Gran Torino
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Clint Eastwood |
SOGGETTO |
Dave Johannson, Nick Schenk |
SCENEGGIATURA |
Nick Schenk |
FOTOGRAFIA |
Tom Stern (colori) |
MONTAGGIO |
Joel Cox, Gary D. Roach |
MUSICA |
Kyle Eastwood |
INTERPRETI |
Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her |
PRODUZIONE |
Clint Eastwood, Bill Gerber, Robert Lorenz per Malpaso Productions/Double Nickel Entertainment/Gerber Pictures/Media Magik Entertainment/Village Roadshow Pictures/Warner Bros./Matten Productions |
DURATA |
116’ |
ORIGINE |
Stati Uniti-Australia, 2008 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
I vicini di casa Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica |
Walt Kowalski, dopo la morte della moglie, vive da solo in un quartiere invaso dagli immigrati dall’estremo oriente. Dopo un’iniziale diffidenza e ostilità nei confronti della famiglia dei vicini Hmong, Walt intreccia una solida amicizia con il giovane e timido Thao.
Non si può dire che Walt sia uno xenofobo vero e proprio, sicuramente è un misantropo e ancor più è diffidente di chiunque turbi la solitudine nella quale si è rinchiuso a custodire la nostalgia per la moglie scomparsa e un rimorso-rimosso che affonda le radici nella sua lontana esperienza militare durante la guerra di Corea (ha ucciso un nemico inerme e l’identità etnica dei vicini gli ricorda questa tremenda esperienza). Walt coltiva un’idea di autosufficienza esistenziale, alimentata anche dalla lontananza affettiva che si è instaurata con la sua famiglia (figli e nipoti sono egoisti e odiosi). La Gran Torino che conserva in garage diventa una specie di monumento, una protesi ideale di se stesso, che simboleggia il proprio orgoglio professionale di exoperaio della gloriosa industria automobilistica americana.
La sua autoaffermazione di americanità (per altro anch’egli è figlio di emigranti polacchi) si esprime non solo nella bandiera che fa bella mostra in giardino, ma nella gelosa difesa di quello che considera il suo spazio privato e più in generale il suo stile di vita (fossero pure le lattine di birra assaporate nel balcone della sua abitazione).
L’incontro con l’impacciato Thao risveglia in Walt un assopito bisogno di contatto umano e una rimossa vocazione paterna. Egli accoglie il diverso da sé nel suo territorio esistenziale e morale, lo addestra ad affrontare la vita, lo adotta come figlio. Lo stesso rapporto con la famiglia dei vicini si approfondisce e sviluppa nella direzione di una reciproca arricchente conoscenza. Nessuno dei due mondi rinuncia a se stesso, ma entrambi imparano a rispettarsi.
Con il suo sacrificio finale (ricco di rimandi cristologici) Walt si purifica dal rimorso per la colpa del passato, consegnando a Thao l’eredità di una testimonianza di vita libera e indipendente che non poteva che esprimersi con il lascito della Gran Torino.
La cifra stilistica del regista si conferma ancora una volta di più quella della classicità, arricchita e innervata da una sapiente capacità di graduare tempi ed emozioni e di costruire con estrema sensibilità umana e psicologica la fisionomia morale e antropologica dei personaggi (a cominciare da quello di Walt) e la complessa dinamica dei loro rapporti.
Storia La guerra di Corea
Geografia a) L’etnia Hmong
b) La società multietnica americana