L'arpa birmana

TITOLO ORIGINALE

Biruma no Tategoto

REGIA

Kon Ichikawa

SOGGETTO

Da un racconto di Michio Takeyama

SCENEGGIATURA

Natto Wada

FOTOGRAFIA

Minoru Yokohama (bianconero)

MUSICA

Akira Ifukube

INTERPRETI

Shoji Yasui, Rentaro Mikuni, Tatsuya Mihashi

PRODUZIONE

Masayuki Takaki per la Nikkatsu

DURATA

116'

ORIGINE

Giappone, 1956

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

 

Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

 

TRAMA

Birmania, 1945. La guerra è prossima alla conclusione e una pattuglia di giapponesi si muove nella foresta della Birmania nel tentativo di sfuggire all'accerchiamento del nemico. Mizushima, un soldato di questa pattuglia, intrattiene spesso i suoi commilitoni con la sua arpa, che sa far vibrare di tonalità particolarmente dolci. Alla notizia della fine delle ostilità e della resa del Giappone la pattuglia si consegna agli inglesi, ma Mizushima viene incaricato di convincere alla resa un fortilizio nipponico che continua ostinatamente a combattere nonostante sia sopraggiunta la pace. Mizushima non riesce a far recedere i soldati della postazione, fanaticamente determinati a continuare la guerra, e rimane ferito nel successivo bombardamento degli inglesi. Curato da un monaco buddista, si traveste da bonzo e attraversa la Birmania per raggiungere i suoi compagni che si trovano in un campo di raccolta per prigionieri in attesa di essere rimpatriati. La visione dei tanti cadaveri di soldati giapponesi sparsi senza sepoltura in balia degli avvoltoi convince, però, Mizushima che è suo dovere rimanere in Birmania per seppellire i morti e dedicare la sua vita da monaco ad onorarne il ricordo.

 

TRACCIA TEMATICA

L'arpa birmana è una denuncia degli orrori della guerra e di un malriposto senso dell'onore che sfocia in un insensato fanatismo, ma è, anche e di più, un commosso omaggio al senso di umana pietà che induce il protagonista alla scelta di dedicare la propria vita alla sepoltura delle vittime della guerra. Più che sul messaggio antimilitarista, pur presente nella drammatica evidenza delle atroci immagini di morte, il film si concentra sull'imperativo etico che impedisce a Mizushima di far rientro in patria, sul suo sofferto travaglio interiore (Non posso ritornare!).

Il trauma di Mizushima di fronte ai corpi dei propri connazionali scempiati dagli avvoltoi matura in una profonda crisi di coscienza che culmina di fronte alla cerimonia attorno al milite ignoto giapponese cui assiste per caso (o per ineluttabile necessità del destino): la forte valenza simbolica della scena assume il significato di una rivelazione che dispiega al suo animo già turbato l'assoluta necessità di una missione a cui non si può sottrarre.

Ma alla dimensione spirituale e religiosa si affianca anche la dolorosa riflessione sulla necessità della memoria e della sua conservazione (nei discorsi dei soldati giapponesi sulla nave che li riporta in patria sembra affiorare una giustificabile volontà di dimenticare), di cui il culto e il rispetto dei morti è elemento fondamentale, perché il ricordo della tragedia appena consumata (il film è del 1956) non vada disperso, ma costituisca monito e alimento per le generazioni future.

 

VALUTAZIONE CRITICA

L'arpa birmana è un film che più che alla mente parla al cuore, sul quale lascia una traccia emotiva profonda, grazie alla struggente intensità con cui riesce a tradurre in musica ed immagini la dolente storia di Mizushima.

La musica e la dialettica suono-silenzio che da essa si dipana diventa l'elemento su cui si condensa lo spessore poetico del film (la lira, non a caso, è il simbolo della poesia lirica, che è quella adibita all'esternazione degli stati d'animo più intimi), sia nell'esprimere il sentimento struggente della nostalgia (le note di Home Sweet Home, che accomunano in un unico coro soldati poco prima nemici), sia nell'assumere il ruolo di canale di comunicazione tra il convertito Mizushima e i suoi excommilitoni. Il pizzicato dell'arpa diventa il suo nuovo linguaggio, il sostituto di sé (pensiamo alla sequenza in cui Mizushima suona l'arpa all'interno della statua del Buddha), la sua protesi sonora (che ben suggerisce l'idea di come il suo essere si sia spogliato di ogni condizionamento razionale e istintuale, per seguire il richiamo misterioso della sua vocazione religiosa).

Le immagini, siano quelle agghiaccianti dei corpi straziati dei soldati giapponesi o i primissimi piani aggressivi degli irriducibili del bunker che irrompono nell'inquadratura come a volerne uscire, siano quelle quasi visionarie del rituale cristiano sulla tomba del milite ignoto o quelle vibranti emozioni dei commilitoni di Mizushima che lo ascoltano al di qua del filo spinato, si impongono con la forza della loro eloquenza.

Di grande suggestione risultano, inoltre, la trama simbolica del film, dalla pietra preziosa che Mizushima depone nel mausoleo ai due pappagalli sulle sue spalle nella sua ultima apparizione ai compagni, la sua solenne cadenza narrativa e il grande respiro panico che sa conferire al paesaggio birmano, con la cui severa vastità Mizushima stabilisce un rapporto di comunione sempre più compiuto.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia     La Seconda Guerra Mondiale sul fronte asiatico.

Geografia     La Birmania

Religione     Il buddismo