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Rimini, 18 gennaio 2007 ore 15, Cineteca Comunale.
Laboratorio per gli studenti
nell’ambito del seminario di formazione
Razzisti si diventa? La costruzione del nemico nella Germania nazista e
nell’Italia fascista
di Laura Fontana,
Lo sport
può essere considerato un diritto fondamentale dell’uomo?
Considerando il diritto in senso stretto, forse dovremmo dare una risposta
negativa. In effetti nessun testo fondamentale (Dichiarazione o Convenzione)
relativo ai diritti dell’uomo contiene disposizioni specifiche sulla pratica di
uno sport o l’accesso alla pratica sportiva. Tuttavia lo sport può essere
considerato come una componente essenziale di due diritti : il diritto
all’istruzione e all’educazione e il diritto alla cultura.
In particolare, entrambi questi
diritti sono contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo,
rispettivamente all’art. 26 e art. 27:
−
Ogni individuo ha diritto all' istruzione. (…/..)L'istruzione deve essere
indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del
rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve
promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le
Nazioni., i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni
Unite
per
il mantenimento della pace. (..)
•
Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale
della comunità(…).
Lo sport, quindi, può essere
considerato come un mezzo importante per contribuire alla formazione armonica ed
equilibrata della personalità che può porre le basi per un’apertura a valori più
alti quali la cultura, la partecipazione sociale e la ricerca di significati che
vanno oltre il semplice risultato agonistico. L’attività sportiva permette a
ognuno di noi di avere una migliore opinione di sé e consente anche di
realizzare le nostre aspirazioni e le nostre ambizioni.
In un’epoca come quella contemporanea,
contrassegnata da uno svilimento e da una mercificazione desolante dello sport –
sempre più dominato dalla ricerca ossessiva della vittoria a tutti i costi, dal
non rispetto per i tempi e i limiti del corpo umano ( i casi di doping, gli
atleti bambini,…), dal denaro che prevale su tutto – potrebbe essere utile ed
interessante proporre agli studenti un lavoro didattico che riconsideri lo
sport, valorizzandolo come mezzo di formazione dell’ essere umano.
Diversi
sono i punti di forza dello sport sotto il profilo educativo:
a)
lo sport esalta i valori della correttezza, della lealtà, del rispetto
reciproco;
b)
lo sport può avere una funzione educativa importante per tanti ragazzi,
perché può abituarli a rispettare regole e comportamenti precisi. Nel mondo di
oggi sembra trionfare il “Fai ciò che vuoi”, la libertà di fare tutto senza
pensare troppo agli altri.
c)
Nella società contemporanea i giovani sembrano poco disposti a fare
fatica per raggiungere un obiettivo, tanto che la parola “sacrificio” non è
affatto considerata un valore. Lo sport, invece, può rappresentare una tendenza
opposta: il richiamo a regole, schemi, confini morali da non oltrepassare,
proponendo la cultura dell’impegno. Per conquistare un trofeo, sono necessarie
ore di sudore e di allenamento. Questo può aiutare i giovani a valorizzare
sempre di più lo spirito di sacrificio, anche nella vita quotidiana. Di
conseguenza, può rappresentare una valida alternativa al “Voglio tutto e subito,
senza alcuno sforzo.
d) un ulteriore aspetto educativo importante sta nella cultura dell’incontro con gli altri. Oggi, purtroppo, i ragazzi sono sempre più intrappolati nei videogiochi e nelle navigazioni di Internet. Trascorrono giornate intere immersi in realtà virtuali, che impediscono un vero rapporto con il mondo. Lo sport, invece, abitua ad un vero, sincero e genuino contatto con gli altri. In un mondo spesso dominato dagli incontri virtuali, può aiutare a costruire una migliore cultura del rispetto e dell’amicizia.
In sostanza lo sport promuove la vita socioculturale, avvicinando le persone e le comunità. Le squadre sportive sono molto spesso formate da persone di origine diversa, per provenienza geografica e culturale, per lingua e religione, così come il pubblico degli spettatori dello sport è multietnico ed estremamente eterogeneo. Di conseguenza lo sport contribuisce idealmente al superamento delle differenze e incoraggia il dialogo, l’eliminazione dei pregiudizi, degli stereotipi, dell’ignoranza e dell’intolleranza.
