Liliana Picciotto Storica CDCE Milano
La persecuzione degli ebrei in Italia 1943-1945
Secondo un complicato calcolo, che tiene conto dei movimenti di popolazione dopo lo scoppio della guerra e degli spostamenti di frontiera, gli ebrei in Italia dopo il colpo di Stato del 25 luglio 1943 che defenestrò momentaneamente Mussolini, erano 39.157.
Dopo le vicende legate alla liberazione di Mussolini da parte di Rider, alla dichiarazione di armistizio con gli angloamericani e al cambiamento di status dell'Italia da paese alleato a paese occupato dalla Germania, il territorio italiano rimase amputato. Nell'Italia meridionale, gli eserciti alleati avanzavano faticosamente verso il Nord liberando sempre nuovi territori e campi di internamento per ebrei, mentre il centro-nord rimase per parecchi mesi saldamente nelle mani dell'occupante tedesco. Gli italiani rispetto ai tedeschi erano dal punto di vista militare e poliziesco totalmente subordinati, dal punto di vista politico pesantemente limitati, dal punto di vista burocratico-amministrativo e dell' ordine interno largamente autonomi.
Nelle regioni centro settentrionali, capo della nuova Italia repubblicana e fascista chiamata Repubblica Sociale Italiana (RSI) con capitale Salò sulle rive del Lago di Garda fu di nuovo Mussolini cui venne affiancato il Plenipotenziario del Reich Rudolf Rahn quale responsabile politico per il Reich.
Gli ebrei rimasti intrappolati nel territorio della Repubblica Sociale Italiana agli inizi di settembre del 1943 erano 31.557, tra nativi e profughi stranieri. Essi caddero in balia della politica di sterminio nazista estesa all'Italia fin dalla fine di settembre del 1943 e della politica antiebraica della Repubblica Sociale Italiana, inaugurata il 14 novembre 1943.
Fra i due si instaurò, come vedremo una specie di concorrenza per avocare a se il diritto di rastrellare, imprigionare, internare gli ebrei determinando una situazione di disperato pericolo per essi. Si salvarono in circa 21.557 grazie alle buone relazioni che avevano con i loro vicini non ebrei e alla generosità di coloro che li nascosero e rifocillarono talvolta gratuitamente, tra cui numerosi ecclesiastici.
Circa 10.000 furono gli arrestati in quei terribili 20 mesi di regime ferocemente antisemita (ma 9
mesi per Roma, liberata il 4 giugno 1944, IO mesi -per Firenze, liberata il agosto 1944).
Mentre negli altri paesi occupati, i tedeschi aspettarono parecchi mesi prima di mettere in atto la loro politica antiebraica, in Italia essi saltarono del tutto la fase preparatoria, in primo luogo per l'incalzare degli avvenimenti (si era già nel settembre del 1943), ma soprattutto perché non la ritennero necessaria. La fase burocratica della persecuzione dei primi mesi nei vari paesi occupati era in effetti in Italia già fatto compiuto- Il precedente regime fascista aveva già operato per il condizionamento in senso antiebraico dell'opinione pubblica, aveva già emanato la legislazione antiebraica stessa, aveva già effettuato il costante aggiornamento della schedatura degli ebrei, aveva già istituito un organismo deputato al regolamento e all'esecuzione pratica dell'antigiudaismo, cioè la Direzione Generale per la Demografia e la Razza del Ministero degli Interni. Non si può non vedere una coincidenza perfetta tra ciò che altrove il regime nazista intraprese dopo l'occupazione e ciò che in Italia il regime fascista aveva già avviato in precedenza.
Con ciò non si vuole sostenere che da parte italiana ci fosse stata una intenzionale programmazione mirata allo sterminio: senza il sopravvenire dell'occupazione, infatti, .l'antisemitismo mussoliniano sarebbe verosimilmente rimasto discriminatorio, ma non avrebbe piegato verso il genocidio. Come è stato più volte detto, Auschwitz non è l'esito obbligato, seppur estremo, di qualunque antisemitismo. Ciò detto, occorre ribadire che in Italia i primi mattoni dell'edificio antisemita furono comunque posti dal fascismo monarchico e non dal nazismo e che questo preparò il terreno per lo sterminio deciso da quello.
