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Lo sport: un diritto dell’uomo?

Le Olimpiadi di Berlino (1936) : storie di uomini e donne durante il nazismo.

Rimini, 18 gennaio 2007 ore 15, Cineteca Comunale.

 

Laboratorio per gli studenti nell’ambito del seminario di formazione Razzisti si diventa? La costruzione del nemico nella Germania nazista e nell’Italia fascista

di Laura Fontana, Responsabile Progetti Educazione alla Memoria del Comune di Rimini

 

Lo sport può essere considerato un diritto fondamentale dell’uomo?

Considerando il diritto in senso stretto, forse dovremmo dare una risposta negativa. In effetti nessun testo fondamentale (Dichiarazione o Convenzione) relativo ai diritti dell’uomo contiene disposizioni specifiche sulla pratica di uno sport o l’accesso alla pratica sportiva. Tuttavia lo sport può essere considerato come una componente essenziale di due diritti : il diritto all’istruzione e all’educazione e il diritto alla cultura.

In particolare, entrambi questi diritti sono contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, rispettivamente all’art. 26 e art. 27: 

Articolo 26

− Ogni individuo ha diritto all' istruzione. (…/..)L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le

Nazioni., i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite

per il mantenimento della pace. (..)

Articolo 27

• Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità(…).  

Lo sport, quindi, può essere considerato come un mezzo importante per contribuire alla formazione armonica ed equilibrata della personalità che può porre le basi per un’apertura a valori più alti quali la cultura, la partecipazione sociale e la ricerca di significati che vanno oltre il semplice risultato agonistico. L’attività sportiva permette a ognuno di noi di avere una migliore opinione di sé e consente anche di realizzare le nostre aspirazioni e le nostre ambizioni.

In un’epoca come quella contemporanea, contrassegnata da uno svilimento e da una mercificazione desolante dello sport – sempre più dominato dalla ricerca ossessiva della vittoria a tutti i costi, dal non rispetto per i tempi e i limiti del corpo umano ( i casi di doping, gli atleti bambini,…), dal denaro che prevale su tutto – potrebbe essere utile ed interessante proporre agli studenti un lavoro didattico che riconsideri lo sport, valorizzandolo come mezzo di formazione dell’ essere umano.  

Diversi sono i punti di forza dello sport sotto il profilo educativo:

a)     lo sport esalta i valori della correttezza, della lealtà, del rispetto reciproco;

b)    lo sport può avere una funzione educativa importante per tanti ragazzi, perché può abituarli a rispettare regole e comportamenti precisi. Nel mondo di oggi sembra trionfare il “Fai ciò che vuoi”, la libertà di fare tutto senza pensare troppo agli altri.

c)     Nella società contemporanea i giovani sembrano poco disposti a fare fatica per raggiungere un obiettivo, tanto che la parola “sacrificio” non è affatto considerata un valore.  Lo sport, invece, può rappresentare una tendenza opposta: il richiamo a regole, schemi, confini morali da non oltrepassare, proponendo la cultura dell’impegno. Per conquistare un trofeo, sono necessarie ore di sudore e di allenamento. Questo può aiutare i giovani a valorizzare sempre di più lo spirito di sacrificio, anche nella vita quotidiana. Di conseguenza, può rappresentare una valida alternativa al “Voglio tutto e subito, senza alcuno sforzo.

d)    un ulteriore aspetto educativo importante sta nella cultura dell’incontro con gli altri. Oggi, purtroppo, i ragazzi sono sempre più intrappolati nei videogiochi e nelle navigazioni di Internet. Trascorrono giornate intere immersi in realtà virtuali, che impediscono un vero rapporto con il mondo. Lo sport, invece, abitua ad un vero, sincero e genuino contatto con gli altri. In un mondo spesso dominato dagli incontri virtuali, può aiutare a costruire una migliore cultura del rispetto e dell’amicizia.

In sostanza lo sport promuove la vita socioculturale, avvicinando le persone e le comunità. Le squadre sportive sono molto spesso formate da persone di origine diversa, per provenienza geografica e culturale, per lingua e religione, così come il pubblico degli spettatori dello sport è multietnico ed estremamente eterogeneo. Di conseguenza lo sport contribuisce idealmente al superamento delle differenze e incoraggia il dialogo, l’eliminazione dei pregiudizi, degli stereotipi, dell’ignoranza e dell’intolleranza.