D’altro canto, è pur vero che lo
sport non sempre si mostra un veicolo di integrazione e di dialogo, perché
purtroppo nel corso della storia abbiamo assistito (e assistiamo tutt’oggi!) a
numerosi episodi di discriminazione nei confronti di sportivi appartenenti a
minoranze religiose o culturali, oppure nei confronti degli atleti africani. In
particolare il mondo del calcio è spesso contrassegnato da gravi episodi di
razzismo e di antisemitismo, come dimostrano ad esempio gli striscioni negli
stadi.
Parlare
della convivenza e del suo contrario, la discriminazione, proprio attraverso lo
sport è, dunque, un tema quanto mai attuale e famigliare ai nostri ragazzi. Il
fatto di collegarlo alla storia del Terzo Reich e di contestualizzare
l’avvenimento delle Olimpiadi di Berlino non potrà che far emergere questo
binomio “rispetto/disprezzo per l’avversario sportivo, per l’Altro” in maniera
semplice e convincente.
Ma
soprattutto l’abbinamento di questo tema al nostro percorso educativo sul
nazismo, ci consentirà di sviluppare un argomento pochissimo studiato a scuola e
pressoché sconosciuto alla maggior parte di noi, cioè di raccontare non la
grande storia dei fatti più eclatanti e delle grandi azioni o dei grandi
crimini, ma, al contrario, di raccontare storie meno note di uomini e di donne
che proprio attraverso lo sport e durante la loro carriera sportiva hanno saputo
compiere delle scelte, assumendosene responsabilità e conseguenze.
Le
Olimpiadi di Berlino del 1936- evento cruciale nella storia dello sport - ci
permettono di rievocare la grande macchina propagandistica messa in funzione dal
regime nazionalsocialista: esaltazione della forza fisica tedesca, dell’amor
patrio, comunicazione al mondo intero che
Come
insegnanti abbiamo a disposizione una grande quantità di immagini (oltre al
filmato di Leni Riefenstahl, Olympia, disponibile in moltissime
Cineteche) per mostrare agli studenti cosa intendiamo per “costruzione del
consenso” e per sottolineare una serie di aspetti importanti, sui quali
intrecciare una discussione in aula:
-gigantismo architettonico delle strutture sportive che si richiamano all’idea
classica dell’antica Grecia, suggerendo allo spettatore l’identificazione con
-manifestazioni sportive che sembrano parate militari;
-abbinamento della bandiera nazista con la svastica alla bandiera olimpica
(commistione sport e politica);
-propaganda dell’immagine ideale dell’atleta tedesco, che deve corrispondere
perfettamente all’ideale ariano: biondo, alto, prestante, carnagione chiara e
occhi azzurri (sia per i maschi che per le femmine).
Ci si
potrebbe interrogare sulla cecità dell’opinione pubblica internazionale che
prima protesta, qua e là sull’opportunità di confermare
Tutto
questo non potrà che far emergere con forza il contrasto tra propaganda e
l’altra immagine della Germania di Hitler: la feroce repressione del dissenso e
il radicale antisemitismo che sembra solo allentarsi durante i Giochi Olimpici
per non attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale (ad esempio
verranno rimossi tutti i cartelli “Juden raus”).
Andranno
spiegati ai ragazzi gli episodi di grave discriminazione e persecuzione che si
verificarono proprio parallelamente alla preparazione delle Olimpiadi (o che
erano già avvenuti, quali ad esempio le Leggi di Norimberga del 1935 con le sue
gravi conseguenze per l’isolamento degli ebrei tedeschi, non più considerati
cittadini, ma sudditi non ariani):
-
l’arresto e la detenzione di 800 zingari nella regione di Berlino che
vengono rinchiusi nel campo di Marzahn per sottrarli alla vista degli stranieri;
altri 170 zingari vengono deportati a Dachau presso Monaco di Baviera.
-
la creazione dell’immenso campo di concentramento di Sachsenhausen, che
si aggiunge ai campi precedentemente istituiti nel Reich per tutti gli
oppositori e i nemici
E’ anche
importante sottolineare come le Olimpiadi, gara sportiva internazionale per
eccellenza, coincide con la discriminazione degli atleti ebrei tedeschi, espulsi
da tutte le discipline sportive e non ammessi a gareggiare per
Anche gli
atleti afroamericani, tuttavia, sebbene ammessi a partecipare nella squadra
statunitense per ragioni di opportunità di gara (in misura di 18 su 312 atleti),
sono soggetti in patria a pesantissime discriminazioni (es. autobus separati per
bianchi e neri, scuole divise, ecc.)