Una circolare dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich (RSRA) del 23 settembre 1943 a tutti i suoi uffici territoriali dichiarava che gli ebrei di nazionalità italiana che si trovavano all'estero non erano più esentati come in precedenza dalle deportazioni. Questo è il primo documento che testimonia l'estensione agli ebrei italiani della politica di sterminio già in atto fin dalla primavera del 1942 nei paesi occidentali.
In realtà, così come un piano d'invasione dell'Italia era già sotto discussione fin dal maggio del 1943, nello stesso mese anche la questione del trattamento degli ebrei in Italia era sotto osservazione. Risale ad allora infatti l'incarico dato da Adolf Eichmann capo dell'Ufficio Antiebraico della Gestapo centrale a Berlino, a sua volta branca della RSHA (Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich) al consigliere giuridico del suo staff, Friedrich Bosshammer, di redigere rapporti informativi ed espletare servizio di collegamento con il Ministero degli Esteri tedesco su quella materia.
L'organizzazione della repressione antiebraica, come in ogni paese occupato, fu affidata agli uffici territoriali della RSHA.
Come Comandante Supremo delle SS e della Polizia (Hoechster SS und Polizei-Fuhrer, Hst.SSPF)fu insediato a Gardone Karl Wolff, uomo molto in vista nell'organizzazione dello Stato tedesco, e come Capo della Polizia di Sicurezza, o Sipo-SD, la branca più importante della polizia tedesca (Befehlshaber der Sipo-SD, BdS), Wilhelm Harster a Verona. Questi, agli inizi di ottobre del 1943,organizzò il reticolo degli Uffici territoriali della Polizia di Sicurezza in Italia.
L'Italia, oltre ad avere perso le sue regioni meridionali liberate dagli angloamericani, aveva subito amputazioni territoriali anche da parte dell'alleato/occupante tedesco nelle regioni nord-orientali. In queste, denominate rispettivamente Alpenvorland and Adriatisches Kuestenland, erano stati messi governatori già responsabili di Gau austriaci e una organizzazione a parte della RSHA. Comandante Superiore delle SS e della Polizia (Hoeherer SS und Polizifuehrer, HSSPF) fu colà nominato Odilo Globocnik, da poco ritiratosi dalla Polonia dove aveva condotto "a buon fine" l'Aktion Reinhard.
Prima ancora che fosse stata messa in piedi la complicata organizzazione repressiva, nel primo mese di occupazione, i tedeschi effettuarono eccidi e retate che si inquadrano in un disegno diverso da quello della classica politica di sterminio realizzata dall'Ufficio IVb4 e che sono, piuttosto, legati all'andamento bellico e al procedere del disarmo dell'esercito italiano da parte dell'esercito tedesco.
Per mancanza di spazio, nomino soltanto le principali azioni di questa prima fase: l'eccidio di 54 rifugiati in alberghi e case del Lago Maggior (15-23 settembre 1943); il rastrellamento di più di 300 ebrei stranieri che da S.Martin de Vesubie in Francia erano giunti a piedi attraverso le Alpi nelle valli del cuneese (18 settembre 1943); l'arresto lO giorni dopo di 24 ebrei residenti a Cuneo poi rilasciati, il rastrellamento in settembre degli ebrei che si trovavano internati nelle Marche, nell'Italia centrale (Province di Ascoli Piceno, Macerata, Chieti), la richiesta alle prefetture degli elenchi degli ebrei residenti da parte di vari comandi militari tedeschi (ci sono note almeno quelle di Venezia,Firenze, Lucca, Bergamo, Varese). Anche gli arresti di ebrei a Merano, in una regione settentrionale a se stante come fu l'Alpenvorland, il15 settembre 1943, sono da fare risalire ad una ragione che non ha a che vedere con l'organizzazione della persecuzione antiebraica che iniziò più tardi, nell' ottobre del 1943, prima con uno staff volante appositamente mandato da Berlino e poi con un ufficio stabile impiantato presso la sede del Comando centrale della Sipo-SD in Italia, a Verona.
Questo staff volante fu operativo dagli inizi di ottobre fino alla vigilia di Natale del 1943. Era formato da una decina di uomini, capeggiati dall'uomo di fiducia di Eichmann, capitano delle SS Theo Dannecker, incaricato di programmare ed effettuare retate di ebrei nelle principali città italiane procedendo da Sud verso Nord. La formula, decisa nell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich, rispondeva all'esigenza di non coinvolgere per il momento le strutture fisse della Polizia
tedesca. Esse erano ancora fragili e "Occupate ad organizzare il lavoro in un territorio non facile come l'Italia dove la situazione politica non era del tutto chiara e i termini dei reciproci limiti di autonomia tra governo del Reich e governo neofascista ancora sotto discussione.
