Kapò
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
|
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Gillo Pontecorvo, Franco Solinas |
FOTOGRAFIA |
Alexander Sekulovic, Goffredo Bellisario (bianconero) |
MUSICA |
Carlo Rustichelli |
INTERPRETI |
Susan Strasberg, Laurent Terzieff, Emmanuelle Riva |
PRODUZIONE |
Vides-Zebra Film-Cineriz |
DURATA |
118' |
ORIGINE |
Italia, 1960 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Donne in guerra La condizione femminile/Uomo e Società Olocausto Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e società |
TRAMA
Seconda guerra mondiale. A Parigi i nazisti rastrellano gli ebrei per deportarli nei lager. Anche la famiglia dell'adolescente Edith è vittima della deportazione e come arriva al campo di sterminio i genitori della ragazza vengono uccisi. Anche Edith subirebbe la stessa sorte, se non venisse aiutata dal medico del lager che le fa assumere l'identità di un'ariana appena morta. Dal quel momento Edith si trasforma in Nicole e viene indotta dalla fame e dalla disperazione a diventare una Kapò, cioè una guardiana delle internate, da queste odiata come strumento dei loro carnefici. Quando però alla fine scoppia una rivolta, Edith, che si è innamorata di un prigioniero russo, si riscatta con un gesto eroico.
TRACCIA TEMATICA
Edith è tre volte vittima: in primo luogo come ebrea, in secondo luogo come adolescente (e Kapò è soprattutto un film sulla traumatica fine dell'innocenza), in terzo luogo perché indotta a diventare aguzzino. La sua scelta di accettare il ruolo di Kapò è la conseguenza di un comprensibile istinto di sopravvivenza, acuito all'estremo dalle tremende condizioni di vita del lager, dove risulta assai difficile difendere la propria dignità. Già l'iniziale assunzione di un'altra identità per evitare l'immediata eliminazione esprime bene il processo di spersonalizzazione cui gli internati sono sottoposti.
L'incontro con Sascia rianima, tramite l'amore, il residuo di umanità ancora presente in Edith-Nicole, ma nell'immane tragedia della guerra non c'è spazio per i sentimenti individuali e si impone la necessità del sacrificio (la morte di una persona può salvare la vita di tanti). La giovane si riscatta dal baratro nel quale era precipitata immolandosi per la salvezza dei suoi compagni di prigionia e riassume con la finale preghiera ebraica l'identità che aveva rinnegato.
VALUTAZIONE CRITICA
Kapò è stato all'epoca in cui uscì, a quindici anni dalla fine della seconda guerra mondiale, un film di grande impatto, essendo una delle prime rievocazioni cinematografiche dell'olocausto e della vita nei lager nazisti rivolta ad un pubblico ancora non del tutto consapevole delle dimensioni dello sterminio che si era consumato pochi anni prima.
Pur essendo la vicenda del film frutto d'invenzione, Pontecorvo si preoccupa con buoni risultati di inserirla in un contesto di assoluta verosimiglianza storica. Il regista insegue un ipotetico destino individuale sullo sfondo di una tragedia collettiva, cercando nella degradazione umana cui è costretta Edith le motivazioni del suo percorso umano. Quel che interessa è l' emersione di una profonda verità morale (la non colpevolezza della ragazza) dalle drammatiche vicende che travolgono la giovane protagonista.
Meno convincente, invece, nella sua banale convenzionalità la parte più romanzata del film, quella dedicata alla storia d'amore tra Edith e Sascia, e piuttosto didascalico (nella troppo lucida razionalità) il discorso dell'ufficiale sovietico per giustificare il sacrificio di Edith.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia A) La seconda guerra mondiale.
B) Lo sterminio degli ebrei.
C) Il lager nazista, fabbrica di morte.