Le chiavi di casa
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Gianni Amelio |
SOGGETTO |
Dal romanzo “Nati due volte” di Giuseppe Pontiggia |
SCENEGGIATURA |
Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli |
FOTOGRAFIA |
Luca Bigazzi (colori) |
MONTAGGIO |
Simona Paggi |
MUSICA |
Franco Piersanti |
INTERPRETI |
Kim Rossi Stuart, Charlotte Rampling, Andrea Rossi, Pierfrancesco Favino |
PRODUZIONE |
Enzo Porcelli, Karl Baumgartner, Bruno Pesery per Achab/Rai Cinema/Pandora/Arena |
DURATA |
105’ |
ORIGINE |
Italia-Germania-Francia, 2004 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Matti da slegare Handicap/Diversità/Individuo e Società |
Il trentenne Gianni, che vive a Milano con moglie e figli, non ha mai visto Paolo, un figlio gravemente handicappato avuto in gioventù, avuto da una morte morta di parto. A distanza di molti lo accompagna a Berlino per sottoporlo alle terapie di una clinica specializzata.
Il figlio handicappato Paolo costituisce per il fragile Gianni il rimosso-rimorso (praticamente l’aveva abbandonato agli zii materni) e in questo l’impaccio del padre sembra quasi riflettere addosso al pubblico il prevalente atteggiamento di rimozione (a volte malamente sostituito dal pietismo) che la società spesso mostra nei confronti delle diversità estreme.
Il figlio ritrovato rappresenta per il padre improvvisato un vero e proprio enigma, un universo di difficile e sconcertante esplorazione, che scompagina continuamente i suoi parametri interpretativi. Il dialogo fra i due è aspro e impervio e Gianni misura tutta la sua impotenza ed inadeguatezza, confrontandosi con l’esplicita stanchezza della madre di Nadine. Quella di Gianni è un’assunzione di responsabilità dalla quale sembra sempre sul punto di ritrarsi per poi riprendere di nuovo il filo di un discorso che sembrava interrotto. Probabilmente le terapie, pur avanzatissime, della clinica di Berlino, servono a poco, perché ciò di cui Paolo ha bisogno è soprattutto amore ed affetto. E’ questo l’estremo limite cui occorre pervenire (simboleggiato dalla Norvegia all’estremo nord dell’Europa, dove significativamente si conclude il film), disposti a rimettersi continuamente in discussione.
Il film non ci concede facili consolazioni all’americana con attori famosi nelle vesti di ritardati mentali che gettano in faccia all’universo dei normali la loro straordinaria umanità e sottolineano che è il mondo circostante ad essere anormale.
Ne esce un film di estrema asciuttezza espressiva ed essenzialità narrativa, scarno e rarefatto, che si rifiuta ad ogni scorciatoia melodrammatica o, peggio, consolatoria (una guarigione finale o la nascita di un consolidato rapporto d’intesa e complicità tra padre e figlio), tanto da far dire alla critica che la diversità “non è il tema del film, ma il film stesso”.
Diritto a) La tutela legislativa nei confronti delle malattie mentali
b) La normativa relativa all’inserimento dei soggetti diversamente abili nel sistema dell’istruzione italiano