TITOLO ORIGINALE | Idem |
REGIA |
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SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Renzo Martinelli, Pietro Calderoni |
FOTOGRAFIA |
Blasco Giurato (colori) |
MUSICA |
Francesco Sartori |
MONTAGGIO |
Massimo Quaglia |
INTERPRETI |
Michel Serrault, Daniel Auteuil, Laura Morante, Jorge Perugorria, Leo Gullotta, Philippe Leroy |
PRODUZIONE |
Martinelli Film Company International |
DURATA |
116’ |
ORIGINE |
Italia, 2001 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE | Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Momenti di un secolo italiano Novecento/Cinema e Storia |
All’inizio degli anni Sessanta nella valle del Vajont nel bellunese si sta ultimando un’imponente diga (sarà la più alta del mondo). La giornalista dell’Unità Tina Merlin, convinta che essa comporti gravi rischi per gli abitanti del luogo a causa dell’instabilità geologica del monte su cui il manufatto poggia, conduce una tenace campagna d’informazione scontrandosi con i poteri forti che sperano di ricavare grandi profitti dalla diga. Anche tra alcuni dei responsabili dell’opera comincia a serpeggiare qualche dubbio sulle possibilità di tenuta dell’ardita costruzione, ma ben presto viene tacitato da un gioco di intrighi, complicità politiche, palleggiamenti e silenzi. La notte del 9 ottobre 1963, dopo una serie di preannunci, un’enorme frana piomba sul lago artificiale della diga, sollevando una tremenda ondata che travolge le popolazioni sottostanti. Alla fine si conteranno oltre 2000 morti.
L’intento che anima il film è la denuncia delle gravi (e diffuse) responsabilità umane che stanno alla base della tragedia del Vajont (la più grande, per numero di vittime, dell’Italia repubblicana. La maggiore catastrofe del periodo postunitario fu il terremoto di Messina del 1908) e della sostanziale impunità garantita ai colpevoli nei procedimenti giudiziari che seguirono negli anni successivi. Una vasta schiera di tecnici, ingegneri, geologi, ma anche, amministratori locali, politici, finanzieri, ministri (qualcuno ha mosso al film l’accusa di non aver fatto nomi e cognomi di quest’ultimi) aveva sospetti, se non proprio certezze, sui pericoli insiti nella costruzione della diga, ma non esplicitò come avrebbe dovuto i propri dubbi o addirittura rimase in silenzio (un impasto di errori di valutazione, di interessi economici e di intrallazzi politici che purtroppo sarà causa anche di successivi disastri che hanno funestato il nostro paese)
A questo sciagurato panorama umano si contrappone l’indomita figura dell’inascoltata giornalista Merlin, con il suo esempio di inesausto impegno civile, e la gente del posto, ritratta con attenzione alla dimensione antropologica di popolazione contadina che si affaccia ai miraggi del consumismo e del benessere (struggente in questo senso la figura del geometra Olmo, ingenuamente convinto dei benefici del progresso).
Vajont è sicuramente un film di impegno civile, che organizza la ricostruzione degli eventi in base ad una precisa finalità di denuncia, ma vuole anche proporsi come un prodotto commerciale, in grado di soddisfare i gusti del grande pubblico. Di qui il significativo investimento produttivo (17 miliardi di lire) ed un’impostazione narrativa orientata verso il modello del genere catastrofico statunitense, incentrato su di una struttura a raggiera, cioè con tante storie (pubbliche e private, eccezionali e quotidiane, drammatiche e banali, ecc..) che procedono autonomamente l’una dall’altra per poi convergere nella tragedia finale.
Ne consegue una pluralità di riferimenti e suggestioni (il giallo, il thriller, il sentimental-lirico, il folcloristico, l’inchiesta giornalistica di stampo documentarista) che non sempre riescono ad amalgamarsi in modo convincente. Accade così che Vajont a momenti piuttosto stereotipati nel segno di una scontatezza di stampo televisivo (la storia d’amore tra Olmo e Lucilla e il pianto del primo sulla tomba della seconda molti anni dopo, i successi canori d’epoca e lo scenario del piccolo paesino di montagna anni Cinquanta, il crocifisso che solca le acque) alterna sequenze di grande impatto visivo (il funereo pranzo dei tecnici sulla diga, la valanga d’acqua che precipita sulla valle, il paesaggio desolato dopo la tragedia).
Storia A) L’Italia alla fine degli anni Cinquanta
B) Le vicende processuali del caso Vajont
C) La figura della giornalista Tina Merlin
Geografia Il territorio del Vajont
Tecniche della costruzione La diga