e quindi, tra l'altro, soccorrevano i profughi tedeschi, criticavano la Germania nazista, contestavano l'alleanza tra le due dittature3. Ad essi, con una prospettiva non dissimile da quella enunciata da Farinacci sei mesi prima, Orano così si rivolgeva: "Venuta è l'ora della chiarificazione. [...] Ciò che io dico "e chiedo è invocato da molti israeliti d'Italia che nella persistenza dell' equivoco, nella sospensione del problema, vedono prepararsi, perché il destino è severo, risoluzioni non meno severe. È il problema che deve essere abolito. L'Italia fascista non ne vuole. TI dire di più sarebbe superfluo4.

Il secondo scritto era l'articolo di Telesio Interlandi Ai margini del razzismo. Il meticciato dissidente, apparso sul suo quotidiano Il Tevere il 29 marzo 1937 (forse lo stesso giorno della diffusione delle prime copie del libello di Orano). L'articolo era formalmente dedicato alla polemica contro i «dissidenti» dal razzismo antinero, tuttavia nell'ultima parte affermava che essi erano mossi dal «sangue» più e prima che dalle idee, e che: «Si tratta di ebrei, o di mezzi ebrei, o di ebrei camuffati da cristiani [00'] o di quarti di ebreo; o di italiani sposati ad ebree, di ebree che hanno un marito, e quindi un nome italiano. [00'] Gente [che] si è chiesta se, a un dato momento, e per necessità superiori e 'imperiali', una politica razzistica, cioè una politica di difesa e di potenziamento della razza, non potesse diventare una politica di 'pulizia della razza, anche attraverso provvidenze legislative [ovvero : 'gente' divenuta 'dissidente' per timore o avversione di questa 'pulizia']».

I due scritti presentavano impostazioni diverse: Orano, similmente a Farinacci, ma in modo più netto, mostrava di credere nella possibilità che «molti» degli stessi ebrei potessero contribuire .ad «abolire il problema»; Interlandi si presentava nettamente convinto della diversità biologica del sangue ebraico, anche quando presente solo per «un quarto», e prospettava «provvidenze legislative» contro tutti coloro che lo possedevano. Interlandi quindi dava al proprio antiebraismo un'impostazione 'razzistica e, relativamente all'articola-' zione che questa aveva all' epoca in Italia, una caratterizzazione più di tipo esoterico-tradizionalista che biologica o addirittura nazionale.

La pubblicizzazione di questi due diversi approcci antiebraici - uno dei quali avente la retrodatazione già menzionata - testimonia la complessità della svolta antiebraica in atto. Tre mesi dopo, lo stesso Mussolini precisò la caratterizzazione generale assegnata al processo antisemita : secondo una fonte diaristica (che in questo caso appare credibile) 1'8 giugno 1937 egli sostenne che la questione doveva ormai essere impostata «sul piano razziale» e non su quello «politico o religioso»6 e undici giorni dopo affermò sul proprio quotidiano: «Facendo coincidere la religione con la razza e la razza con la religione, Israele si è salvato dalla 'contaminazione' con gli altri popoli. [..:] Quello d'Israele è un riuscitissimo esempio di razzismo, che dura da millenni, ed è un fenomeno che suscita ammirazione profonda. Gli ebrei, però, non hanno diritto alcuno di lagnarsi quando gli altri popoli fanno del razzismo» 7. Occorre peraltro osservare che tali sue parole non attestano ancora una scelta tra le impostazioni razzistiche sopraindicate.

Per meglio comprendere lo sviluppo del processo antisemita, va tenuto conto del fatto che, nell'ambito della politica razzistica diretta contro i neri in genere o le popolazioni dell'Africa orientale italiana (AOI) in particolare, il 4 gennaio 1937 il ministro delle Colonie Alessandro Lessona aveva presentato ai suoi colleghi un progetto di legge che vietava in Italia e nelle colonie le «relazioni d'indole coniugale» tra un «cittadino italiano» e un «suddito». dell'AOI o persona 'assimilabile (ossia le convivenze miste note come «madamato»)8. Il progetto venne approvato nella riunione del Consiglio dei ministri del 9 gennaio; in tale sede venne deciso di modificarne il titolo da Provvedimenti per l'integrità della razza, come proposto da Lessona, in Provvedimenti per i rapporti fra nazionali e indigeni9, tuttavia la dizione «difesa della razza» comparve nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri e quindi negli articoli e -spesso nei titoli dei quotidiani del gennaio. Nella relazione di accompagnamento al progetto legislativo, Lessona esplicitò che il mancato divieto delle «relazioni coniugali» vere e proprie (ossia i matrimoni) era dovuto a «considerazioni di opportunità in rapporto allo spirito informatore dei Patti Lateranensi»lO. Il divieto quindi era stato inizialmente ipotizzato come totale, ed era stato modificato in parziale solo per armonizzarlo con le altre politiche del regime. Peraltro la stessa relazione aggiungeva che comunque detti matrimoni misti sarebbero stati impediti con «misure di polizia, [...] sanzioni politiche, [...] provvedimenti disciplinari».