L’argomento andrà discusso e trattato in base al tempo a disposizione, ma è
possibile lavorarci anche successivamente, per esempio incaricando gli studenti
di cercare le biografie di atleti famosi (un esempio per tutti: cosa divenne
Jesse Owens, pluricampione alle Olimpiadi di Berlino, una volta rientrato in
patria?), da ricostruire rispondendo ad un paio di domande date: esempio “fu
testimone o protagonista in patria di episodi di discriminazione? come reagì? Fu
protagonista di gesti di solidarietà e di responsabilità?”.
Infine,
proprio attraverso la rievocazione della storia dei Giochi Olimpici del 1936
sarà possibile raccontare la storia di alcuni uomini e donne che seppero essere
prima che atleti degli esseri umani:
1)
il tedesco Carl Ludwig, detto Lutz Long che divenne l’amico di
tutta la vita per il nero Jesse Owens, suo avversario nelle gare,
2)
Albert Richter, grande ciclista tedesco che rifiutò di adeguarsi
al modello nazista e rimase solidale al suo allenatore Ernst Berliner,
discriminato e perseguitato in quanto ebreo,
3)
Max Schmeling, pugile, un altro ariano disubbidiente al Führer che
non esiterà a rischiare la propria vita per salvare degli ebrei dalla
deportazione e aiuterà persino l’avversario sul ring, l’ afroamericano Joe Louis,
una volta caduto in disgrazia.
e altre storie ancora, purtroppo sconosciute. Tanti furono anche gli atleti ebrei, campioni nello sport e alle Olimpiadi, che subirono la deportazione nei lager e furono travolti dalla Shoah.
Il CD presenta solo alcune di
queste storie di uomini e donne che anche nei momenti più bui e difficili, hanno
saputo compiere piccoli e grandi gesti di amicizia, di coraggio, di solidarietà.
Al termine del percorso non sarà forse inutile leggere con
i ragazzi l’articolo 4 della Carta Europea dello Sport, redatta a Rodi nel
maggio 1992 che così stabilisce:
“L’accesso agli impianti
o alle attività sportive sarà garantito senza alcuna distinzione di sesso,
razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o qualsiasi altra opinione,
origine nazionale o sociale, appartenenza ad una minoranza nazionale, ricchezza,
nascita o qualsiasi altro status.”
Perché lo sport è prima di tutto rispetto per se stessi e per gli altri, è capacità di riconoscere i propri limiti e imparare a superarli con il lavoro e l'impegno, è incontro e relazione con gli altri al di là di qualsiasi differenza o discriminazione. E' amicizia e solidarietà.
Questo
lavoro si ispira alla filosofia educativa di Yad Vashem di Gerusalemme, il più
importante Museo dell’Olocausto al mondo e dal 1993 anche Scuola Internazionale
di Studi sulla Shoah, che promuove la conoscenza della storia dello sterminio
come storia innanzitutto di vite umane, di persone, uomini e donne, che hanno in
una situazione drammatica come quella della seconda guerra mondiale, hanno
saputo compiere delle scelte e si sono trovati confrontati a numerosi
interrogativi di ordine etico.
Ogni
uomo, vittima, carnefice o spettatore, per riprendere la celebre
distinzione operata dagli storici della Shoah, può trovarsi nella situazione di
compiere delle scelte, assumersi delle responsabilità, risolvere dei dilemmi
morali: vivere o non vivere, adeguarsi o opporsi, resistere o lasciarsi andare,
uccidere o salvare, approvare o dissentire, guardare gli eventi o parteciparvi,
aiutare o non aiutare, provare emozioni o non provarle, usare la propria
coscienza morale o decidere di anestetizzarla, ecc.
Come
educatori, siamo chiamati a ricostruire la dimensione profondamente umana della
Shoah, chiedendoci quale significato può avere per i nostri giovani, oltre che
per noi stessi, 60 anni dopo, la storia dello sterminio.
Spunti bibliografici:
in
italiano: Storia culturale dello sport, Richard D.Mandell, Laterza 1989
il sito
(in inglese) del Museo dell’Olocausto di Washington
www.ushmm.org
che contiene una mostra multimediale e spunti didattici
il sito
ufficiale delle Olimpiadi, www.olimpiadi.it
e www.olympic.org
ancora in
inglese www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Holocaust/olympics.html