Sette giorni a maggio
TITOLO ORIGINALE |
Seven Days in May |
REGIA |
John Frankenheimer |
SOGGETTO |
Dal romanzo omonimo di Fletcher Knebel e Charles W. Bailey |
SCENEGGIATURA |
Rod Serling |
FOTOGRAFIA |
Ellesworts Fredricks (bianconero) |
MONTAGGIO |
Ferris Webster |
INTERPRETI |
Burt Lancaster, Kirk Douglas, Fredric March, Ava Gardner, Martin Balsam |
PRODUZIONE |
John Frankenheimer/Ioel Productions/Seven Arts |
DURATA |
120’ |
ORIGINE |
Stati Uniti, 1964 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Classe quinta |
PERCORSI |
Guerra fredda, terrore nucleare, maccartismo Novecento/Cinema e Storia |
Negli Stati uniti degli anni Sessanta la politica di distensione fra USA e URSS non convince alcuni generali guerrafondai, che decidono di ordire un complotto contro il presidente della repubblica per bloccare un imminente accordo sul disarmo. La congiura viene, però, scoperta e il presidente della repubblica costringe gli ufficiali ammutinati alle dimissioni.
Pur attraverso il genere della fantapolitica, il film rispecchia le reali tensioni politiche create negli USA dagli sviluppi della politica di distensione con l’URSS avviata dal Presidente John Kennedy (che all’epoca della lavorazione della pellicola era stato ucciso da appena un anno). L’accordo con la superpotenza rivale era avvertito da settori non marginali delle forze armate americane con una resa al nemico e come tale veniva apertamente osteggiato.
Per quel che se ne sa non ci furono mai tentativi di colpi di Stato come quello evocato dal film, ma l’impegno di Sette giorni a maggio è comunque di sostenere la politica di disarmo del governo e di mettere in guardia l’opinione pubblica sui pericoli che la democrazia americana correva a causa dell’ostinata opposizione di potenti lobby annidate nell’amministrazione.
Un film, quindi, di chiara lettura ideologica: la pace e la coesistenza pacifica vanno difesi , non foss’altro perché non ci sono alternative, ma ciò che soprattutto va salvaguardato è il valore supremo della democrazia, che si esprime attraverso la delega della sovranità popolare al presidente della repubblica.
L’aspetto storicamente più significativo (e inquietante ) del film è come in quegli anni ci fosse così bisogno di ricordarlo ai cittadini statunitensi.
Tipico e riuscito esempio di thriller politico con tutti gli ingredienti giusti: ritmo incalzante con tanto di suspense, narrazione vigorosa, ottimo tratteggio psicologico dei personaggi (anche di quelli minori), notevoli prove recitative. Negli USA la denuncia politica deve necessariamente passare attraverso i meccanismi della spettacolarizzazione e le regole del Cinema di genere (altrimenti il grande pubblico non apprezzerebbe). La solida professionalità della regia, l’abilità degli sceneggiatori (forse giova ricordare come lo sceneggiatore Rod Serling ha scritto molti episodi della serie “Ai confini della realtà”), la bravura degli attori e l’ottima fotografia in bianconero supportano egregiamente il progetto.
Nuoce in parte un certo eccesso di verbalismo e di teatralità (alcuni dialoghi sono forse un po’troppo lunghi), ma nonostante gli anni trascorsi la pellicola dimostra di avere retto molto bene e di riuscire ancora ad avvincere ed appassionare molto più di prodotti cinematografici recenti.
Storia La Guerra fredda
Diritto La Costituzione degli Stati Uniti