La comunicazione ufficiale dell'impostazione antiebraica adottata (quella razzistica di tipo biologico) avvenne l'anno successivo. Il documento. del 13 luglio 1938 Il fascismo e i problemi della razza (noto col fuorviante titolo Manifesto degli scienziati razzisti) affermò l'esistenza delle «razze umane» e di una «pura razza italiana», definita di «origine ariana» e di «civiltà ariana», e stabilì che «il concetto di razza è concetto puramente biologico», indicando inoltre una piena parificazione tra il razzismo antinero e quello antiebraico. E la definizione giuridica di «ebreo» contenuta nella legge antiebraica del novembre seguente (il R.d.I. 17 novembre 1938 n. 1728), stabilendo che il nato da due genitori classificati «di razza ebraica» doveva essere sempre classificato «di razza ebraica», anche qualora non fosse di religione ebraica),. risultò incardinata al principio razzistico-biologico (venne anche stabilito che il nato da due genitori classificati «di razza ariana» doveva essere sempre dassificato «di razza ariana», anche qualora fosse di religione ebraica). Per i misti venne creata una complessa casistica, basata anche sull'estensione dell'indagine «razziale» ai genitori dei genitori, ecc., che regolava la loro assegnazione a una delle due «razze» (ben presto comunque venne deciso amministrativamente di classificare «di razza ebraica»tutti coloro che avevano tre nonni di tale «razza»). Contemporaneamente venne stabilito il divieto di matrimonio tra un cittadino italiano di «razza ariana» e una «persona appartenente ad altra razza»(ivi comprese quella «ebraica» e quella «camita»)12.

Il principio razzistico-biologico venne tra l'altro affermato esplicitamente in una circolare dello luglio 1939 del ministro dell'Educazione nazionale ai rettori e ai provveditori, nella quale Giuseppe Bottai riportò il seguente testo pervenutogli dal ministero dell'Interno : «Nel caso poi del nato da genitori ariani, battezzato, e che poscia si è convertito all'ebraismo, prevalendo il criterio razzistico su quello confessionale il predetto è da considerarsi non ebreo», aggiungendo che «dovrà ritenersi ariano il nato da genitori ariani, di cui uno sia passato alla religione ebraica»l3. Esso venne anche comunicato ufficialmente all'interlocutore vaticano: nell'agosto 1939 il nunzio della Santa Sede in Italia riferì che il sottosegretario all'Interno Guido Buffarini Guidi aveva asserito che: «la legge razzista [il R.d.I. 1728/1938] si è inspirata ad un criterio biologico, più che ad un criterio 'legale» 14. Del resto, con un appunto dell'agosto 1938 che a mio parere fu redatto dalla parte governativa italiana per l'interlocutore vaticano, Mussolini aveva già comunicato la propria intenzione di «definire in sede scientifica e politica» il «problema del razzismo ed ebraismo»15.

L'impostazione razzistico-biologica era già stata introdotta dalla legislazione antiebraica nazista e fu in seguito progressivamente adottata anche dalle altre legislazioni persecutorie europee. L'una e le altre vengono presentate qui di seguito con riferimento unicamente a questa loro immediata o processuale caratterizzazione razzistico-biologica, ossia al fatto che la classificazione giuridica di «ebreo» da esse introdotta comprendesse o no indistintamente tutti coloro che discendevano da due genitori o da quattro nonni ebrei. Va aggiunto che pressoché tutte esse (a partire ovviamente da quella tedesca) stabilirono limitatissime esenzioni (progressivamente ridotte in ciascun paese) a tale classificazione, in favore di persone aventi «meriti» di ordine bellico o nazionale; ciò però a mio parere non influisce sulla definizione della caratterizzazione generale della normativa. Riguardo al divieto di matrimoni «razzialmente» misti, va tenuto presente che tecnicamente esso era una nonna di secondo livello, in quanto la sua caratterizzazione dipendeva automaticamente da quella della classificazione giuridica di «ebreo»; tuttavia, come si vedrà, la sua introduzione fu quasi sempre contemporanea a quella della classificazione razzistico-biologica, pertanto occorre considerare che anche tale norma incarnava e simboleggiava questo principio.

Inizialmente in Germania, con le leggi dell'aprile J933 sul pubblico impiego e la scuola, vennero definite le due categorie degli «ariani» e dei (parzialmente o totalmente) «non ariarti». Gli appartenenti alla seconda categoria, discendessero dà. uno o da quattro nonni ebrei, vennero egualmente assoggettati alle esclusioni o alle limitazioni; va peraltro osservato che le leggi suddette e quelle seguenti concernevano ambiti ben determinati, ossia non proponevano definizioni valide per l'intera società. Successivamente, con le leggi di Norimberga del settembre 1935 e le disposizioni attuative di novembre, vennero istituite quattro categorie: «ebrei» (o «ebrei puri»; comprendente tutte le persone con tre o quattro nonni «ebrei» e parte delle persone con due nonni «ebrei»), «[ebrei misti di primo grado» (comprendente le altre persone con due nonni «ebrei»), «[ebrei] misti di secondo grado» (persone con un nonno «ebreo»), «persone di sangue tedesco». Con la nuova sistematizzazione (che non contenevano ,il vocabolo «ariano» o derivati né il vocabolo «razza» o derivati) la persecuzione colpì innanzitutto gli «ebrei puri» e in modo assai minore, ma anche con una certa progressione, i «misti di primo grado». Alle persone delle prime due categorie fu, consentito. di" contrarre matrimonio solo all'interno di ciascuna di esse ora l'una e l'altra, con la possibilità di specialissime eccezioni per i «misti di primo grado»; ai «misti di secondo grado» fu consentito di contrarre matrimonio solo con «persone di sangue tedesco>;, salvo la suddetta specialissima eccezione!6. Quella della Germania nazista fu quindi la prima normativa antiebraica dell'Europa moderna e la prima ad essere basata sul principio razzistico-biologico.