La retata più grave fu effettuata a sorpresa a Roma il 16 ottobre del 1943 producendo più di mille inermi vittime in poco più di mezza giornata. Finora si era pensato che tale retata avesse obiettivi legati all'importanza della capitale. Una specie di azione esemplare tale che fungesse da avvertimento e intimidazione verso i governanti italiani. La recente scoperta di un documento negli archivi di Stato americani, ci offre una interpretazione del tutto diversa. Il documento, datato 6 ottobre 1943 e mandato da Kappler, capo della polizia tedesca a Roma al suo capo Wolff dice così:" Il Rsha ha mandato il capitano Dannecker per catturare tutti gli ebrei in un' azione lampo e per spedirli in Germania. A causa dell' atteggiamento della città e di incerte condizioni, l'azione non può essere condotta a Napoli. I preparativi dell'ufficio per l'azione a Roma sono stati conclusi eccetera...". In questo documento ci sono due elementi di novità: la destinazione Germania e non Polonia per gli ebrei romani; Napoli e non Roma come teatro della prima aziona antiebraica. Come è noto, la destinazione degli ebrei dell'Europa occidentale nel settembre del 1943 era, salvo casi diplomatici eccezionali, una e soltanto una, cioè il campo di Auschwitz-Birkenau in Alta Slesia in Polonia dove erano sistemati gli impianti di sterminio. Il fatto che per gli ebrei romani si prevedesse la deportazione in Germania vuoI dire una sola cosa e cioè che non si progettava di sottoporli allo sterminio, ma bensì al regime di campo di concentramento duro. CE difatti un documento del 9 ottobre successivo proveniente dal Ministero degli Esteri e diretto al console germanico a Roma Moellhausen parla di Mauthausen). Ma non vogliamo addentrarci nei meandri dei documenti, straordinariamente numerosi, che sono rimasti sulla retata degli ebrei a Roma. Mi preme solo sottolineare come, con tutta probabilità, la destinazione prima degli ebreiromani fosse stata Mauthausen, forse per rispetto al luogo stesso della retata: Roma, il quartiere ebraico, vicinissimo al Vaticano, ma che poi, vista la mancata reazione vaticana, il convoglio partito dalla stazione tiburtina il18 ottobre successivo, anziché essere avviato verso Mauthausen sia stato avviato, come di norma ogni convoglio di ebrei, verso Auschwitz e lo sterminio.
Quanto all'inizio dell'operazione antiebraica in Italia a partire da Napoli, alla luce del nuovo documento C che non fa che confermarne uno precedente del 24 settembre ,finora non interpretabile) possiamo dire con sicurezza che l'intenzione dei tedeschi era di iniziare i rastrellamenti degli ebrei italiani proprio a partire a quella città e che ciò fu reso impossibile dal precipitoso ritiro tedesco il lO ottobre 1943 a seguito di un'insurrezione popolare.
Il rastrellamento di Roma, minuziosamente preparato, seguì l'esatto copione già sperimentato a Parigi nel luglio del 1942 durante la "rafle du Vel d'hiver" organizzata dallo stesso Dannecker, la divisione della città in zone a seconda degli indirizzi degli ebrei, la retata fatta di casa in casa, i camion in attesa ai bordi delle strade, l'imprigionamento della massa degli arrestati in un luogo recintato per alcune decine di ore, la partenza immediata per Auschwitz.
Il treno degli ebrei romani arrivò nel campo polacco la notte del 22 ottobre, rimase fermo e sigillato fino all'alba del giorno dopo. I deportati, dopo un viaggio particolarmente penoso, perché tra loro c'erano decine di bambini di tutte le età tormentati dalla fatica, dalla fame, la sete, la sporcizia, il puzzo dei corpi rimasti in promiscuità per 5 giorni e 5 notti, subirono la selezione il giorno 23. La percentuale dei destinati al gas fu, per questo trasporto, più alta del solito: 89%,forse perché ad Auschwitzin quei giorni imperversava un'epidemia di tifo. Su 1.020 arrivati, superarono la selezione ed entrarono in campo 149 uomini e 47 donne, gli altri furono sottoposti immediatamente a gas velenoso.
