Da morire

TITOLO ORIGINALE

To Die For

REGIA

Gus Van Sant

SOGGETTO

Dall'omonimo romanzo di Joyce Maynard

SCENEGGIATURA

Buck Henry

FOTOGRAFIA

Eric Alan (colori)

MUSICA

Danny Elfman

MONTAGGIO

Curtiss Clayton

INTERPRETI

Nicole Kidman, Matt Dillon

PRODUZIONE

Laura Ziskin

DURATA

103'

ORIGINE

USA, 1995

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Classe quinta

PERCORSI

Voglia di apparire

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

 

TRAMA

Suzanne Stone ha una sola grande ambizione: diventare una celebrità della televisione. In attesa di sfondare si adatta a lavorare per una piccola emittente locale, leggendo le previsioni del tempo e girando un documentario sulla condizione giovanile che la porta a contatto con alcuni adolescenti disadattati. Il marito Larry e i genitori di lui l'accusano di trascurare i doveri familiari per dedicarsi completamente ai suoi progetti televisivi. Suzanne avverte l'opposizione del coniuge ai suoi sogni di successo come un ostacolo alla propria carriera e convince i ragazzi con cui sta realizzando il film ad assassinare Larry. Il piano architettato è però talmente sgangherato che la polizia ne smaschera in breve tempo i colpevoli.

 

TRACCIA TEMATICA

Da morire è un apologo sui danni nefasti e irreversibile che sulle psicologie più fragili e sprovvedute può causare la televisione e più in particolare il mito del successo che essa diffonde e alimenta.

Suzanne è mentalmente sottosviluppata (in questo non così diversa dai giovani che seduce e circuisce): non solo la sua personalità è disturbata e alienata dall'idea fissa di sfondare sul piccolo schermo, ma la televisione è per lei l'unico criterio con cui giudica ed interpreta la realtà. Il suo cervello è strutturato come una programmazione televisiva e funziona come un telecomando (alla giovane Lydia che le confida i traumi infantili consiglia di dimenticare come quando si cambia canale; a Jimmy, che imprudentemente le si presenta dopo l'omicidio, chiede infuriata se non ha mai visto dei film polizieschi; ai perplessi genitori di Larry non parla del suo peso reale, ma di quello che si dimostra apparendo sullo schermo; spettacolarizza il funerale del marito come se le telecamere fossero lì a riprenderlo).

Paradossalmente raggiunge la notorietà tanto desiderata proprio grazie al processo che la vede protagonista e che lei vive con l'esaltazione di chi finalmente ha conquistato le luci della ribalta e con beffarda ironia è destinata a riposare sotto uno strato di ghiaccio che allude sarcasticamente a quel vitreo diaframma televisivo dietro al quale avrebbe voluto vivere per sempre.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Fin dall'inizio Da morire rivela il progetto attraverso il quale si accinge a raccontarci la storia cui stiamo per assistere: la macchina da presa penetra nelle pagine di giornale e negli schermi televisivi che sparano la notizia del processo a Suzanne sino a mostrarci il dettaglio della grana del foglio e i puntini elettronici. Il film, insomma, è intenzionato ad oltrepassare quella soglia di superficialità e apparenza dietro cui i massmedia finiscono per nasconderci la verità.

Di qui i due piani della narrazione che ne derivano: uno legato alle modalità di rappresentazione televisiva (i familiari che raccontano la vicenda di fronte alle camere in uno studio televisivo stile talk show e Suzanne che fa lo stesso privatamente in vista di un provino), quindi focalizzato sui singoli personaggi e come tale inattendibile; l'altro libero da ogni focalizzazione, onnisciente, incaricato di smascherare le bugie dei personaggi e di rivelarci la verità dei fatti. Questi due piani si contraddicono entrando spesso in aperta frizione (pensiamo al padre di Larry che viene assolto in TV dal consuocero da ogni sospetto mafioso poco prima che un breve inserto, destinato ai soli spettatori del film, ci faccia sentire l'urlo di Suzanne mentre viene uccisa da un sicario da lui assoldato) attraverso un montaggio nervoso e frammentato che manipola a suo piacimento i tempi dell'azione. Si direbbe che Van Sant voglia sostenere la superiorità del Cinema sulla televisione, affermando la capacità del primo di arrivare agli aspetti più profondi della realtà, che solo andando oltre la cruda cronaca si possono cogliere.