La limitata normativa persecutoria emanata dalla Polonia tra il 1938 e l'invasione tedesca del 1939 si riferì all'«ebreo» come a un appartenente a un gruppo sostanzialmente autodefinito e non contenne ne criteri biologici.

La parziale normativa persecutoria emanata dalla Romania nel gennaio-marzo1938 si riferì agli ebrei in modo generico, ma classificò «ebreo» anche chi era passato dalla religione ebraica ad altra religione dopo il novembre 1918. La successiva legge sullo stato giuridico degli ebrei dell'agosto 1940 classificò «ebreo»; tra l'altro, chiaveva lasciato l'ebraismo senza adottare altra religione, nonché chi era battezzato mai cui genitori non lo erano (alla data della legge), delineando così un'impostazione che può essere definita prevalentemente razzistico-biologica. La nuova legge regolamentò duramente anche la complessa casistica dei misti, assegnandoli all'una o all'altra categoria. Contemporaneamente venne introdotto il divieto di matrimonio tra «ebrei» e «romeni di sangue»!8. ;

La prima legge persecutori a ungherese del maggio 1938 si riferì agli ebrei in modo generico, ma classificò «ebreo» anche chi era passato dalla religione ebraica ad altra religione dopo il luglio 1919 (e così i nati da genitori ebrei dopo tale data). Una seconda legge del maggio 1939 modificò questa classificazione in modo assai contorto, ma complessivamente aggravante : vennero definiti «ebrei» 'anche quei battezzati precedentemente alla ,suddetta data i cui ascendenti '" si erano stabiliti in Ungheria dopo il 1848, mentre vennero definiti «non ebrei» tutti i battezzati entro il proprio settimo compleanno se i loro genitori erano battezzati prima del 1939. Infine nell'agosto 1941 una nuova legge introdusse il principio razzistico-biologico assoluto, stabilendo di classificare «ebreo» chiunque avesse tre o quat" tro nonni classificati «ebrei»; essa inoltre regolamentò duramente anche la complèssa casistica dei misti, assegnandoli all'una o all'altra categoria. La stessa legge dispose il divieto di nuovi matrimoni misti19. .

L'Italia (qui richiamata solo per rispettare l'ordine cronologico di emanazione delle prime disposizioni antiebraiche) nel novembre 1938 introdusse il già ricordato sistema dassificatorio razzisticobiologico (il principio dell'assegnazione alla «razza ebraica» di tutti i figli di due genitori «di razza ebraica» era peraltro già contenuto in due prime leggi del settembre 1938).

La legge persecutoria emanata nell'aprile 1939 dallo Stato slovacco appena costituito contenne una prima classificazione articolata di «ebreo» e definì tale tra l'altro chi era passato dalla religione ebraica ad altra religione dopo l'ottobre 1918 e chi non professava alcuna religione ,e aveva almeno un genitore «ebreo». In seguito, il codice ebraico del settembre 1941,estendendo la classificazione di «ebreo» à tutti. coloro che avevano almeno tre nonni «ebrei», rese assoluto il principio razzistico-biologico. La nuova legge inoltreregolamentò duramente la complessa casistica dei misti, assegnan- ' doli all'una 'o 'all'altra .categoria, e dispose il divieto di nuovi matrimoni misti (20)

Lo statuto degli ebrei introdotto in Francia dal governo di Vichy nell'ottobre 1940 stabilì subito un principio razzistico-biologico assoluto, classificando «ebrei» tutti coloro che avevano almeno tre nonni <{di razza ebraica». Né questa legge né quella aggravante del giugno 1941istituirono la categoria dei misti, che vennero assegnati all'una o all'altra categoria. Nessuna delle due inoltre istituì il divieto di matrimoni misti (per il quale vedi però anche più oltre)21.

La legge persecutoria e la relativà regolamentazione varate nel gennaio-febbraio 1941 dalla Bulgaria definirono «ebreo» il figlio di due genitori ebrei, anche se battezzati (il criterio razzistico-biologico assoluto venne però introdotto ufficialmente nell'agosto 1942) e assegnarono i misti all'una o all'altra categoria (sostanzialmente a seconda che fossero o no battezzati). La legge del gennaio 1941 inoltre dispose il divieto di nuovi matrimoni misti 22.

La legislazione persecutoria emanata nell'aprile 1941 dallo Stato croato appena costituito introdusse le categorie di «razza ariana» e «razza ebraica» e classificò «ebrei» tutti coloro che avevano almeno tre nonni ebrei, stabilendo quindi subito un principio razzisticobiologico assoluto. Essa inoltre regolamentò duramente la complessa casistica dei misti,assegnandoli all'una o all'altra categoria, e dispose il divieto di nuovi matrimoni misti tra «ebrei» e «ariani» e tra due misti classificati «ariani» 23.

