Mi chiamo Sam
TITOLO ORIGINALE |
I Am Sam |
REGIA | Jessie Nelson |
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Kristine Johnson, Jessie Nelson |
FOTOGRAFIA |
Elliot Davis (colori) |
MUSICA |
John Powell |
MONTAGGIO |
Richard Crew |
INTERPRETI |
Sean Penn, Michelle Pfeiffer, Dakota Fanning, Diane West, Laura Dern |
PRODUZIONE |
Marshall Herskovitz, Jessie Nelson, Richard Solomon, Edward Zwick per Bedford Falls Co./Red Fish, Blue Fish Films |
DURATA |
132’ |
ORIGINE |
USA, 2001 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Handicap/Diversità/Individuo e Società |
Sam Dawson è un ritardato mentale, il cui sviluppo intellettivo, nonostante sia già un uomo, è fermo a quello di un bambino. Sam ha una figlia, Lucy, una bambina di sette anni, in molte cose intellettualmente più sviluppata del padre. I servizi sociali decidono di togliere Lucy al padre per affidarla ad un’altra famiglia. L’uomo non si dà pace e si rivolge a Rita, un’avvocatessa di grido.
TRACCIA TEMATICA
Ha diritto un padre amorevole e affettuosissimo, che ama profondamente la propria bambina, a vedersi confermato nel ruolo paterno nonostante un grave handicap mentale? Il film risponde di sì. L’amore deve essere anteposto ad ogni altra considerazione, specie quando ci sono di mezzo i bambini. Quando le leggi della società confliggono con quelle del cuore, alla fine è giusto che vincano queste ultime.
Sam è un individuo ritardato, ma dotato di una grande umanità, che gli permette di entrare in sintonia con la figlioletta ed instaurare con lei un rapporto intenso ed autentico. E’ proprio questa sua indifesa fragilità che spinge l’avvocatessa Harrison, un’affermata donna in carriera, a superare l’iniziale ritrosia per sostenere con appassionata convinzione la causa di Sam.
Come spesso avviene nel Cinema americano chi parte perdente all’inizio, riesce vincente alla fine e i diritti fondamentali della persona, se trovano chi si prende a cuore disinteressatamente di essi (e la tradizione filmica hollywoodiana affida spesso agli avvocati questo ruolo) trionfano contro ogni evidenza e articolo di legge.
E’ tipico della carriera dei grandi attori americani cimentarsi prima o poi con il ruolo di handicappato, quasi questo fosse una specie di pass-partout per il premio Oscar. Sean Penn, uno degli attori più dotati dell’attuale cinema statunitense, non si sottrae a questa regola ed esibisce nel ruolo del ritardato Sam un’interpretazione all’Actor’s Studio (tutta movimenti del volto e del corpo) che gli ha procurato una prevedibile nomination all’Oscar.
Va detto che la sua immedesimazione nel personaggio di Sam costituisce la cosa migliore e più convincente del film, che per il resto segue in modo piuttosto convenzionale gli stereotipi lacrimevoli e ricattatori nei confronti dello spettatore (come si fa a non rimanere emotivamente coinvolti da un caso come questo?) di un genere cinematografico , quello appunto sull’handicap, che da Hollywood viene quasi sempre sfruttato nella sua versione più accattivante e superficiale, quella che ci presenta la diversità, emarginata od oppressa, sottoforma di casi incarnati da personaggi simpatici se non seducenti (chi si ricorda la bella protagonista sordomuta di Figli di un dio minore o il colto e intelligentissimo Rocky di Dietro la maschera), assai lontani da quelle asprezze e deformazioni di carattere e personalità (di difficile gestione anche per gli specialisti del settore) che spesso l’handicap porta con sé.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze La sindrome dell’autismo
Diritto La legislazione italiana sulle adozioni e la patria potestà