TITOLO ORIGINALE | Christiane F. wir Kinder von Bahnof Zoo |
REGIA | Ulrich Edel |
SCENEGGIATURA | Hermann Weigel |
FOTOGRAFIA | Justus Pankae, Jurgen Jurges (colori) |
MONTAGGIO | Jane Seitz |
INTERPRETI | Nadja Brunkhorrst, Thomas Haustein |
PRODUZIONE | Bernd Eichinger e Hans Weth per Golden Harvest Group |
DURATA | 136' |
ORIGINE | Germania federale, 1981 |
REPERIBILITA' | Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE | Triennio |
PERCORSI | Schermo tossico Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società |
TRAMA
Christiane è una quattordicenne berlinese. Inizia a frequentare, introdotta da un'amica, una famosa discoteca per giovani, nella quale circola droga di ogni tipo. Qui Christiane si avvicina all'acido e inizia a sniffare eroina. Le sue quotidiane frequentazioni di ragazzi eroinomani la inducono ad iniettarsi eroina e ben presto viene trascinata nella spirale della dipendenza. Attraverserà tutte le tappe della degradazione, dalla prostituzione al furto, prima di sottoporsi ad una terapia disintossicante. TRACCIA TEMATICAChristiane F. (l'anonimato del cognome svincola il personaggio da una precisa identificazione e lo rende un caso esemplare: la sua vicenda potrebbe essere quella di tanti altri giovani) compie il percorso canonico di chi precipita nella tossicodipendenza. Dall'illusione di poter controllare il rapporto con la droga (posso smettere quando voglio) evitando la dipendenza alla degradazione estrema. Una volta entrati nel tunnel dell'autodistruzione (significativa l'immagine di Christiane che dopo il primo buco entra in macchina in una galleria senza che se ne veda l'uscita) l'esistenza diventa un'ossessiva e costante ricerca della dose, unico scopo della vita.
Dietro a Christiane c'è il vuoto: la famiglia praticamente non esiste, la scuola nemmeno, non c'è traccia di riferimento umano ed istituzionale, la protagonista e con lei i disperati coetanei che popolano la stazione di Berlino sono irrimediabilmente soli.
VALUTAZIONE CRITICA
Basato su una storia vera, Christiane F. noi i ragazzi dello zoo di Berlino assume un
andamento documentarista da Cinema-verità, quello per intenderci che cerca di ridurre al massimo la distanza tra la finzione e la realtà attraverso uno stile freddo e asettico, che registra con apparente distacco i passaggi più crudi e degradanti del calvario della tossicodipendenza.La regia non si fa però imprigionare del tutto da questa oggettività didascalica (funzionale cioè a mettere in guardia i giovani, cui il film è diretto, sui pericoli della droga attraverso un linguaggio chiaro ed efficace con evidenti finalità dissuasive), ma elabora un proprio sistema espressivo incentrato sulla preferenza accordata ad un'ambientazione notturna dai toni cupi e oppressivi, ad interni angusti squallidi e claustrofobici (pensiamo alle toilette della stazione e al fatiscente monolocale dell'amico di Christiane), ad una fotografia a colori sgranata e sporca, assai vicina al bianconero, sino alla liberatoria fuoriuscita finale su un arioso paesaggio innevato, che dopo la discesa all'inferno sembra aprire sul film uno spiraglio di speranza.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze La tossicodipendenza: tipologia delle sostanze stupefacenti e loro conseguenze.