Once Were Warriors-Una volta erano guerrieri

TITOLO ORIGINALE

Once Were Warriors

REGIA

Lee Tamahori

SOGGETTO

Dal romanzo omonimo di Alan Duff

SCENEGGIATURA

Riwia Brown

FOTOGRAFIA

Stuart Dryburgh (colori)

MONTAGGIO

Michael Horton

MUSICA

Murray Grindlay, Murray McNabb

INTERPRETI

Rena Owen, Temuera Morrison, Mamaengaroa Kerr-Bell, Julian Arahanga, Taungaroa Emile

PRODUZIONE

Robin Scholes

DURATA

99’

ORIGINE

Nuova Zelanda, 1994

REPERIBILITA’

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Triennio

PERCORSI

Padre padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

 

TRAMA

Beth e la sua famiglia di origini maori vivono in un quartiere proletario tirando avanti con fatica. Suo marito Jake è un ubriacone violento che la picchia e non ha lavoro, un figlio se n’è andato da casa per entrare in una setta maori, un altro finisce in un riformatorio, una figlia, dolce e introspettiva, viene violentata dallo zio e si suicida. A questo punto per Beth la misura è colma, raccoglie quel che resta della sua famiglia e trova il coraggio di lasciare finalmente Jack.

 

TRACCIA TEMATICA

I Maori sono la minoranza indigena della Nuova Zelanda colonizzata dagli Inglesi. Oggi vivono ai margini della società, spesso relegati in quartieri periferici, squallidi e degradati. Il film ci racconta la storia del graduale recupero da parte della protagonista e dei suoi figli della propria identità etnica e della propria cultura, una volta espressione di una grande civiltà di guerrieri. Per Beth e i suoi due figli maschi la liberazione da un’umiliante soggezione al padre padrone passa attraverso la riappropriazione di queste radici in grado di restituire dignità e fierezza perdute. 

La tenera figlia Grace, la cui sensibilità non regge al trauma della violenza subita, esprime a suo modo e prima degli altri la ricerca di questa identità, coltivando un repertorio favolistico di mitologia maori che le serve per evadere dalla grigia quotidianità. Non a caso intreccia un’affettuosa amicizia con un giovane vagabondo che vive su un rottame, simbolo estremo di un disperato sradicamento, e che alla fine si unisce alla rifondata famiglia di Beth per vivere l’avventura di un nuovo inizio.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Quanto mai eloquente la sequenza iniziale, che trapassa da una suggestiva immagine di un paesaggio naturale ad una congestionata arteria metropolitana e quindi ai poveri scenari del quartiere maori. Essa esprime con geniale sintesi il senso del film, cioè il precipitare da parte della comunità maori da una specie di paradiso perduto all’insegna di un appagato rapporto con la natura ad una condizione di ghettizzazione sociale in un contesto di pronunciata deturpazione ambientale

Anche in seguito Tamahori riesce a sottolineare con grande efficacia questo contrasto, oltre che con una sceneggiatura intensa e di grande impatto drammatico, con la risorsa più espressamente cinematografica della scenografia, che contrappone agli interni costrittivi e claustrofobici della casa di Beth e all’alienante e vociante vastità della birreria frequentata da Jack, gli spazi incontaminati del cimitero maori e le verdi distese della campagna che la famiglia percorre in macchina in uno dei suoi rari momenti di felicità ed unione, subito dissipato dal padre con un disgraziato ritorno agli ozi quotidiani.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Geografia    La civiltà maori in Oceania e l’attuale condizione della comunità maori in Nuova Zelanda.

Storia     La colonizzazione inglese della Nuova Zelanda.