D’altro canto, è pur vero che lo sport non sempre si mostra un veicolo di integrazione e di dialogo, perché purtroppo nel corso della storia abbiamo assistito (e assistiamo tutt’oggi!) a numerosi episodi di discriminazione nei confronti di sportivi appartenenti a minoranze religiose o culturali, oppure nei confronti degli atleti africani. In particolare il mondo del calcio è spesso contrassegnato da gravi episodi di razzismo e di antisemitismo, come dimostrano ad esempio gli striscioni negli stadi.  

Parlare della convivenza e del suo contrario, la discriminazione, proprio attraverso lo sport è, dunque, un tema quanto mai attuale e famigliare ai nostri ragazzi. Il fatto di collegarlo alla storia del Terzo Reich e di contestualizzare l’avvenimento delle Olimpiadi di Berlino non potrà che far emergere questo binomio “rispetto/disprezzo per l’avversario sportivo, per l’Altro” in maniera semplice e convincente.

Ma soprattutto l’abbinamento di questo tema al nostro percorso educativo sul nazismo, ci consentirà di sviluppare un argomento pochissimo studiato a scuola e pressoché sconosciuto alla maggior parte di noi, cioè di raccontare non la grande storia dei fatti più eclatanti e delle grandi azioni o dei grandi crimini, ma, al contrario, di raccontare storie meno note di uomini e di donne che proprio attraverso lo sport e durante la loro carriera sportiva hanno saputo compiere delle scelte, assumendosene responsabilità e conseguenze.  

Le Olimpiadi di Berlino del 1936- evento cruciale nella storia dello sport - ci permettono di rievocare la grande macchina propagandistica messa in funzione dal regime nazionalsocialista: esaltazione della forza fisica tedesca, dell’amor patrio, comunicazione al mondo intero che la Germania distrutta e umiliata dalla sconfitta della prima guerra mondiale aveva ritrovato la sua naturale grandezza. I nazisti mettono in atto un piano radicale per trasformare un’occasione sportiva in un gigantesco spettacolo di massa per impressionare gli altri Paesi, ma soprattutto in uno strumento di battaglia ideologica.

Come insegnanti abbiamo a disposizione una grande quantità di immagini (oltre al filmato di Leni Riefenstahl, Olympia, disponibile in moltissime Cineteche) per mostrare agli studenti cosa intendiamo per “costruzione del consenso” e per sottolineare una serie di aspetti importanti, sui quali intrecciare una discussione in aula:

-gigantismo architettonico delle strutture sportive che si richiamano all’idea classica dell’antica Grecia, suggerendo allo spettatore l’identificazione con la Germania nazista;

-manifestazioni sportive che sembrano parate militari;

-abbinamento della bandiera nazista con la svastica alla bandiera olimpica (commistione sport e politica);

-propaganda dell’immagine ideale dell’atleta tedesco, che deve corrispondere perfettamente all’ideale ariano: biondo, alto, prestante, carnagione chiara e occhi azzurri (sia per i maschi che per le femmine).

Ci si potrebbe interrogare sulla cecità dell’opinione pubblica internazionale che prima protesta, qua e là sull’opportunità di confermare la Germania nazista come sede dei Giochi Olimpici e poi partecipa in massa all’evento (49 Paesi aderiscono, più di tutte le edizioni precedenti).

Tutto questo non potrà che far emergere con forza il contrasto tra propaganda e l’altra immagine della Germania di Hitler: la feroce repressione del dissenso e il radicale antisemitismo che sembra solo allentarsi durante i Giochi Olimpici per non attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale (ad esempio verranno rimossi tutti i cartelli “Juden raus”).

Andranno spiegati ai ragazzi gli episodi di grave discriminazione e persecuzione che si verificarono proprio parallelamente alla preparazione delle Olimpiadi (o che erano già avvenuti, quali ad esempio le Leggi di Norimberga del 1935 con le sue gravi conseguenze per l’isolamento degli ebrei tedeschi, non più considerati cittadini, ma sudditi non ariani):

-         l’arresto e la detenzione di 800 zingari  nella regione di Berlino che vengono rinchiusi nel campo di Marzahn per sottrarli alla vista degli stranieri; altri 170 zingari vengono deportati a Dachau presso Monaco di Baviera.

-         la creazione dell’immenso campo di concentramento di Sachsenhausen, che si aggiunge ai campi precedentemente istituiti nel Reich per tutti gli oppositori e i nemici 

E’ anche importante sottolineare come le Olimpiadi, gara sportiva internazionale per eccellenza, coincide con la discriminazione degli atleti ebrei tedeschi, espulsi da tutte le discipline sportive e non ammessi a gareggiare per la Germania ma solo per gli altri Paesi.

