TITOLO ORIGINALE | K 19: The Widowmaker |
REGIA | Kathryn Bigelow |
SOGGETTO |
Louis Nowra |
SCENEGGIATURA |
Christopher Kyle |
FOTOGRAFIA |
Jeff Cronenweth (colori) |
MUSICA |
Klaus Badelt, Geoff Zanelli |
MONTAGGIO |
Walter Murch |
INTERPRETI |
Harrison Ford, Liam Neeson |
PRODUZIONE |
Kathryn Bigelow per New Regency Pictures/Palomar Productions/First Light Production/Imf Internationale Medien und Film GmbH & Co. 2. Produktions Kg/Intermedia Film Equities Ltd./National Geographic Society |
DURATA |
138’ |
ORIGINE |
Stati Uniti-Germania-Gran Bretagna, 2002 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Guerra fredda, terrore nucleare, Maccartismo Novecento, Cinema e storia |
TRAMA
1961. In piena Guerra Fredda il sottomarino nucleare sovietico K-19 parte per il polo con il compito di lanciare nello spazio un missile atomico in grado di far capire agli americani che la loro supremazia militare è messa in questione dal riarmo russo. La missione è compiuta con successo, ma sulla via del ritorno il sottomarino accusa un grave guasto al reattore nucleare proprio vicino alle coste degli Stati Uniti. A questo punto i comandanti del mezzo militare devono decidere se rischiare lo scoppio della Terza Guerra Mondiale o chiedere l’aiuto degli americani.
TRACCIA TEMATICA
In più d’una occasione nel corso della Guerra Fredda (1947-1989) l’umanità è stata sull’orlo del conflitto nucleare, a volte con eventi che hanno tenuto il mondo con il fiato sospeso (come la crisi dei missili a Cuba. Vedi in proposito Thirteen Days), a volte con accadimenti, come quelli raccontati da questo film, tenuti rigorosamente nascosti e conosciuti solo con la fine dell’Unione Sovietica e la pubblicazione dei suoi archivi segreti.
K-19 denuncia l’irresponsabilità delle alte gerarchie militari sovietiche, che pur di fronteggiare la superiorità nucleare statunitense non esitano a consegnare le sorti dell’equipaggio e del mondo stesso ad un sommergibile tecnologicamente malandato, la cui inaffidabilità è ben espressa dal soprannome che gli è stato affibbiato (widowmaker, cioè fabbricante di vedove).
Ma ciò che soprattutto al film preme evidenziare è il comportamento eroico dell’equipaggio che si sacrifica per evitare un’immane catastrofe. I marinai semplici e gli ufficiali (aldilà delle loro differenze e dei loro contrasti) affrontano con coraggio una prova che porterà quasi tutti a morte sicura (anche chi esita e si fa prendere da una comprensibile paura alla fine saprà riabilitarsi).
Essi sono sicuramente migliori di coloro che li hanno mandati allo sbaraglio in nome di una discutibile ragione di Stato, e i cui rappresentanti nel sottomarino (i commissari politici del partito) si rivelano pronti persino all’ammutinamento pur di salvare la propria vita. Il sentimento patriottico (inteso come fedeltà al giuramento prestato e forte senso del dovere), più che il messaggio pacifista, alla fine trionfa su ogni altra considerazione e il finale ambientato molti anni dopo nel freddo di un cimitero moscovita suggella la solidità dell’amicizia virile e dello spirito di gruppo che ha sostenuto l’equipaggio del K-19.
VALUTAZIONE CRITICA
L’originalità principale di un film come K-19 va ricercata nel fatto essere forse la prima pellicola hollywoodiana in cui domina il punto di vista del Nemico per eccellenza, la Russia comunista antagonista dell’Unione Sovietica durante gli anni della Guerra Fredda. Quelle dinamiche psicologiche e quei conflitti interpersonali che hanno innervato tanto cinema bellico americano (e quindi con protagonisti americani) vengono qui trasferiti ai sovietici (e va detto che Harrison Ford nel ruolo di un ufficiale russo risulta per lo meno improbabile). Basti pensare alla contrapposizione tra il ragionevole Polenin e il rigido Vostrikov, che richiama ad una nutrita filmografia che ha nel Gli ammutinati del Bounty il paradigma più significativo. Sembra, tuttavia, che il pubblico americano non abbia particolarmente gradito questo trasferimento dall’altra parte della barricata dei suoi beniamini cinematografici, punendo il film al botteghino.
Per il resto la Bigelow si dimostra, come sempre, a proprio agio con l’action-movie ad alta tensione e rigorosamente al maschile, offrendoci momenti di incalzante e vibrante tensione narrativa compressa nel claustrofobico spazio del sommergibile, senza rinunciare ad efficaci squarci di lirismo (la sequenza sui ghiacci dell’Artico). Meno riuscita, invece, la delineazione della personalità dei personaggi, troppo debitrice dello stereotipo e del déja-vu. Poco convincente poi la protesi finale con gli attori invecchiati (espediente questo che al cinema sfiora sempre il ridicolo), a dimostrazione che chi sa ben padroneggiare la dimensione della narrazione a forti tinte drammatiche può scivolare sulla retorica.
Storia A) La Guerra Fredda
B) La fine dell’URSS
Scienze Energia nucleari e sue applicazioni militari e civili