Love Story

TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Arthur Hiller
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Erich Segal
SCENEGGIATURA Erich Segal
FOTOGRAFIA Dick Kratina (colori)
MUSICA Francis Lai
MONTAGGIO Robert C. Jones
INTERPRETI Ryan O'Neal, Ali McGraw, Ray Milland
PRODUZIONE Howard G. Minsky per Paramount Pictures
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI

Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 

TRAMA

Due studenti universitari si innamorano e decidono di sposarsi. Lui, Oliver, appartiene ad una ricca famiglia, lei, Jenny, è invece di umile estrazione. La famiglia di Oliver si oppone all'unione e il ragazzo rompe definitivamente con i suoi. Per i due novelli sposi la vita è difficile, dovendo vivere in grandi ristrettezze, ma felice. Un crudele destino attende però Jenny.

 

TRACCIA TEMATICA

Love Story propone due elementi tipici del melodramma: l'amore contrastato e la morte di uno dei protagonisti. Da una parte un fattore sociale, l'opposizione al matrimonio dei genitori di Oliver è dettata dalle umili origini di Jenny, dall'altra il destino, entità imperscrutabile che sovrasta le vicende umane.

Questa somma di impedimenti, tipica della narrativa romantica dell'Ottocento, viene collocata in pieno Novecento (probabilmente è una formula destinata a non tramontare mai: il diffondersi delle telenovelas negli ultimi anni ne conferma la solidità) e aggiornata con qualche riferimento al ribellismo giovanile degli anni sessanta (la rottura di Oliver con la famiglia).

 

VALUTAZIONE CRITICA

Love Story si presenta come un'operazione tipicamente commerciale, tesa a sfruttare il grande successo del romanzo best-seller di Segal, confezionando un prodotto ben curato e calcolato nei minimi dettagli: la musica, diventata ben presto famosa, dominata da movenze sdolcinate in sintonia con l'accentuato sentimentalismo del film, l'impiego di due giovani attori emergenti (piuttosto che ricorrere a divi famosi dall'immagine già consumata) e di mostri sacri (il grande Ray Milland nel ruolo del padre), l'attenzione, nella scenografia e nei costumi studiatamente casual, alla moda dell'epoca, lo struggente crescendo finale, che con il suo esibito patetismo, si rivela un perfetto congegno strappalacrime e infine la direzione affidata ad Hiller, regista non eccelso, ma certamente capace di mantenere su un piano di dignità professionale e di buon gusto un'opera così esplicitamente orientata nel senso del facile consumo.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Lingua inglese    Confronto fra il romanzo di Segal e il film.

Italiano   A) La letteratura rosa e popolare nel nostro paese. B) Il melodramma ottocentesco.