Anche gli atleti afroamericani, tuttavia, sebbene ammessi a partecipare nella squadra statunitense per ragioni di opportunità di gara (in misura di 18 su 312 atleti), sono soggetti in patria a pesantissime discriminazioni (es. autobus separati per bianchi e neri, scuole divise, ecc.)  

L’argomento andrà discusso e trattato in base al tempo a disposizione, ma è possibile lavorarci anche successivamente, per esempio incaricando gli studenti di cercare le biografie di atleti famosi (un esempio per tutti: cosa divenne Jesse Owens, pluricampione alle Olimpiadi di Berlino, una volta rientrato in patria?), da ricostruire rispondendo ad un paio di domande date: esempio “fu testimone o protagonista in patria di episodi di discriminazione? come reagì? Fu protagonista di gesti di solidarietà e di responsabilità?”.  

Infine, proprio attraverso la rievocazione della storia dei Giochi Olimpici del 1936 sarà possibile raccontare la storia di alcuni uomini e donne che seppero essere prima che atleti degli esseri umani:

1)     il tedesco Carl Ludwig, detto Lutz Long che divenne l’amico di tutta la vita per il nero Jesse Owens, suo avversario nelle gare,

2)      Albert Richter, grande ciclista tedesco che rifiutò di adeguarsi al modello nazista e rimase solidale al suo allenatore Ernst Berliner, discriminato e perseguitato in quanto ebreo,

3)     Max Schmeling, pugile, un altro ariano disubbidiente al Führer che non esiterà a rischiare la propria vita per salvare degli ebrei dalla deportazione e aiuterà persino l’avversario sul ring, l’ afroamericano Joe Louis, una volta caduto in disgrazia.  

e altre storie ancora, purtroppo sconosciute. Tanti furono anche gli atleti ebrei, campioni nello sport e alle Olimpiadi, che subirono la deportazione nei lager e furono travolti dalla Shoah.

Il CD presenta solo alcune di queste storie di uomini e donne che anche nei momenti più bui e difficili, hanno saputo compiere piccoli e grandi gesti di amicizia, di coraggio, di solidarietà. 

Al termine del percorso non sarà forse inutile leggere con i ragazzi l’articolo 4 della Carta Europea dello Sport, redatta a Rodi nel maggio 1992 che così stabilisce:

L’accesso agli impianti o alle attività sportive sarà garantito senza alcuna distinzione di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o qualsiasi altra opinione, origine nazionale o sociale, appartenenza ad una minoranza nazionale, ricchezza, nascita o qualsiasi altro status.”  

Perché lo sport è prima di tutto rispetto per se stessi e per gli altri, è capacità di riconoscere i propri limiti e imparare a superarli con il lavoro e l'impegno, è incontro e relazione con gli altri al di là di qualsiasi differenza o discriminazione. E' amicizia e solidarietà.

Questo lavoro si ispira alla filosofia educativa di Yad Vashem di Gerusalemme, il più importante Museo dell’Olocausto al mondo e dal 1993 anche Scuola Internazionale di Studi sulla Shoah, che promuove la conoscenza della storia dello sterminio come storia innanzitutto di vite umane, di persone, uomini e donne, che hanno in una situazione drammatica come quella della seconda guerra mondiale, hanno saputo compiere delle scelte e si sono trovati confrontati a numerosi interrogativi di ordine etico.

Ogni uomo, vittima, carnefice o spettatore, per riprendere la celebre distinzione operata dagli storici della Shoah, può trovarsi nella situazione di  compiere delle scelte, assumersi delle responsabilità, risolvere dei dilemmi morali: vivere o non vivere, adeguarsi o opporsi, resistere o lasciarsi andare, uccidere o salvare, approvare o dissentire, guardare gli eventi o parteciparvi, aiutare o non aiutare, provare emozioni o non provarle, usare la propria coscienza morale o decidere di anestetizzarla, ecc.

Come educatori, siamo chiamati a ricostruire la dimensione profondamente umana della Shoah, chiedendoci quale significato può avere per i nostri giovani, oltre che per noi stessi, 60 anni dopo, la storia dello sterminio.

Spunti bibliografici:

in italiano: Storia culturale dello sport, Richard D.Mandell, Laterza 1989

il sito (in inglese) del Museo dell’Olocausto di Washington www.ushmm.org che contiene una mostra multimediale e spunti didattici

il sito ufficiale delle Olimpiadi, www.olimpiadi.it e www.olympic.org

ancora in inglese www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Holocaust/olympics.html