, Sin qui i fatti, ossia la concretezza dello sviluppo legislativo continentale di normative antisemite razzistico-biologiche. Uno sviluppo che presenta la caratteristica di vera e propria ondata e che non può essere spiegato solo colla crescita del ruolo politico, ideologico e bellico della Germania nazista. Esso testimonia anche da un lato la vittoria della concezione organicista della nazione sul concetto della cittadinanza e dall'altro una sorta di emancipazione dell'antisemitismo statuale «moderno» dall'antiebraismo di tradizione e sviluppo cristiano. Su un altro piano si può rilevare che mentre la diffusione dell'antisemitismo sembra corrispondere alla maturazione dei singoli 'regimi reazionari, totalitari o no che fossero (col notorio caso particolare costituito dall'Italia), la diffusione del principio razzistico-biologico assoluto concerne in una prima fase i soli regimi totalitari"estendendosi nel continente solo dopo l'inizio della guerra. Quindi occorre chiedersi quanto questa specifica estensione sia stata effetto degli schieramenti, bellici e quanto della guerra tout court, nonché se quei nazionalismi, quei razzismi, quei totalitarismi e quella guerra fossero in effetti collegati e in un certa senso consanguinei. .

II terzo tema di questo saggio concerne direttamente la Santa Sede e più precisamente le sue reazioni alle legislazioni razziste. Si è visto che, per l'Italia, nel novembre 1938 il governo ritenne non più «opportune» le «considerazioni» che nel gennaio 1937 avevano sconsigliato di vietare per .legge i matrimoni tra persone di «razze» diverse. Siamo quindi di fronte ad una vicenda processuale, nella quale si può intravedere sia la processualità della definizione e radicalizzazione del razzismo, sia la processualità del rapporto tra dittatura fascista e Chiesa cattolica. Al riguardo si può osservare che la prima processualità caratterizza in realtà l'intero percorso continentale di antisemitizzazione e ciascuna legislazione razzistica. Peraltro, il passaggio fascista dal divieto parziale (o non esplicitamente totale) del gennaio 1937 al divieto totale (e pubblicamente tale) del novembre 1938 segna - come accennato un vero e proprio atto di emancipazione del regime dalla Chiesa.

Il principio ideologico della non «ammissibilità» dei matrimoni «razzialmente» misti era stato pubblicamente enunciato dal fascismo nel documento teorico Il fascismo e i problemi della razza del 13 luglio 1938.24 ed era stato stabilito programmaticamente nella Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del fascismo del 6 ottobre «<divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane» )25. Le prime stesure provvisorie del testo legislativo di attuazione della Dichiarazione concretizzarono tale principio nel duplice divieto della celebrazione «civile» (ossia presso i ,Comuni) di nuovi matrimoni misti e della «trascrizione» presso i Comuni di matrimoni misti celebrati con rito religioso. Ben presto, in una data che parrebbe essere quella del20 o del 23 ottobre, venne aggiunto un nuovo articolo, che vietava e puniva il'«concubinato tra persone che non possono unirsi in matrimonio» perché appartenenti a «razze» diverse, ivi compreso il concubinato consistente in una convivenza ufficializzata solo da un matrimonio celebrato con rito religioso (questo era generalmente cattolico e più raramente protestante o ebraico)26. La Santa Sede, che già a metà luglio 1938 sembra aver segnalato alle autorità italiane la propria volontà di difendere la norma del recente Concordato che garantiva l'automaticità della trascrizione presso i Comuni dei matrimoni celebrati dalla Chiesa cattolica, reagì prontamente alla Dichiarazione del 6 ottobre, -individuando proprio nella questione dei «matrimoni con ebrei convertiti» le sue «maggiori per non dire uniche preoccupazioni» (così una sua comunicazione verbale ufficiale alla rappresentanza italiana)27. Successivamente, il 28 ottobre, informata anche dell'inserimento della norma sul concubinato, essa consegnò al governo italiano un promemoria che chiedeva,sia l'annullamento delle sanzionia carico dei conviventi coniugati si con rito solo religioso sia la possibilità di «eccezionali» trascrizioni per un numero estremamente limitato di «matrimoni m,isti autorizzati dalla Chiesa» «<rarissimi» e nel futuro tutti preventivamente «sottoposti [...] all'esame [... del] Santo Padre »)28. Al termine di una complessa trattativa (nella quale la parte fascista aveva controproposto eccezioni - non automatiche - per i matrimoni misti celebrati in punto di morte o per legittimazione di prole), il Consiglio dei ministri del 10 novembre 1938 approvò un testo di regio decreto-legge (il R.d.I. 1728/1938) che non conteneva più il divieto di concubinato e stabiliva il divieto assoluto di celebrazione presso i Comuni o di trascrizione presso gli stessi di qualsiasi matrimonio di un «cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza»29.

Va nuovamente rilevato che questa fu l'unica delle molte disposizioni antiebraiche introdotte dal fascismo che vide una dura reazione pubblica della Santa Sede 30. Sia il trafiletto del 13 novembre sia il lungo articolo del giorno successivo pubblicati da L'osservatore romano evidenziarono nel nuovo decreto-legge unicamente il divieto di trascrizione di matrimoni religiosi, affermando che «una proibizione generale e assoluta di matrimonio è in opposizione alla dottrina e alle leggi della Chiesa» e che la nuova legge italiana «rompe unilateralmente quello che fu oggetto di un patto bilaterale : il vulnus inflitto al Concordato è innegabile»31. E l'articolo del 14 riprendeva, talora letteralmente, il contenuto di una nota ufficiale vaticana trasmessa il giorno precedente all'ambasciata italiana32. L'azione della Santa Sede tuttavia non conseguì ulteriori risultati oltre quello relativo al concubinato.

