Pummarò

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Michele Placido

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Michele Placido, Sandro Petraglia, Stefano Rulli

FOTOGRAFIA

Vilko Filac (colori)

MUSICA

Lucio Dalla, Mauro Malavisi

MONTAGGIO

Ruggero Mastroianni

INTERPRETI

Thywill A K Amenya, Pamela Villoresi

PRODUZIONE

Numero Uno Internapoli/Rai Due/Cineuropa 92

DURATA

100’

ORIGINE

Italia, 1990

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI

Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Individuo e società

 

TRAMA

Kwaku, un laureato del Ghana desideroso di andare a perfezionarsi in medicina nel Canadà, arriva in Italia per mettersi alla ricerca del fratello Giobbe, detto Pummarò, che lavora già da qualche anno nel casertano nella raccolta dei pomodori. Kwaku, però, non trova il fratello che, coinvolto in una rissa con il suo datore di lavoro, è fuggito a Roma. Ma nemmeno giunto nella capitale Kwaku incontra Giobbe, che nel frattempo si è trasferito a Verona. Approdato nella città veneta, Kwaku non rintraccia il fratello, ma riesce a trovare una sistemazione più stabile rispetto alle precedenti esperienze nella penisola: egli, infatti, viene assunto con un lavoro regolare in una fonderia e intreccia una relazione sentimentale con Eleonora, maestra volontaria degli extracomunitari. Quando, però, arriva da Francoforte una cartolina di Giobbè, decide di partire per la Germania.

 

TRACCIA TEMATICA

Pummarò è un viaggio attraverso il razzismo presente in Italia all’inizio degli anni Novanta, quando il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria, pur non avendo assunto ancora le dimensioni attuali, si andava diffondendo su vasta scala.

Lo sfruttamento degli immigrati da parte di datori di lavoro senza scrupoli (la raccolta dei pomodori in nero nel casertano) o di squallide figure di schiavisti della prostituzione (a Roma) è solo uno degli aspetti della mortificante condizione di oppressione e di disagio che l’extracomunitario vive in Italia. Ad esso si aggiunge anche il rifiuto xenofobo diffuso nella popolazione, che si manifesta in atteggiamenti di diffidenza e ostilità preconcetta (l’ex operaio metalmeccanico che Kwaku incontra al bar), se non di aperta violenza (l’aggressione subita da Kwaku ed Eleonora a Verona).

La figura di Eleonora e la sua storia d’amore con il giovane ghanese alludono ad una possibilità di incontro tra mondi diversi, oltre alla presenza nel nostro paese di una realtà di volontariato generosamente impegnata sul piano dell’assistenza nei confronti degli extracomunitari (ma spesso, sembra anche dirci il film, nella solitudine e nel disorientamento degli stranieri si rispecchia la difficile condizione esistenziale dei locali. Anche il professore che lo aiuta nel casertano si direbbe compensi attraverso il sostegno agli extracomunitari il fallimentare vuoto della propria vita).

Il finale è tragico ed amaro, ma nello scomparire di Kwaku e Nanù, che aspetta un figlio da Giobbe, tra l’anonima folla di Francoforte si intravede la speranza che possano ricostruirsi una vita migliore in Canadà con il gruzzolo lasciato loro da Pummarò (il continente americano come nuova Terra Promessa).

 

VALUTAZIONE CRITICA

Pummarò non solo è l’opera prima di Michele Placido, attore-regista che dietro la macchina da presa avrebbe offerto altre buone prove nel decennio che allora si apriva, ma è anche il primo film a soggetto di una certa rilevanza sul tema dell’immigrazione extracomunitaria nel nostro paese.

L’impegno civile del film costituisce già un merito non irrilevante, specie se consideriamo come all’inizio degli anni Novanta il nostro Cinema avesse ormai da tempo abbandonato le tematiche di più stringente e drammatica attualità (il Cinema politico degli anni Sessanta-Settanta era un ricordo del passato).

Aldilà di questa benemerenza di natura extrafilmica, la valutazione complessiva del film risulta moderatamente positiva. E’ vero che nuoce all’opera un’evidente tendenza all’eccesso (sia per quel che riguarda le troppe situazioni evocate, quasi a voler raccontare tutte le possibili varianti e implicazioni della condizione degli extracomunitari in Italia, sia per quel che riguarda il tenore forse troppo esagitato e melodrammatico di alcuni snodi narrativi), ma è altrettanto vero che il film riesce in quello che era il proprio intendimento principale: essere un efficace ed onesto veicolo d’informazione su un problema di scottante attualità. Inoltre, più che la storia in sé (piuttosto scontata nel suo evolversi), lasciano il segno alcuni squarci umani e ambientali all’insegna del degrado e della disperazione (pensiamo al centro di prima accoglienza di Caserta, ai loculi cimiteriali dove dormono gli immigrati, alle stamberghe e agli scompartimenti ferroviari che li ospitano a Roma).

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia             L’immigrazione nel Novecento

Diritto             La legislazione italiana sull’immigrazione extracomunitaria

Geografia        Il Ghana