Dopo aver effettuato la retata a Roma e aver organizzato il convoglio di deportazione, lo staff volante di Dannecker si spostò verso il Nord della Penisola per effettuare nelle principali città analoghi rastrellamenti a sorpresa: a Genova il 3 novembre 1943 e successivi giorni, a Montecatini e Siena il 5 novembre, a Firenze il 6 e il 26 novembre, a Bologna il 7 novembre e giorni successivi. In tutti questi casi, gli uomini di Dannecker si sparpagliarono per la Toscana, l'Emilia e la Liguria, ma poiché erano in numero limitato fecero largo uso della polizia locale sulla cui collaborazione si appoggiarono. Il risultato di queste terribili retate fu un altro convoglio di deportati partito da Firenze il 9 novembre 1943.
Solo di recente abbiamo scoperto, grazie ad una importante testimonianza, che la retata del 6 novembre a Firenze si svolse secondo lo stesso esatto copione già interpretato a Roma: rastrellamenti a sorpresa nella città negli edifici comunitari e nei luoghi dove erano ricoverati gli ebrei profughi appena giunti dalla Francia meridionale, loro assembramento in una caserma vuota sul Lungarno, caricamento dopo tre giorni su di un treno in partenza per Auschwitz. Poichè Dannecker, dopo la retata a Roma si era ammalato, le consegne dell' organizzazione furono passate al suo vice Alvin Eisenkolb.
Il convoglio si fermò a Bologna per caricare altri arrestati e giunse ad Auschwitz il 14 successivo. Dopo la selezione furono immessi nel campo 13 uomini e 94 donne. Nonostante una lunga ricerca, non mi è riuscito fino ad oggi di rintracciare la maggior parte dei nomi di questi deportati, per lo più entrati clandestinamente in Italia di cui non è rimasta nessuna traccia.
Dopo altre retate a Milano, in tutta l'Italia settentrionale e al confine italo-svizzero, fu possibile ai tedeschi organizzare una nuova partenza dalle carceri di San Vittore a Milano. Il convoglio partì il 6 dicembre 1943 ed arrivò il 12 successivo.
Alla fine di dicembre del 1943, il compito di Dannecker fu ritenuto concluso. Egli fu trasferito in Ungheria mentre il suo staff, dopo le vacanze natalizie, fu rimandato in Italia per assistere il sostituto di questi, destinato ad una postazione fissa.
Ora faccio un salto indietro nel tempo per poter parlare dell' atteggiamento del governo neo fascista della Repubblica Sociale rispetto a questi tristi avvenimenti dell' autunno del 1943.
Ricordo brevemente che prima ancora dello spostamento del suo governo al Nord come desiderato da Hitler che non volle più Roma come capitale, Mussolini aveva indetto per il 27 settembre 1943 una riunione del nuovo Consiglio dei Ministri. I problemi da affrontare erano gravi ed urgenti. La già accennata definizione dei rapporti con l'occupante/alleato, la constatazione che una parte del territorio italiano era stata passata amministrativamente all'egida del Reich, l'esercito italiano completamente allo sbando che contava ormai decine di migliaia di soldati prigionieri nei campi di internamento tedeschi fuori patria, la requisizione della mano d'opera italiana, il pesante tributo 'per le spese di occupazione che l'Italia doveva pagare. Ma oltre ai problemi con i tedeschi, ve n'erano di specificatamente interni e non meno gravi: la forma e il controllo delle forze armate e di polizia, la scelta di nuovi Prefetti fidati dal punto di vista politico-ideologico, il ricambio dell' amministrazione statale.
La questione del trattamento degli ebrei rimase a lungo un problema secondario per il nuovo governo, troppo indaffarato in altre faccende. L'arrivo di Dannecker in Italia ai primi di ottobre del 1943 fu un fatto indipendente da eventuali discussioni o negoziati italo-tedeschi in proposito. Il capitano tedesco agì seguendo ordini precisi da parte dei suoi superiori a Berlino prescindendo dai rapporti diplomatici tra i due paesi e persino a costo di comprometterli. E' certo infatti che Mussolini non poteva gradire che sul suo territorio, senza preavviso nè consultazione fossero condotti rastrellamenti di cittadini italiani, sia pure ebrei. Con l'invio de Dannecker, L'Ufficio Centra1e per la Sicurezza del Reich stava visibilmente approfittando del vuoto di potere e délla debolezza delle strutture amministrative italiane.
