Amore tossico
TITOLO ORIGINALE | Idem |
REGIA | Claudio Caligari |
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Guido Blumir, Claudio Caligari |
FOTOGRAFIA |
Dario Di Palma (colori) |
MUSICA |
Mariano Detto |
MONTAGGIO |
Enzo Miniconi |
INTERPRETI |
Cesare Ferretti, Michela Mioni, Enzo Di Benedetto, Loredana Ferrara |
PRODUZIONE |
Iter International |
DURATA |
96’ |
ORIGINE |
Italia, 1983 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Classe quinta |
PERCORSI |
Schermo tossico Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società |
TRAMA
Un gruppo di tossicodipendenti di Ostia cerca di procurarsi la droga con tutti i mezzi possibili. Due di loro, Cesare e Michela, decidono di uscire dal giro.
Amore tossico costituisce la più realistica esplorazione del mondo della tossicodipendenza del Cinema italiano. Gli attori non sono dei professionisti, ma degli autentici tossici e il film ci racconta la loro esistenza riducendo al minimo la distanza fra fiction e verità, in una ricerca di massima adesione a quella che è la dimensione esistenziale di questi giovani caduti nel baratro della droga. L’ambiente sociale è quello del proletariato e sottoproletariato della periferia degradata ai margini della metropoli, di cui si mostra la mancanza di riferimenti comunitari e luoghi di socializzazione.
Il film percorre tutte le tappe del calvario quotidiano di questi infelici: il ritualismo del buco, lo sfrontato bullismo, le crisi di astinenza, la pulsione di morte, i piccoli furtarelli per procurarsi la dose. Lo spettatore ne ricava un cupo senso di desolante vuoto umano che produce più pena e commiserazione che non indignazione. Non c’è, però, da parte della regia l’intento di assumere un punto di vista morale che esprima un qualche giudizio o partecipazione nei confronti di ciò che accade.
Se la pellicola abbandona la minuziosa e documentaristica osservazione della disperata dissipazione quotidiana dei protagonisti, è nel tragico finale, dove la morte di Cesare assume quasi la connotazione sacrale di una liberatoria e purificatrice scelta di morte.
La scelta espressiva che caratterizza il film è la prevalenza dell’opzione documentaristica su quella di finzione. Gli attori, in altre parole, interpretano se stessi e si offrono alla macchina da presa per ciò che realmente sono e per quello che realmente vivono e il regista, da parte sua, lascia che le immagini parlino da sole facendosi distaccato e analitico osservatore, quasi ai limiti di una cinica freddezza. Ma proprio nel momento in cui si riduce al minimo l’effetto di ricostruzione e messinscena che ogni film a soggetto porta costituzionalmente con sé (con quel tanto di artificiosità e convenzione drammaturgica che spesso smussa e affievolisce gli aspetti maggiormente sgradevoli della realtà), cresce il forte impatto sullo spettatore posto brutalmente a contatto con una fenomenologia comportamentale così sconvolgente.
Un ruolo importante, nel determinare quest’effetto di forte realismo, esercitano l’uso del gergo giovanile (un vero e proprio sottocodice popolaresco) e la frantumazione narrativa che trasmette quel senso di disordine e precarietà insito nell’esistenza dei protagonisti.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze Le sostanze stupefacenti.
Diritto L’attuale legislazione italiana sulla tossicodipendenza.