La vicenda italiana echeggiò, come esempio negativo, nella successiva similare vicenda ungherese. In questo Stato, dopo che le leggi antiebraiche del 1938 e del 1939 avevano ricevuto l'approvazione o la «non opposizione» (in virtù del principio del «minor male») del principe primate cardinale Jusztiniàn Serédi 33, sia quest'ultimo sia la stessa Santa Sede tra il 1940 e il 1941 si opposero - invano - proprio alla norma della terza legge persecutoria che introduceva il divieto di matrimoni misti. E fu in occasione della prima informativa sul tema, datata 2 novembre 1940, che il nunzio a Budapest Angelo Rotta avvertì il Vaticano: «L'esempio poi dell'Italia riesce qui molto funesto». Va aggiunto che il minacciato (e poi attuato) divieto ungherese differiva da quello italiano in quanto in quel paese non esisteva la possibilità di un matrimonio celebrato con rito religioso e successivamente trascritto civilmente; le proteste della Chiesa locale e della Santa Sede concernevano quindi unicamente la «atteinte à la doctrine -catholique» in campo matrimoniale34.

Anche nel caso della legge antiebraica slovacca del settembre 1941, il cardinale Luigi Maglione puntualizzò, in una nota di protesta inviata qualche settimana dopo all'ambasciatore di quello Stato presso la Santa Sede, che al «carattere universale della Chiesa e della sua dottrina, si oppone innanzitutto l'articolo 9 della citata Ordinanza, con cui si proibiscono i matrimoni fra ebrei e non ebrei, come pure fra ebrei e incroci ebraici», sì ché «non può esservi dubbio che il citato articolo 9 sia in contrasto con la dottrina cattolica»35.

La centralità assegnata dalla Santa Sede alla questione dei matrimoni misti era emersa anche in un lungo rapporto redatto nell'estate del 1941 dall'ambasciatore di Vichy presso il Vaticano Léon Bérard. Interpellato dal maresciallo Philippe Pétain sulla posizione vaticana relativamente alla legislazione antiebraica promulgata da Vichy nell'ottobre 1940 e nel giugno 1941, l'ambasciatore rispose di essere stato assicurato da «quelqu'un d'autorisé» che la Santa Sede non avrebbe «intenté nulle querelle pour le statut des Juifs», alla duplice condizione che questo venisse applicato tenendo conto dei «préceptes de la justice et de la charité» e che «ne soit ajouté à la loi sur les Juifs aucune disposiÌion touchant au mariage. Là, nous irions au-devant de difficultés d'ordre religieux». A questo riguardo, l'ambasciatore aggiunse: «On s'est fort ému, au Vatican, de ce que la Roumanie a adopté, sur ce point capital, des règles de droit inspirées ou imitées de la législation fasciste» (precedentemente, egli aveva dedicato un lungo paragrafo del suo rapporto alla Difficulté entre le Saint-Siège et l'Italie à propos de la législation fasCiste sur les Juifs, owero al contrasto del 1938 sul divieto di matrimoni misti ...,- precisando tra l'altro che in Francia non esisteva l'istituto della trascrizione civile del matrimonio religioso )36. Sia stato o no anche per conseguenza di questo rapporto, il divieto di matrimoni misti continuò a non essere promulgato dal governo di Vichy (in effetti nel giugno 1942 il Commissariat général aux questions juives aveva allo studio una nuova norma «interdisant formellement le mariage entre aryens et juifs» e in dicembre la notizia apparve anche sulla stampa, ma successivamente il responsabile del Commissariat Louis Darquier de Pellepoix comunicò ad un interlocutore tedesco che, riguardo a tale proposta, «je me suis heurté à des difficultés d'ordre religieux»)37.

Questo quindi fu il tema principale se non unico della protesta pubblica o comunque ufficiale della Santa Sede in merito alle legislazioni antiebraiche di quattro paesi europei tra il 1938 e il 1941. Occorrerà esaminare con più attenzione il comportamento tenuto a fronte della promulgazione delle leggi tedesche del 1935 e di quelle dei restanti Paesi. E' occorrerà anche indagare e confrontare le eventuali assonanze e dissonanze tra Vaticano e rappresentanze episcopali. Ma pare poco probabile che questi necessari studi possano portare a ridimensionare la centralità assegnata alla questione della libertà di matrimonio. Centralità peraltro nçm assoluta nel tempo, poiché pare che, una volta definitivamente impiantate le leggi, gli interventi della Santa Sede siano stati rivolti principalmente verso l' ottenimento di qualche esenzione per i cattolici «di razza ebraica>, fino alla loro riclassificazione in «ariani»; azioni comunque ben presto rese più drammatiche e travolte dalla vicenda delle deportazioni.

