Erin Brockovich

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Steven Soderbergh

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Susannah Grant

FOTOGRAFIA

Ed Lachman (colori)

MUSICA

Thomas Newman

MONTAGGIO

Anne V. Coates

INTERPRETI

Julia Roberts, Albert Finney

PRODUZIONE

Danny De Vito, Michael Schamberg, Stacey Sher per Jersey Films

DURATA

131’

ORIGINE

USA, 2000

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Donne contro

Condizione femminile/Individuo e Società

 

TRAMA

 Erin è una donna divorziata che deve mantenere due figli. Alla disperata ricerca di un lavoro, riesce a farsi assumere dall’avvocato Ed, titolare di uno studio legale. Lavorando ad una pratica scopre che una grande impresa locale inquina le falde acquifere della zona, provocando gravi danni alla salute della popolazione. Insieme ad Ed, che si è convinto di avere per le mani un grosso caso, Erin mette insieme un numero sempre maggiore di vittime causate dall’avvelenamento e li organizza al fine di portare in giudizio l’azienda colpevole di simile disastro. 

 

TRACCIA TEMATICA

Erin Brockovich assomma in sé due elementi fondamentali nella tradizione cinematografica americana. Il primo, assai radicato nella parte più progressista e democratica della cultura statunitense, consiste nella contrapposizione allo strapotere e all’arroganza delle grandi compagnie industriali qualora mettano a rischio la salute e gli interessi della comunità; il secondo è basato sulla convinzione che anche il più oscuro dei cittadini, purché dotato di coraggio e spirito d’iniziativa, possa avere ragione dei potenti facendo trionfare i diritti dei cittadini. Quest’ultima, in fondo, non è altro che l’ennesima variazione sul tema del cosiddetto sogno americano, vale a dire la possibilità nella società  statunitense da parte di chiunque di affermarsi e avere successo. Una suggestione che alimenta da sempre l’immaginario collettivo del popolo americano e che sta alla base di una concezione saldamente individualistica della democrazia: non le collettività unite e organizzate ottengono i loro obiettivi, ma solo il singolo in grado di guidare e capeggiare quelle stesse masse che se lasciate a se stesse non possono fare altro che danni o rassegnarsi alla passività. La combattiva e aggressiva Erin è, appunto, una di queste figure.  

Quanto di fondato e reale e, invece, quanto di mitico e illusorio ci sia in questa convinzione è tutto da discutere. Resta il fatto che il film è tratto da una storia vera.

 

VALUTAZIONE CRITICA

 Una delle cose più curiose del film è rappresentata dal fatto che nella prima volta nella sua carriera la diva Julia Roberts non recita sulla base di un personaggio ritagliato su misura per lei, ma è l’attrice che si adatta ad assumere le caratteristiche della vera Erin Brockovich, che ha collaborato alla sceneggiatura del film. La star hollywoodiana ha dovuto così rinunciare alla propria immagine  abituale di brava ragazza dalla porta accanto per indossare i panni (anche nel senso letterale del termine) un po’ volgarotti e ruspanti della combattiva cittadina americana di cui il film racconta la storia. Va riconosciuto all’attrice di essersela cavata molto bene, meravigliosamente fiancheggiata da Albert Finney, mostro sacro del cinema britannico.

Sapiente la regia di Soderbergh (la cui carriera prima di questa pellicola era rimasta lontana dalla frequentazione del genere civile), che riesce ad imprimere al suo film il ritmo narrativo giusto, facendo in modo che la storia (pur ricca di colpi di scena e produttrice di coinvolgimento emotivo) non prevalga mai sulla delineazione dei personaggi e dei loro reciproci rapporti (su tutti il legame tra la giovane Erin e l’anziano avvocato Ed). Ben calibrati e credibili i dialoghi, ricchi di spunti arguti e anche di momenti tesi ed intensi, anche qui all’insegna dell’equilibrio fra registri diversi.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

 Scienze             A) Le problematiche dell’inquinamento nelle moderne società  industriali

                           B) L’industria chimica

                           C) Il caso italiano di Porto Marghera