Il 14 novembre 1943, fu indetta un'assemblea del Partito Fascista Repubblicano con delegati giunti da tutte le città d'Italia. In quell'occasione, furono date le linee programmati che del nuovo Stato e del nuovo regime, i punti enunciati furono 18, elaborati con l'assistenza, non si sa quanto gradita, del Plenipotenziario del Reich Rudolf Rahn. Nel programma la cosiddetta questione ebraica costituiva il punto 7 e diceva "Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica". Ricordo che alla data in cui questa enunciazione fu accettata per acclamazione dai fascisti riuniti a Verona, due treni di deportati erano già partiti per Auschwitz e la grande maggioranza dei trasportati già assassinata.
Le misure di applicazione di quanto sopra enunciato non si fecero attendere, il 30 novembre successivo il Ministro dell'Interno dispose con l'ordinanza di polizia numero 5, l'arresto, l'internamento degli ebrei, italiani e stranieri, oltrechè il sequestro dei loro beni.
L'internamento doveva avvenire in un grande campo nazionale ancora da scegliersi, nel frattempo dopo l'arresto da parte della polizia italiana, gli ebrei dovevano essere concentrati in piccoli campi locali provvisoriamente istituiti nelle varie province.
Allo stato attuale della ricerca, i campi di cui possiamo dire la dislocazione e sui quali abbiamo notizie furono 31. I rispettivi prigionieri, custoditi dalla polizia italiana furono in seguito instradati verso il carcere di San Vittore a Milano dove la polizia germanica li caricò su di un affollato convoglio diretto ad Auschwitz il 30 gennaio 1944. Il convoglio contava almeno 605 persone. Dopo la selezione furono immessi in campo 128 persone, le altre furono sottoposte ad assassinio immediato nelle camere a gas.
L'ordinanza sopraddetta rese ogni ebreo a partire dal 1 o dicembre 1943 passibile di arresto da parte, delle autorità italiane. In effetti, nei mesi seguenti, i fermi vennero effettuati direttamente dalle Questure della RSI dopo minuziose ricerche domiciliari.
Una nuova terribile fase veniva inaugurata, forse peggiore della prima perché gli agenti di Pubblica Sicurezza e i carabinieri italiani avevano molte più possibilità di rintracciare gli ebrei nascosti, conoscevano gli indirizzi di ognuno grazie alle operazioni di controllo e di censimento del regime precedente e, in caso di avvenuto passaggio nella clandestinità, conoscevano il territorio molto meglio dei tedeschi.
Il governo italiano della Repubblica Sociale Italiana mise al servizio della persecuzione antiebraica tutto il peso dell'apparato statale, erano coinvolti a livello diverso vari ministeri, tra cui il Ministero dell'Interno con una delle sue Direzioni Generali, la Direzione Generale per la Demografia e la Razza e tutta la scala gerarchica costituita dai Prefetti, dai Questori e dai Commissariati di Pubblica Sicurezza, oltrechè le tenenze dei Carabinieri, funzionanti in generale nei piccoli centri urbani, il Ministero delle Finanze, il Ministero di Grazia e Giustizia, il Ministero dell'Educazione Nazionale, il Ministero della Cultura Popolare.
Casi di trattamento particolare furono quelli degli ultrasettantenni e ammalati gravi, dei figli di matrimonio misto, dei coniugi ebrei nell'ambito di coppie miste. Non ho modo qui di sviluppare l'argomento, ma generalmente parlando, la legge italiana esentava gli ammalati e gli anziani mentre quella tedesca non faceva nessuna eccezione di tale genere. Al contrario la, legge italiana non proteggeva i coniugi ebrei di matrimonio misto, da considerare in ogni caso ebrei ed arrestabili, mentre i tedeschi in questo caso avevano adottato il principio della prudenza. Si creò un pauroso disagio psicologico: molti non sapevano più come comportarsi, non sapevano se potevano stare tranquilli oppure dovevano occultarsi come tutti gli altri ebrei. Ci furono disperanti casi di arresto, di rilascio, di riarresto. Anche gli ebrei titolari di nazionalità neutrale o di paese nemico ma non invaso avevano da parte tedesca considerazione particolare e non venivano destinati ad Auschwitz, turchi e inglesi vennero invece avviati verso il campo di concentramento di Bergen Belsen.
