Il diario di Bridget Jones
TITOLO ORIGINALE | Bridget Jones' Diary |
REGIA | Sharon Maguire |
SOGGETTO |
Dal romanzo omonimo di Helen Fielding |
SCENEGGIATURA |
Helen Fielding, Andrew Davis, Richard Curtis |
FOTOGRAFIA |
Stuart Dryburgh (colori) |
MUSICA |
Patrick Doyle |
MONTAGGIO |
Martin Walsh |
INTERPRETI |
Renée Zellweger, Colin Firth, Hugh Grant |
PRODUZIONE |
Tim Bevan, Eric Fellner, Jonathan Cavendish per Working Title |
DURATA |
92’ |
ORIGINE |
Gran Bretagna-Francia- Stati Uniti, 2001 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Donne in amore La condizione femminile/Uomo e Società |
Bridget Jones è una donna trentenne che vive con crescente frustrazione la propria condizione di single londinese sovrappeso e ossessionata dall’idea di rimanere zitella .Una relazione con il suo fatuo capoufficio la delude profondamente. Quando tutto sembra perduto per l’impacciata Bridget arriva la felicità.
Il personaggio di Bridget Jones rappresenta il paradigma della donna impacciata e insoddisfatta , afflitta da una permanente disistima di se stessa alimentata dalla lontananza nella quale la crescente pinguedine delle proprie forme la situa rispetto ai modelli dominanti di bellezza femminile (tremendo , in questo senso, il confronto con l’anoressica stangona con cui quel donnaiolo impenitente del suo capoufficio se la intende di nascosto).
Alla luce dell’happy end Il diario di Bridget Jones non fa che riproporre, sul piano della commedia sentimentale, il modello della fiaba del brutto anatroccolo e in questo senso si spiega l’enorme successo del film presso il pubblico femminile, che con ogni probabilità si è identificato con la protagonista, consolandosi almeno per un po’ delle tante inibizioni e insicurezze che ancora accompagnano la condizione femminile in una società in gran parte basata sul culto della bellezza.
La morale della pellicola, in fondo, è molto semplice (e forse anche un po’ semplicistica): una donna, anche se non è bella, qualora possieda doti di spontaneità e autenticità, è in grado di conquistare uomini colti e affascinanti.
Il diario di Bridget Jones ricalca il modulo fortunato della commedia sentimentale inglese degli ultimi anni (Quattro matrimoni e un funerale costituisce il precedente più significativo) e delle soap-opera televisive. Gli ingredienti essenziali sono costituiti da una trama di tradizionalissima solidità e appetibilità (una lei e un lui che si amano vengono divisi da equivoci e malignità finché alla fine l’amore trionfa e i cattivi si ritirano con le pive nel sacco), da dialoghi (e in questo caso anche monologhi che coincidono con le confidenze al diario) brillanti e da situazioni divertenti (pensiamo ai travestimenti, o meglio agli svestimenti, di Bridget alla festa di famiglia e nella sequenza conclusiva in mezzo alla neve), da un ritmo brioso e da una leggerezza che abolisce qualsiasi forma di tensione drammatica.
L’effetto d’insieme risulta piacevole, anche se è difficile sfuggire ad una sensazione di banalità e prevedibilità, accompagnata dalla convinzione che la realtà della vita vera e delle persone che la vivono con tutti i loro problemi non abitano decisamente da queste parti.