Mi piace lavorare - Mobbing
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
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SOGGETTO |
Assunta Cestaro, Francesca Comencini, Daniele Ranieri |
SCENEGGIATURA |
Francesca Comencini |
FOTOGRAFIA |
Luca Bigazzi (colore) |
MUSICA |
Gianni Coscia, Gianluigi Trovasi |
MONTAGGIO |
Massimo Fiocchi |
INTERPRETI |
Nicoletta Braschi |
PRODUZIONE |
Donatella Botti per Bianca Film |
DURATA |
89’ |
ORIGINE |
Italia, 2004 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Umiliate e offese La condizione femminile/Individuo e Società |
TRAMA
Anna, impiegata in un’azienda multinazionale, inizia a subire una persecuzione da parte della direzione per indurla a licenziarsi. Dopo aver subito passivamente per mesi svariate umiliazioni, capisce le reali intenzioni dei suoi superiori e le denuncia al sindacato.
TRACCIA TEMATICA
Il film racconta una vicenda esemplare di un fenomeno che a quanto pare si sta diffondendo nel mondo del lavoro dipendente e che viene chiamato mobbing. La scelta degli sceneggiatori è stata quella di avvolgere la vicenda in un’atmosfera un po’ kafkiana, nel senso di non dare motivazioni alla decisione della direzione aziendale di indurre Anna a licenziarsi. E questo per comunicare con efficacia l’idea che ciò che sta capitando a lei potrebbe accadere a chiunque.
Quel che interessa raccontare è da una parte il dramma umano della protagonista (volutamente tratteggiata come un’impiegata modello, affezionata all’azienda e professionalmente valida e per questo incapace di intuire con solerzia ciò che si sta macchinando contro di lei) e dall’altra la brutalità del meccanismo che viene attivato, tale da coinvolgere l’intero personale in un’azione di isolamento della lavoratrice.
Ma il film ci dice che a questa ingiustizia c’è rimedio ed essa sta nel non accettare passivamente la legge del più forte, facendo valere i propri diritti in sede legale. Resta il trauma del licenziamento e la necessità di trovare una nuova occupazione, ma si può riacquistare la dignità offesa e il rispetto per se stessi.
VALUTAZIONE CRITICA
Mi piace lavorare si fa apprezzare per lo stile sobrio e stringato con cui sceglie di raccontare la vicenda, che procede con sequenze brevi che conferiscono al film un andamento di secco sintetismo. Il meccanismo narrativo messo in atto è quello del crescendo, che per quanto scandito con ritmo lento produce una coinvolgente sensazione di progressivo soffocamento di Anna, sempre più destabilizzata nelle proprie sicurezze dall’implacabile strategia messa in atto dall’azienda, e quello della totale focalizzazione sulla protagonista, che impedisce allo spettatore, al pari del personaggio, di comprendere le ragioni reali della persecuzione e quindi di vivere con maggior intensità e immedesimazione il suo dramma.
Meno convincenti, invece, le parti dedicate all’apporto del sindacato, nel senso che il film diventa in queste circostanze troppo spiegato, e quindi eccessivamente didascalico, laddove la scelta privilegiata era stata quella dell’assoluta inesplicabilità per Anna di ciò che sta accadendo, quella cioè di una lenta presa di coscienza.
Buona la recitazione di Nicoletta Braschi per la misura e la credibilità con cui riesce a esprimere tutto l’attonito disagio interiore che su di lei scatenano le umilianti esperienze di emarginazione cui è sottoposta.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto La legislazione del lavoro relativa ai licenziamenti e alla pratica del mobbing nel nostro paese