Le ragioni della gravissima decisione italiana resa nota il 30 novembre 1943 sono da ricondurre al sottile gioco di affermazione di sovranità tra l'occupante e l'alleato/occupato, la materia antiebraica sembrava essere perfetta per i governanti neofascisti per affermare un potere che in altre materie non riuscivano ad esplicare. Avocare a se il trattamento della questione ebraica, su cui già si era creata, fin dal 1938 una tradizione, e rendere gli arresti degli ebrei, legali, fu senza dubbio una scelta concorrenziale nei confronti dei tedeschi.
L'apparato statale italiano si mise in moto subito, abbiamo ritrovato centinaia di mandati di arresto da parte dei Questori della Repubblica Sociale Italiana; dovunque, la polizia ebbe l'ordine di arrestare qualsiasi ebreo in circolazione fosse un bambino o un adulto. Entro la prima settimana di dicembre, i primi campi di concentramento provinciali furono approntati. A Venezia, il Questore organizzò il 5-6 dicembre 1943 un rastrellamento sul genere di quelli tedeschi già visti di Roma, Firenze e Genova. A Mantova gli arresti iniziarono il 1 o dicembre con conseguente imprigionamento nei locali della casa di riposo ebraica, ridestinata a locale campo di concentramento provinciale. A Milano la stessa funzione fu fatta assumere al carcere di San Vittore, centinaia di ebrei vi furono rinchiusi, non solo milanesi ma anche arrestati in tutta l'Italia settentrionale e in generale tutti i prigionieri dei piccoli campi provinciali sopra accennati.
Dopo l'ordinanza del 30 novembre 1943, la scelta di un grande e definitivo campo per internare tutti gli ebrei arrestati nel territorio della RSI cadde sull' ex campo per prigionieri di guerra di Fossoli di Carpi (vicino a Modena) sia per la preesistenza di strutture adatte, sia per la posizione geografica di comodo nodo ferroviario da Nord e da Sud. La data della sua apertura è da fissare al 5 dicembre 1943 anche se le opere di riadattamento erano solo agli inizi.
Con l'allestimento dei campi provinciali prima, di Fossoli poi, si entrò nella fase della piena responsabilità italiana nella persecuzione antiebraica. Infatti mentre in precedenza il motore delle retate era stato Dannecker e agenti di Pubblica Sicurezza erano stati arruolati per aiutarlo, ora l'iniziativa italiana era diventata autonoma: gli arresti, gli internamenti, i sequestri dei beni rispondevano ad un preciso orientamento del governo fascista e messi in atto dalle varie Questure. Negli stessi giorni in cui veniva creato dal Ministero dell'Interno il campo di internamento per tutti gli ebrei italiani, a Berlino si prendeva in esame la svolta italiana in materia antiebraica. Il 4 dicembre si svolse una conferenza al vertice tra i funzionari del Ministero degli Esteri e quelli della RSHA coinvolti nella questione italiana: per il primo presenziava Eberherd von Thadden, per il secondo sia Dannecker, sia il già citato Frederich Bosshammer dell'Ufficio di Eichmann, il futuro incaricato stabile dell' organizzazione delle deportazioni dall'Italia.Di quella riunione ci è rimasto il verbale steso da un funzionario per il Ministro degli Esteri Eberhard von Ribbentrop. Esso è molto interessante per capire le future intenzioni tedesche rispetto al trattamento degli ebrei e gli umori nei confronti dei dirigenti italiani, solo da poco coinvolti nella materia. Secondo gli intervenuti, i risultati delle retate erano stati fino ad allora piuttosto deludenti (sic!) perché preparativi troppo lunghi avevano permesso agli ebrei italiani di occultarsi e la scarsità delle forze tedesche disponibili non aveva consentito di rastrellare tutti i paesini e le città grandi e piccole. Nel frattempo però il governo italiano aveva decretato che tutti gli ebrei d'Italia dovessero essere trasferiti in campo d'internamento, il Plenipotenziario Rahn era incaricato di esprimere al governo fascista la soddisfazione per tale ordinanza. -Il governo del Reich avrebbe messo a disposizione gli uomini del comando operativo di Dannecker a titolo di consulenti. Il Ministero degli Esteri raccomandava di non disturbare le operazioni di internamento italiane che dovevano apparire come la soluzione finale e non come fase preliminare all'evacuazione nei territori orientali.