Questa centralità sembrerebbe segnalare inoltre che in Italia la protesta contro il vulnus al Concordato costituì sì un elemento fondamentale dell' azione vaticana, ma non più forte della protesta contro il vulnus al sacramento del matrimonio. Fu quest'ultimo comunque ad essere scelto, negli anni e nei paesi indicati, come il principio. degno della massima difesa. Ed è sui motivi di questa scelta (che poneva in second'ordine la difesa dei diritti degli individui, compresi in parte quelli dei cattolici «di razza ebraica») che occorrerà indagare e riflettere con rinnovata attenzione. Impegno questo che dovrà certamente tenere conto della caratterizzazione nettamente antirazzista della battaglia in difesa della libertà di matrimonio, ma anche del fatto che, come precedentemente osservato, la caratterizzazione del divieto di matrimoni «razzialmente; misti dipendeva tecnicamente da quella della classificazione razzista di «ebreo».

Su un altro piano, va rilevata !'importanza assegnata al precedente dell'Italia fascista nelle vicende matrimoniali francese e ungherese. Se pure ciò potrebbe essere stato determinato solo dalla volontà di non richiamare il precedente della Germania nazista, comunque resta il fatto che la vicenda antiebraica italiana ebbe un ruolo importante nel contesto continentale.

 

Note

 1 La bibliografia di primo riferimento per i vari temi comprende: M. Sarfatti,Gli ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, 2000; R. HiIberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa, Torino, 1999, nuova ed. (ed. or. : The Destruction ofthe European Jews, New York-Londra, 1985); Anna Capelli e Renata Broggini (a cura di), Antisemitismo in Europa negli Anni Trenta. Legislazioni a confronto, Milano, 2001 [d'ora in poi: AEAT]; J. F. Modey, Vatican Diplomacy and the Jews during the Holocaust 1939-1943, NewYork, 1980; G. Miccoli,I dilem mi e i silenzi di Pio XlI, Milano, 2000; Actes et documents du Saint Siège relatifs àla seconde guerre mondiale, voI. 6. Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Mars 1939-décembre 1940, Città del Vaticano, 1972 [d'ora in poi: ADSS/6], e voI. 8. Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier 1941-décembre 1942, Città del Vaticano, 1974 [d'ora in poi: ADSS/8].

2 P. Orano, Gli ebrei in Italia, Roma, 1937; per il riferimento al settembre 1936 cfr. p. 86. Per la data di stampa cfr. M. Michaelis, Mussolini and the lews. German-Italian Relations and the lewish Question in Italy 1922-1945, Londra, 1978" trad. it. Mussolini e la questione ebraica, Milano, 1982, p. 121; U. Nahon, Rapporto con{zdenziale all'Esecutivo Sionistico, giugno 1937, in D. Carpi, A. Milano, A. Rofè (a cura di), Scritti in memoria di Leone Carpi. Saggi sull'Ebraismo italiano, Gerusalemme, 1967, p. 263 (la prima recensione da me reperita è quella apparsa il 4 aprile 1937 sulla Gazzetta del popolo). TI libello ebbe una nuova edizione con modifiche e ampliamenti nella prima metà del dicembre 1937; cfr. A. Calò, Stampa e propaganda antisemita del regime fascista prima delle leggi razziali (1936-1938), in F. Del Canuto (a cura di), Israel 'Un decennio' 1974-1984. Nu mero unico dell"Israel'. Saggi sull'Ebraismo italiano, Roma, 1984, p. 156-157.

3 Cfr. ad esempio P. Orano, Gli ebrei cit., p. 166-167, 188-189.

 4Ibid., p. 221. "

5 Per questo quadro sistematico del razzismo si veda M. Raspanti, I razzismi del fascismo, in Centro Furio Jesi (a cura di), La menzogna della razza. Documenti e immagini del razzismo e dell'antisemitismo fascista, Bologna, 1994, p. 73-89.

6 G. Pini, Filo diretto con Palazzo Venezia, Milano, 1967, 2a ed...p. 130.

7 [B. Mussolini], Davar, in Il popolo d'Italia, 19 giugno 1937; riportato in Id., Opera omnia, Firenze, 1959, voI. XXVIII, p. 202-203.

8 Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Atti, 1937, Ministero dell'Africa Italiana, fasc. 135, schema di R.d.l. Prowedimenti per l'integrità della razza e relativa relazione, con lettera di invio del 4 gennaio 1937 del capo di gabinetto del ministeJ;o delle Colonie Renzo Meregazzi. TI provvedimento fu emanato come R.d.l. 19 aprile 1937 n. 880, Sanzioni per i rapporti d'indole coniugale fra citta4ini e sudditi e fu convertito, con modifiche, in 1. 30 dicembre 1937 n. 2590. Sul provvedimento e sul «madamato» si vedano in particolare B. Sòrgoni, Parole e corpi. Antropologia, discorso giuridico e politiche sessuali interrazziali nella colonia Eritrea (1890-1941), Napoli, 1998, p. 91-114, 144-150; G. Gabrielli, La persecuzione delle «unioni miste» (1937-1940) nei testi delle sentenze pubblicate e nel dibattito giuridico, in Studi piacentini, 20, 1996, p. 83-140; Id., Un aspetto della politica razzista nell'impero: il «problema dei meticci», in Passato e presente, 41, 1997, p. 77-105.

