Realismo socialista

Teoria estetica prevalente nel Cinema sovietico a partire dagli anni trenta, in coincidenza con il consolidarsi definitivo del potere staliniano e con l'avvento del Cinema sonoro. Il primo piano quinquennale moltiplica il numero delle sale cinematografiche, individuando il potere sovietico nel Cinema un importante strumento di propaganda. Si impone la necessità di trovare un linguaggio chiaro e comprensibile agli strati meno colti della popolazione, diverso da quello sperimentale e di ricerca estrema elaborato agli inizi degli anni venti dall'avanguardia sovietica, considerato troppo difficile per le masse.

E' in questo contesto che al I° Congresso degli Scrittori del 1934 Gorkij espone per la prima volta in modo organico i canoni del realismo socialista, validi per tutte le espressioni artistiche: l'artista (nel nostro caso il regista) deve dare il proprio contributo alla realizzazione del progetto rivoluzionario, attraverso delle opere dotate di una forte valenza educativa, da esse cioè deve emergere, tramite una esposizione di estrema chiarezza, l'interpretazione marxista della realtà storico-sociale e soprattutto gli obiettivi politici e i principi morali indicati dal Partito comunista sovietico.

Da qui la realizzazione di film dai temi ricorrenti: la rivoluzione bolscevica del '17, la collettivizzazione delle campagne, l'industrializzazione, ecc.. In essi emerge la figura dell'eroe positivo, di colui che, dotato di una solida coscienza politica e di un grande spirito di sacrificio, diventa un punto di riferimento per i compagni incerti e dubbiosi di fronte alle tante difficoltà dell'edificazione del socialismo.

Se non mancano opere di qualità, come Ciapaiev (1934) di G. e S. Vasilev, Il deputato del Baltico (1937) di J. Khejfitz e Zarkij, Il maestro (1939) di S. Gerasimov, va detto tuttavia che ben presto il Realismo socialista si fossilizza in un ripetitivo repertorio di film all'insegna dell'enfasi celebrativa e dello schematismo didascalico, sino a diventare supino strumento del culto della personalità di Stalin. La vittoria sovietica nella seconda guerra mondiale accentua a dismisura la magniloquenza retorica del Realismo socialista, quasi completamente degenerato ormai in esaltazione nazionalpatriottica ed agiografia staliniana (significativo in questo senso La caduta di Berlino di M. Ciaureli, 1950).

Il processo di destalinizzazione iniziato nel 1956 determina una significativa inversione di tendenza che porta in tempi brevi al tramonto della stagione del realismo socialista. La maggior libertà espressiva di cui godono i registi, si traduce in una riscoperta della dimensione lirica e sentimentale e delle problematiche esistenziali dell'individuo.