Su questa importante riunione esistono due altri documenti, entrambi datati 14 dicembre che completano le informazioni a nostra disposizione. Dal complesso della documentazione emergono alcuni elementi da considerare attentamente: i tedeschi parlano della decisione italiana come autonoma e tale da meritare i complimenti da trasmettere tramite il Plenipotenziario, le forze di polizia tedesche sono insufficienti a portare avanti la persecuzione, gli ebrei si sono ormai nascosti, impossibile rastrellare ogni piccola cittadina del territorio, lasciar fare agli italiani.Da non sottovalutare è poi l'intenzione di lasciare in Italia lo staff di Dannecker perchè ormai esperto nell'organizzare le deportazioni.
Ci rimane da valutare quanto gli italiani fossero, all'epoca, al corrente dello sterminio in atto all'Est e quanto fossero consapevoli dell'interesse tedesco a deportare all'Est anche gli ebrei italiani che essi stessi avrebbero arrestato. Per il primo problema rimando al mio Il Libro della Memoria (Mursia, Milano 2002), dico soltanto che sia Mussolini, sia gli ambienti governativi erano pienamente consapevoli fin dalla primavera del 1942 dei progetti di sterminio tedeschi.
Quanto al secondo, più delicato problema, un eventuale accordo operativo tra le due polizie italiana e tedesca per la divisione dei compiti (alle prime la ricerca, gli arresti, l'internamento, ai secondi l'organizzazione delle deportazioni), allo stato attuale delle ricerche, un documento esplicito non è stato finora trovato. Tuttavia numerosi accenni in proposito in documenti sparsi che non ho lo spazio di elencare qui, parlano chiaro e ancor più chiaro parlano i preparativi per la deportazione da Milano del 30 gennaio 1944. Questo convoglio conteneva per lo più gli ebrei arrestati da agenti di Pubblica Sicurezza e rinchiusi nei sopra accennati campi provinciali sparsi in tutta Italia, in quei campi furono prelevati dalla polizia germanica e tradotti a Milano. Solo un accordo avrebbe potuto orchestrare un' organizzazione tanto puntuale.
Lo stesso meccanismo fu messo in effetti in:atto anche dopo l'apertura del campo di Fossoli dal quale le deportazioni iniziarono il 22 febbraio 1944.
Proprio in quei giorni, secondo Primo Levi ed altri testimoni, cominciarono a comparire a Fossoli poliziotti tedeschi che, difatti nel giro di pochi giorni esautorarono il corpo di guardia italiano dipendente dal Questore di Modena e insediarono una guarnigione tedesca.
Dopo pochi giorni giunse a Verona, mandato da Eichrnann, il già citato Friedrich Bosshammer con il compito di istituire un ufficio stabile all'interno della Gestapo Italia per sorvegliare l'andamento degli arresti degli ebrei e organizzare con l'aiuto degli uomini già facenti parte dello staff di Dannecker le deportazioni. Altri 9 convogli furono predisposti dal campo di Fossoli che venne evacuato il l o agosto 1944 in concomitanza con l'avanzare dell' esercito alleato da Sud. Un nuovo campo di internamento fu istituito più a nord, nella zona di Bolzano nell' Alpenvorland. Da lì partirono altri tre convogli.
Mentre si svolgevano gli avvenimenti qui velocemente tratteggiati, nei territori annessi al Reich del Litorale Adriatico, la persecuzione antiebraica locale si srotolava parallela ma con caratteristiche diverse poiché il potere politico italiano era colà quasi inesistente. Gli arresti furono condotti direttamente dalla polizia tedesca senza intermediazione italiana. Le prime retate dell' autunno del 1943 furono condotte dallo specifico Ufficio antiebraico della Gestapo di Trieste, mentre da dicembre furono condotte da uno speciale commando formato da uomini che avevano partecipato, assieme a Globocnik, all' Aktion Reinhard e che egli aveva fatto trasferire nella città italiana.
Gli ebrei arrestati a Fiume, Trieste, Padova e, parzialmente, anche a Venezia venivano rinchiusi pril!la della loro deportazione del campo della Risiera di San Sabba, tristemente famosa per,essere stata anche luogo di tortura e di morte per numerosi antifascisti e partigiani.
Il bilancio della persecuzione antiebraica nel Litorale è di più di mille vittime.
Il bilancio complessivo delle vittime della Shoah in territorio italiano è di 8.529 persone, delle quali 6.806 deportate, 322 decedute in Italia in stato di detenzione o durante la fuga o suicidatesi.