9 Il titolo venne modificato su richiesta del ministro delle Finanze Paolo Thaon di Revel; Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Atti, 1937, Ministero dell'Africa italiana, fasc. 135, appunto del ministro delle Finanze, 9 gennaio 1937. .

lO Ibid., Relazione allo schema di R.d.1. Prowedimenti per l'integrità della razza. La relazione, come tutte quelle similari, non ebbe diffusione pubblica; il quotidiano mussoliniano Il popolo d'Italia del lO gennaio 1937, dando notizia del mancato divieto dei matrimoni misti, lo attribuì a «considerazioni di indole varia». In effetti nel 1937 la Santa Sede era intervenuta ufficialmente presso il governo italiano riguardo alle (;relazioni tra bianchi e neri, e alle cure poste dalla Chiesa in ordine al sorgere di meticci», ma al momento non sono noti la data, il contesto e i contenuti precisi di questo intervento (A. Martini, Studi sulla Questione romana e la Conciliazione, Roma, 1963, p. 185).

8 Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Atti, 1937, Ministero dell'Africa Italiana, fasc. 135, schema di R.d.l. Prowedimenti per l'integrità della razza e relativa relazione, con lettera di invio del 4 gennaio 1937 del capo di gabinetto del ministeJ;o delle Colonie Renzo Meregazzi. TI provvedimento fu emanato come R.d.l. 19 aprile 1937 n. 880, Sanzioni per i rapporti d'indole coniugale fra citta4ini e sudditi e fu convertito, con modifiche, in 1. 30 dicembre 1937 n. 2590. Sul provvedimento e sul «madamato» si vedano in particolare B. Sòrgoni, Parole e corpi. Antropologia, discorso giuridico e politiche sessuali interrazziali nella colonia Eritrea (1890-1941), Napoli, 1998, p. 91-114, 144-150; G. Gabrielli, La persecuzione delle «unioni miste» (1937-1940) nei testi delle sentenze pubblicate e nel dibattito giuridico, in Studi piacentini, 20, 1996, p. 83-140; Id., Un aspetto della politica razzista nell'impero: il «problema dei meticci», in Passato e presente, 41, 1997, p. 77-105.

9 Il titolo venne modificato su richiesta del ministro delle Finanze Paolo Thaon di Revel; Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Atti, 1937, Ministero dell'Africa italiana, fasc. 135, appunto del ministro delle Finanze, 9 gennaio 1937. .

lO Ibid., Relazione allo schema di R.d.1. Prowedimenti per l'integrità della razza. La relazione, come tutte quelle similari, non ebbe diffusione pubblica; il quotidiano mussoliniano Il popolo d'Italia del lO gennaio 1937, dando notizia del mancato divieto dei matrimoni misti, lo attribuì a «considerazioni di indole varia». In effetti nel 1937 la Santa Sede era intervenuta ufficialmente presso il governo italiano riguardo alle (;relazioni tra bianchi e neri, e alle cure poste dalla Chiesa in ordine al sorgere di meticci», ma al momento non sono noti la data, il contesto e i contenuti precisi di questo intervento (A. Martini, Studi sulla Questione romana e la Conciliazione, Roma, 1963, p. 185).

11 TI documento venne pubblicato da Il giornale d'Italia datato 15 luglio 1938 e diffuso il 14; ora iri M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell'elaborazione delle leggi del 1938, Torino, 1994, p. 18-20 ma vedi anche Id., La preparazione delle kggi antiebraiche del 1938. AggiornamentO critico e documentario, in I. Pavan e G. Schwarz (a cura di), Gli ebrei in Italia tra. persecuzione fascista e reintegrazione postbellica, Firenze, 2001, p. 28-32. È interessante notare che una parte della propaganda, .considerando stabilita e non più discutibile tale base «materiale» (biologica), la contornò e perfezionò con analisi e prospettive «spirituali».

12 Id., I caratteri principali della legislazione antiebraica in Italia (1938-1943),

in AEAT; Id., Gli ebrei nell'Italia fascista cit., p. 154-161.

13 TI documento, conservato nell'archivio storico dell'Università di Firenze, è riprodotto in A. Minerbi, La persecuzione razziale nell'ateneo fiorentino, in E. Col

lotti (a cura di), Razza e fascismo. La persecuzione contro gli ebrei in Toscana \

(1938-1943), voI. II, Roma, 1999, p. 77. i_

11 TI documento venne pubblicato da Il giornale d'Italia datato 15 luglio 1938 e diffuso il 14; ora iri M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell'elaborazione delle leggi del 1938, Torino, 1994, p. 18-20 ma vedi anche Id., La preparazione delle kggi antiebraiche del 1938. AggiornamentO critico e documentario, in I. Pavan e G. Schwarz (a cura di), Gli ebrei in Italia tra. persecuzione fascista e reintegrazione postbellica, Firenze, 2001, p. 28-32. È interessante notare che una parte della propaganda, .considerando stabilita e non più discutibile tale base «materiale» (biologica), la contornò e perfezionò con analisi e prospettive «spirituali».

12 Id., I caratteri principali della legislazione antiebraica in Italia (1938-1943),

in AEAT; Id., Gli ebrei nell'Italia fascista cit., p. 154-161.

