Il colore viola

TITOLO ORIGINALE

The Colore Purple

REGIA

Steven Spielberg

SOGGETTO

Dal romanzo omonimo di Alice Walker

SCENEGGIATURA

Menno Meyjes

FOTOGRAFIA

Allen Daviau (colori)

MUSICA

Quincy Jones

MONTAGGIO

Michael Kahn

INTERPRETI

Whoopi Goldberg, Akosua Busia, Danny Clover

PRODUZIONE

Spielberg-Kennedy-Marshall per la Warner

DURATA

155'

ORIGINE

USA, 1986

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Umiliate e offese/Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

 

TRAMA

Georgia, 1908-1937. Celie e Nittie sono due sorelle di colore che vivono con un patrigno che abusa della prima, la maggiore, dalla quale ha avuto due figli da lui affidati ad altre famiglie. Celie è poi costretta ad andare a vivere con un uomo brutale, da lei chiamato Mister, che la tratta come una sguattera e che nasconde le lettere che Nittie le invia. Dopo anni di umiliazioni e sofferenze Celie fa la conoscenza di Shug, una cantante diventata l'amante del Mister. Si tratta di una donna dalla burrascosa vita sentimentale, ma dal carattere forte e determinato, che aiuta Celie a reagire e a trovare le lettere nascoste di Nittie. Quando quest'ultima, tornata dall'Africa, si ricongiunge con l'amata sorella, Celie si è ricostruita una nuova vita.

 

TRACCIA TEMATICA

Il colore viola non è un film sul razzismo (il pestaggio di Sofia resta un episodio piuttosto marginale), bensì sulla condizione femminile, vista attraverso il percorso di oppressione e riscatto della protagonista Celie. Anche le altre donne della vicenda incarnano, anche se in misura e in modi diversi, il ruolo di vittima del maschio (non ci sono uomini positivi nella pellicola di Spielberg). Una condizione di sottomissione che riecheggia la soppressa schiavitù delle piantagioni (lo sfondo della Georgia del resto è quello del meridione schiavista) e che dimostra la persistenza dello sfruttamento della donna nella Storia al di là del (presunto) progresso dell'umanità.

Nittie rappresenta la riscoperta delle radici etniche della razza nera, la riappropriazione di un'identità che permette l'accesso ad una dimensione di rinnovata dignità e questo nonostante l'Africa che noi vediamo sia quella immaginata da Celie attraverso le lettere della sorella, cioè un continente mitico filtrato da una fantasia addestrata dalle letture romanzesche.

In fondo Il colore viola è anche un film sulla risorsa dell'immaginazione (i libri avventurosi di Celie, cui la sorella ha regalato il bene prezioso della lettura) come strumento per resistere allo squallore di una quotidianità mortificante

 

VALUTAZIONE CRITICA

Spielberg esprime un'idea di Cinema tesa a privilegiarne la natura di spettacolo in grado di conquistare le platee. Due sono gli strumenti di questa progettualità: una storia che produca, tramite immediati processi di identificazione con personaggi positivi, un quasi ininterrotto coinvolgimento emotivo e un apparato visivo-sonoro funzionale a questa estrema partecipazione spettatoriale. Il colore viola (non a caso tratto da un romanzo) ha la complessa e articolata struttura narrativa di una saga ottocentesca (vedi il riferimento all'opera di Dickens) e un gusto formale ricco di suggestioni figurative del fantastico e dei cartoni animati e cioè di due generi deputati all'intrattenimento dei bambini e comunque sicuramente popolari. Del resto la schematica caratterizzazione dei personaggi (buoni e cattivi), l'edificante moralismo (il cattivo Mister che diventa buono, il pastore che accoglie in chiesa Shug) e l'epilogo fiabesco, con un happy end enfaticamente consolatorio, confermano questa lettura del Cinema spielberghiano come magico prolungamento dell'infanzia, come rivalsa della logica della fantasia sulla logica della realtà.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Lingua inglese   Confronto tra il romanzo di Alice Walker e il film.

Storia   La schiavitù negli Stati Uniti e la condizione della gente di colore dopo la sua abolizione.