Tutta la vita davanti
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Paolo Virzì |
SOGGETTO |
Dal romanzo “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia |
SCENEGGIATURA |
Francesco Bruni, Paolo Virzì |
FOTOGRAFIA |
Nicola Pecorini (colori) |
MONTAGGIO |
Esmeralda Calabria |
INTERPRETI |
Isabella Ragonese, Michaela Ramazzotti, Valerio Mastrandea, Sabrina Ferilli, Massimo Ghini, Elio Germano |
PRODUZIONE |
Paolo Virzì per Motorino Amaranto/Medusa |
DURATA |
90’ |
ORIGINE |
Italia, 2008 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Linea d’ombra Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società |
La venticinquenne Marta è laureata con lode in filosofia, ma non trova di meglio che impiegarsi in un call-center che sfrutta senza scrupoli e al riparo da ogni tutela sindacale le giovani dipendenti. Marta si mette in evidenza per le sue capacità persuasive nei confronti dei clienti, ma ben presto si rende conto del cinismo e dell’immoralità che domina nel suo ambiente di lavoro.
Il film tematizza uno dei principali problemi della nostra società: la disoccupazione giovanile e il lavoro precario e instabile cui spesso ci si deve adattare per sopravvivere. In particolare Tutta la vita davanti (luogo comune continuamente ripetuto e che acquista un evidente sapore ironico) si concentra sugli aspetti più estremi ed aberranti di questa svalorizzazione del lavoro, ben sintetizzati dal call-center al centro della storia, dove vige una spietata competitività, malamente mascherata da una finta allegria e da un’artificiosa euforia. Della natura disumanizzante ed umiliante di questo tipo di occupazione, priva di ogni forma di tutela sindacale, acquista coscienza Marta, la sensibile e colta protagonista, che qui simboleggia il sempre più folto popolo di giovani laureati costretti a svolgere lavori di basso profilo professionale e lontani dal loro titolo di studio.
Il film ha il merito di denunciare uno dei fenomeni peggiori (e relativamente nuovi) della contemporaneità: il lavoro precario e supersfruttato, privo di tutele sindacali. Lo fa con i modi della commedia, riallacciandosi alla grande tradizione della commedia all’italiana degli anni Sessanta, che criticava con corrosivo senso del grottesco e dell’umorismo i mali della nostra società.
Tra le cose migliori lo sguardo morale della giovane protagonista, che svolge il suo percorso d’iniziazione nella realtà di un mondo spietato cercando di conservare la propria dignità, e i personaggi della bambina Lara e dell’anziana che soffre di solitudine (delicate figurine dell’emarginazione contemporanea). Tra le cose peggiori la voce fuori campo (inutilmente ridondante nel suo eccesso di didascalismo), la riduzione a macchiette di alcuni personaggi secondari (come l’adrenalinico Lucio, i bacucchi docenti universitari, gli amici disillusi e piazzati, l’improbabile sindacalista) e lo sforzo di voler rintracciare una dimensione umana anche nei due antipatici principali.
Ma è più in generale la propensione all’ approssimazione da bignamino di sociologia e alle soluzioni narrative facili e scontate (la caduta in disgrazia di Lucio, la morte della madre, il prostituirsi di Sonia) che abbassano la qualità della pellicola.
Diritto La legislazione relativa al lavoro a tempo determinato in Italia