La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler
TITOLO ORIGINALE |
Der Untergang |
REGIA |
Oliver Hirschbiegel |
SOGGETTO |
Traudl Junge, Melissa Muller, Joachim Fest |
SCENEGGIATURA |
Bernd Eichinger |
FOTOGRAFIA |
Rainer Klausmann (colori) |
MONTAGGIO |
Hans Funck |
MUSICA |
Stephan Zacharias |
INTERPRETI |
Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Juliane Kohler, Heino Ferch |
PRODUZIONE |
Constantin Film Produktion, Degeto Film, NDR, WDR, Eos Productions, con il contributo di RAI Cinemafiction e ORF |
DURATA |
150’ |
ORIGINE |
Austria-Germania-Italia, 2004 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Classe quinta |
PERCORSI |
Nazismo Novecento/Cinema e Storia |
Berlino, aprile 1945. Gli ultimi giorni di vita di Adolf Hitler raccontati attraverso le memorie della sua segretaria Traudl Junge (morta nel 2002), che fu accanto al dittatore attorniato dai i suoi fedelissimi, mentre i soldati sovietici erano in prossimità del bunker della cancelleria.
La caduta concentra l’attenzione sulla delirante agonia mentale di Hitler e sull’atmosfera di lugubre imminenza d’apocalisse che domina nelle stanze del bunker della cancelleria (in questo non molto differentemente da quanto fa il precedente Gli ultimi dieci giorni di Hiltler del 1973, per la regia di E. De Concini). Il dittatore nazista ci viene mostrato ormai preda di una follia allucinatoria che lo porta a mobilitare sulla carta delle armate ormai inesistenti e a cullare assurde speranze di vittoria. Quell’intreccio di narcisismo e megalomania che da sempre ha caratterizzato la personalità luciferina del fuhrer degenera ora in un’isteria rabbiosa e scomposta di fronte all’incombere della fine e al tradimento dei suoi seguaci.
Intorno a lui si dibatte una composita umanità dove a sentimenti di fanatica e assoluta fedeltà al capo (Eva Braun, i coniugi Goebbels) si alternano la pulsione autodistruttiva all’oblio (l’orgia fuori del bunker degli ufficiali) e l’ansia dei comprimari trovare una via d’uscita (la segretaria Traudl).
La sequenza finale in plein air con la bicicletta che scivola nella luminosa campagna proiettando lontano dall’inferno del bunker la segretaria e un bambino (donne e bambini, coloro che meno responsabilità hanno avuto nella tragedia che si è appena conclusa) rompe l’incubo claustrofobico e apre la visuale sulla speranza di un futuro migliore.
Le principali critiche che sono state rivolte al film hanno avuto come bersaglio il modo ritenuto troppo umano di descrivere la figura di Hitler, tale quasi da suscitare una certa simpatia e l’eccesso di banalizzazione (tipo fiction televisiva della serie: la storia vista dal buco della serratura). Se la prima osservazione appare piuttosto infondata (e quanto è stato detto a proposito della cosiddetta banalità del male, cioè l’assoluta normalità di persone che si sono rese responsabili di orrendi delitti risulta ormai acquisito in modo definitivo), appare, invece, condivisibile il secondo appunto che coglie un limite del film consistente in un eccesso di dispersione dovuto dalle troppe ramificazioni che la vicenda assume compromettendone la compattezza narrativa e l’omogeneità del punto di vista narrativo (che dovrebbe essere esclusivamente quello della segretaria del fuhrer e che, al contrario, si sposta a mostrare e raccontare cose estranee alla sua presenza e, quindi, al suo sapere).
Storia a) Adolf Hitler
b) Il nazismo
c) La Seconda Guerra Mondiale