Il brigante di Tacca del Lupo
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Pietro Germi |
SOGGETTO |
Dal racconto di Riccardo Bacchelli |
SCENEGGIATURA |
Federico Fellini, Tullio Pinelli, Pietro Germi |
FOTOGRAFIA |
Leonida Barboni (bianconero) |
MONTAGGIO |
Rolando Benedetti |
INTERPRETI |
Amedeo Nazzari, Saro Urzì, Cosetta Greco |
PRODUZIONE |
Luigi Rovere per Cines, Lux, Rovere Film |
DURATA |
97’ |
ORIGINE |
Italia, 1952 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Biennio-Triennio |
PERCORSI |
Risorgimento Ottocento/Cinema e storia |
TRAMA
Lucania, 1863. Subito dopo l’unità d’Italia il mezzogiorno è afflitto dal diffondersi del brigantaggio. Il brigante Raffa Raffa imperversa nelle desolate terre attorno a Melfi. Il capitano Giordani al comando di un battaglione regio dell’appena costituito esercito italiano si mette sulle sue tracce. Scovare il bandito, però, non è facile, protetto com’è dal silenzio della popolazione locale e dalle asperità di un territorio inospitale e montuoso. Il capitano confida nell’efficacia dei suoi metodi, basati sulla convinzione che sia necessario incutere timore e rispetto nei confronti del governo legittimo nelle genti del posto. Sarà, tuttavia, la profonda conoscenza della mentalità degli abitanti di un exfunzionario borbonico a risolvere la situazione.
Il film rappresenta una delle prime riscritture cinematografiche del fenomeno del brigantaggio nell’Italia postunitaria, argomento che sino a quel momento era stato praticamente ignorato, non solo dal cinema, ma anche dalla manualistica scolastica e dalla storiografia ufficiale, per anni impegnate a veicolare un’immagine epico-eroica del Risorgimento.
Più legato, invece, alla sua sensibilità morale e poetica l’accento populista con cui il regista delinea l’ingenua umanità dei soldati neoitaliani dai tanti dialetti diversi (sono anch’essi dei contadini umili coinvolti contro la loro volontà in una guerra tra poveri), che appena possono solidarizzano e fraternizzano con la popolazione locale (il festoso ballo finale sembra evocare e rimpiangere nel contempo quello che il risorgimento avrebbe potuto essere e non è stato). Mentre severo è il giudizio nei confronti dei notabili locali, che discutono di politica nel caffé della piazza. Tra i rappresentanti della borghesia indigena sembra salvarsi soltanto il commissario Siceli (antieroe di solido buonsenso), che contrappone il proprio scaltro pragmatismo al freddo patriottismo del capitano Giordani.
Il brigante di Tacca del Lupo
sembrò aprire le porte del Cinema italiano ad un nuovo genere, il cosiddetto
Southern (termine usato per analogia con il
Western), che
avrebbe dovuto rivisitare gli eventi storici che portarono all’unificazione del
nostro meridione con il resto dell’Italia con una forte accentuazione
dell’elemento avventuroso-romanzesco (il meridione come una specie di
frontiera in cui si incontrano e scontrano due civiltà diverse e lontane nel
momento della costruzione di un nuovo Stato). Questo parallelismo con il
genere per eccellenza del cinema americano appare evidente nel film di
Germi: i briganti sono i pellirosse, i piemontesi i nordisti, l’Aspromonte i
canyon dell’Arizona, e poi ci sono i massacri alla fattoria, le fumate sui
monti, l’arrivano i nostri finale. Il regista ricrea con grande
maestria sul suolo nostrano questa epopea appresa anni prima attraverso i film
di John Ford, mostrando una solidità narrativa e un senso del ritmo e
dell’azione, degna del maestro cui apertamente si ispira.
E’ con una certa amarezza che si deve constatare come la strada aperta da
Germi non venne seguita da altri negli anni a venire e come il nostro meridione
entrerà negli schermi quasi esclusivamente per ragioni di mafia e di
arretratezza culturale e civile (e sarà lo stesso Germi a dare un contributo in
questo senso).
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia A. Il brigantaggio
B. Il Risorgimento italiano
C. La questione meridionale nella storia d’Italia
Italiano Confronto tra il film e la novella di R. Bacchelli