13 TI documento, conservato nell'archivio storico dell'Università di Firenze, è riprodotto in A. Minerbi, La persecuzione razziale nell'ateneo fiorentino, in E. Col

lotti (a cura di), Razza e fascismo. La persecuzione contro gli ebrei in Toscana \

(1938-1943), voI. II, Roma, 1999, p. 77. i_

14 Nunzio in Italia Francesco Borgongini Duca a cardinale Luigi Maglione, 30 agosto 1939, riportata in ADSS/6, p. 126-127. Cfr. anche la Relazione di accompagnamento alla 1. 1024/1939, conservata in Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Atti, 1938-39, Ministero dell'Interno, fasc. 88.

15 Cfr. M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei cit., p. 25-28, citazione a p. 28.

16 J. Noakes, Il problema di determinare il nemico: le definizioni naziste del termine «ebreo» 1933-1935, in AEAT, p. 11-24; G. Ballarati (a cura di), Le leggi razziali tedesche, 2a ed., Milano-Varese, 1940.

17 J. Zyndul,Lo statuto giuridico degli ebrei in Polonia tra le due guerre, in

AEAT, p.41-57.

18 L. Benjamin, Nazionalismo e antisemitismo nella legislazione del regime au

toritario di re Carol II di Romania, 1938-1940, in AEAT,p. 139-159.

19 T. Stark, La legislazione antiebraica in Ungheria dal 1920 al 1944, in ABAT,

p. 58-69.

20 G. Fatran, La legislazione antiebraica nella Slovacchia di Tiso, in ABAT,

p. 70-96.

21 R. Poznanski, Dall'antisemitismo popolare all'antisemitismo di Stato " la le

gislazione antiebraica di Vichy, in ABAT, p. 25-40.

" 22 V. Paounovski, La legislazione antisemita in Bulgaria durante la seconda

guerra mondiale, in ABAT, p. 96-138.

23 D. Reinhartz,La legislazione antiebraica in Croazia, inAEAT, p. 150-157.

24 Cfr. M. Sarfatti, Mussolini cit., p. 18-20 (cfr. il punto 10 del documento). 25 Cfr. ibid., p. 39-45, 187-189 (citazione a p. 187).

26 Cfr. ibid., p. 48-53 (citazione a p. 50). .

27 Ambasciata italiana presso la Santa Sede a Ministero degli esteri, "7 e 10 ottobre 1938, comunicazioni trascritte in : ministro degli Esteri Galeazzo Ciano a presidente del Consiglio Benito Mussolini, 10 e 13 ottobre, riportate in R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, 4" ed., Torino, 1988, p. 561-563 (citazioni a p. 563).

28 Come nota 26 (citazione a p. 51).

29 Come nota 26 e, per il testo definitivo del R.d.!. 1728/1938, ibid., p. 190-194 (art. 1, 6).

30 Cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei cit."p. 293-298; G. Miccoli, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche del 1938, in Camera dei deputati, La legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti del Convegno nel cinquantenario delle leggi razziali (Roma, 17-18 ottobre 1988), Roma,1989, p. 214-218. S. Zuccotti, Under Bis Very Windows. The Vatican and the Bolocaust in Italy, New Haven, 2000, trad. it., Il Vaticano e l'Olocausto in Italia, Milano, 2001, p. 55-60.

31 Senza titolo, in L'osservatore romano, 13 novembre 1938; A proposito di un

nuovo Decreto Legge, in L'osservatore romano, 14-15 novembre 1938.

32 A. Martini, Studi sulla questione cit., p. 217-219.

33 Cfr.B. Raggi, R. TaradeI. La segregazione amichevole. «La civiltà cattolica»

e la questione ebraica 1850-1945, Roma, 2000, p. 129-134,139-142; G. Miccoli, I dilemmi cit., p.374-375 e i documenti ivi citati. Per la citazione: nunzio a Budapest Angelo Rotta a cardinale Luigi Maglione, 15 aprile 1939, riportato inADSS/6, p. 75-78.

34 Cfr. B. Raggi, R. Taradel; La segregazione cit., p. 142-146; G. Miccoli, I dilemmi cit., p. 375-376e i documenti ivi citati. Per le citazioni: nunzio a Budapest Angelo Rotta a cardinale Luigi Maglione, 2 novembre 1940, riportato in ADSS/6, p. 465-466; cardinale Luigi Maglione a ambasciatore d'Ungheria presso la Santa Sede, lO agosto 1941, riportato in ADSS/8, p. 245_246.

35 Cfr. G. Miccoli, I dilemmi cit., p. 363-364 e i documenti ivi citati. Per le citazioni : cardinale Luigi Maglione a ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede, 2 novembre 1941, riportato in ADSS/8, p. 345-347.

36 Cfr. G. Miccoli, I dilemmi cit., p. 391-396 e i documenti jvi citati; per le citazioni : ambasciatore_ç!i Fran_ia (Vichy) presso la Santa Sede a maresciallo Philippe Pétain, 2 settembre 1941, riportato in J. Nobécourt, «Le Vicaire" et l'Histoire, Parigi, 1964, p. 356-362 (citazioni a p. 361-362).

37 G., M., G. Cardosi, Sul confine. La questione dei «matrimoni misti" durante la persecuzione antiebraica in Italia e in Europa (1935-1945), Torino, 1998, p. 219222; J. Billig, Le Commissariat général aux questions juives (1941-1944), voI. II, Parigi, 1957, p. 168-170 (citazioni a p. 170).