Politico

Genere cinematografico più italiano ed europeo che americano, che pone al centro del proprio interesse temi di attualità politica o storici, ma in questo caso con marcata spendibilità e risonanza nel dibattito politico contemporaneo.

Quasi mai il Cinema politico (chiamato anche Cinema di impegno, politico o civile indifferentemente) è neutrale e nemmeno vuole esserlo, anzi esplicita con molta chiarezza la propria tesi, in alcuni casi si può parlare proprio di Cinema a tesi, la cui finalità è cioè quella di dimostrare una precisa posizione nel modo più chiaro e comprensibile possibile, con tanto di pericoli (sempre incombenti in questo caso) di didascalismo e semplificazione (vedi in proposito il Cinema del Realismo socialista e il Cinema di propaganda in generale). Strettamente collegato con il Cinema politico è il cosiddetto Cinema militante, in tutto simile al primo, se non fosse per il suo carattere prevalentemente documentarista, anziché di finzione, per una accentuata propensione propagandistica e soprattutto per il fatto che esso si muove al di fuori del circuito commerciale, indirizzandosi verso canali alternativi legati alle organizzazioni partitiche e politiche che hanno prodotto o commissionato il singolo film. Il Cinema militante ha conosciuto il suo periodo di maggior diffusione negli anni a cavallo del 1968, quando la Sinistra storica e quella extraparlamentare usarono con grande convinzione questo strumento, mai eccelso dal punto di vista qualitativo, ma a volte assai efficace nel comunicare idee e concetti spendibili nell'immediata urgenza politica.

Il Cinema politico propriamente detto, invece, privilegia il film di finzione, spesso giovandosi di grandi budget e attori e registi di fama e senza mai dimenticare la dimensione spettacolare. Anch'esso ha conosciuto una stagione felice in coincidenza con gli anni sessanta e settanta, anche se i suoi antecedenti sono rinvenibili nel movimento del Neorealismo e del Realismo poetico francese. Politicamente orientato a sinistra (per trovare un Cinema politico esplicitamente e consapevolmente orientato a destra bisogna rifarsi ai film di propaganda fascista e nazista degli anni trenta o a certi prodotti statunitensi ferocemente anticomunisti del periodo maccartista degli anni cinquanta, per non parlare di tanto Cinema Bellico, soprattutto in coincidenza con le guerre mondiali), il Cinema politico ha offerto il meglio di sé quando ha saputo coniugare la critica sociale e la polemica politica con una salda e vigorosa struttura narrativa e il peggio quando è diventato manierata ripetizione di stereotipi e facile schematismo.

Tra i migliori esempi di Cinema politico italiano ricordiamo Le mani sulla città (1963) e Il caso Mattei (1971), entrambi di F. Rosi, La battaglia di Algeri di G. Pontecorvo (1966), La Cina è vicina di M. Bellocchio (1967), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di E. Petri (1970), Trevico-Torino di E. Scola (1972), Maledetti vi amerò di M. T. Giordana (1980), Il caso Moro di G. Ferrara (1986), Lamerica di G. Amelio (1994), La seconda volta di M. Calopresti (1995).

In Francia il Cinema politico ha avuto negli anni sessanta e settanta in J. L. Godard uno dei massimi interpreti (vedi Nouvelle Vague). Godard è forse l'unico regista (ma non dimentichiamo Eisenstein e l'Avanguardia sovietica degli anni venti) che ha riflettuto sulla natura politica, non tanto del contenuto del film (cioè della storia narrata), quanto del suo linguaggio (cioè del modo con cui la storia viene narrata), pervenendo ad un Cinema che voleva essere rivoluzionario soprattutto a livello formale, sconvolgendo le normali modalità di percezione del prodotto filmico da parte dello spettatore. Da ricordare anche, sempre a proposito del Cinema transalpino, ma nell'alveo di una tradizionale convenzionalità espressiva, C. Costa Gavras con i suoi Z. L'orgia del potere (1969), La confessione (1970), Missing (1982) e Music Box (1989).

Per la Gran Bretagna un nome su tutti, quello di K. Loach, con Riff-Raff (1991), Piovono pietre (1993), Terra e Libertà (1995).

Negli Stati Uniti il Cinema politico ha vissuto il suo periodo d'oro in coincidenza con la stagione della New Hollywood degli anni settanta, dove è coinciso con una generale rivisitazione in chiave critica ed antiretorica della storia nazionale, tanto da poter dire che quasi tutti i film di quella corrente hanno, più o meno, un precisa valenza politica. Anche molte opere sul Vietnam del decennio successivo rientrano in questa categoria. Oggi il maggior regista politico americano è O. Stone, di cui ricordiamo Salvador (1986), Platoon (1986), Nato il quattro luglio (1989), JFK. Un caso ancora aperto (1991), Nixon. Gli intrighi del potere (1995).