Jakob il bugiardo
TITOLO ORIGINALE |
Jakob The Liar |
REGIA | Peter Kassovitz |
SOGGETTO |
Dal romanzo omonimo di Jurek Becker |
SCENEGGIATURA |
Didier Decoin, Peter Kassovitz |
FOTOGRAFIA |
Elemer Ragalyi (colori) |
MUSICA |
Edward Shearmur |
MONTAGGIO |
Claire Simpson |
INTERPRETI |
Robin Williams, Armin Mueller-Stahl, Alan Arkin, Mathieu Kassovitz |
PRODUZIONE |
Marsha Garces, Steven Haft per la Blue Wolf Production/Kasso Inc. Production |
DURATA |
114’ |
ORIGINE |
USA, 1999 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Olocausto Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Individuo e Società |
TRAMA
Durante la Seconda Guerra Mondiale in un piccolo ghetto ebraico della Polonia occupata dai nazisti, Jakob Heim, proprietario di un caffè chiuso da tempo, diffonde presso gli amici false notizie di rapide avanzate sovietiche sul fronte orientale, che finge siano comunicate da un’inesistente radio da lui posseduta contro il severo divieto delle autorità tedesche. Con questo espediente riesce a tenere alto il morale dei suoi compagni di sventura afflitti dalla dura esistenza del ghetto. Quando i tedeschi scoprono ciò che sta accadendo reagiscono brutalmente.
E’ cosa altamente giusta mentire qualora ciò possa arrecare una qualche forma di giovamento ad un’umanità afflitta e disperata. La morale del film in fondo è tutta qui, in questa giustificazione della bugia se da essa può derivare una conseguenza positiva. La speranza diventa così l’ultima risorsa per gli abitanti del ghetto polacco (uno qualsiasi, non ben specificato, a simboleggiare tutti quelli di cui si riempì la Polonia occupata dai nazisti) che da essa traggono la forza per sopravvivere ed organizzare la resistenza.
L’olocausto non è stato soltanto un atto di annientamento fisico, ma anche di distruzione psicologica, che trovava nell’annichilimento di ogni sia pur lontana prospettiva di salvezza uno dei suoi sadici strumenti (per questo i tedeschi proibivano l’uso degli apparecchi radiofonici). Numerosi, infatti, sono stati coloro che si sono tolti la vita, incapaci di sostenere il peso di una degradante umiliazione e di poter immaginare un futuro migliore.
Uscito nello stesso anno di due fondamentali film sullo stesso argomento (La vita è bella e Train de vie), Jakob il bugiardo finisce penalizzato dal confronto. Pur partendo, infatti, dallo stesso presupposto (cioè che si possa parlare dell’Olocausto anche in modo divertente, esaltando le capacità salvifiche e illusionistiche della fantasia, vista come antidoto alla tragedia), la pellicola di Kassovitz non perviene agli stessi esiti di incisivo umorismo delle due opere citate. Ciò che soprattutto sembra mancare al film è la compattezza narrativa e la continuità di coinvolgimento emotivo, dal momento che l’idea centrale dell’espediente inventato da Jakob non riesce a diventare l’elemento catalizzatore dell’intera vicenda, che (secondo un’impostazione tipicamente hollywoodiana, legata all’esigenza di soddisfare i gusti di un pubblico vasto ed eterogeneo) si disperde in troppe storie parallele, che intersecano il fulcro centrale senza inserirsi in esso (è il caso della bambina fuggita dal treno e del dialogo con la moglie morta, inseriti nella sceneggiatura con evidente finalità strappalacrime).
Ma, soprattutto, Jakob il bugiardo non riesce a trovare un giusto equilibrio fra la dimensione realista (quella maggiormente legata alla verosimiglianza storica) e il registro grottesco e surreale (quello che funzionava meravigliosamente proprio in La vita è bella e Train de vie), che spesso finiscono per sovrapporsi annullandosi a vicenda.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia A) La Seconda Guerra Mondiale
B) Lo sterminio degli ebrei
C) L’occupazione tedesca della Polonia