The Snapper

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Stephen Frears

SOGGETTO E SCENEGGIATURA Roddy Doyle dal suo romanzo omonimo

FOTOGRAFIA

Oliver Stapleton (colori)

MONTAGGIO

Mick Audsley

MUSICA

Kieran Horgan

INTERPRETI

Tina Kellegher, Colm Meaney, Ruth McCabe

PRODUZIONE

Ian Hopkins, Mark Shivas e Linda Myles per la Bbc Films

DURATA

90’

ORIGINE

Gran Bretagna, 1993

REPERIBILITA’

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 

TRAMA

Sharon è la maggiore delle femmine dei sei figli della famiglia Curley. Suo padre Dessie fa l’imbianchino e passa tutto il tempo libero al pub con gli amici, come si usa nel quartiere popolare dove la famiglia risiede. Un giorno Sharon rivela ai genitori di essere in cinta rifiutandosi di fare il nome del padre del bambino. Dessie affronta con coraggio e buon senso la situazione, ma tutto sembra complicarsi quando si scopre l’identità dell’uomo che ha messo in cinta la figlia. Si tratta del maturo signor Burgess, suo vicino di casa e amico, più anziano di lui e sposato, che tempo prima ha approfittato dello stato di ubriachezza di Sharon. Quando Burgess, preso da sincero senso di colpa e intenzionato a riparare, lascia la moglie per mettersi con Sharon, nel quartiere scoppia lo scandalo e la vita per la famiglia Curley diventa impossibile. Proprio quando Sharon disperata per il linciaggio morale cui è sottoposta vorrebbe lasciare la famiglia, si ricompone la solidarietà padre-figlia e Dissie accompagna trafelato e felice Sharon a partorire.

 

TRACCIA TEMATICA

Al centro del film è posto il rapporto tra il padre Dessie e la figlia Sharon, per molti versi anomalo, a cominciare dalla sostanziale serenità con cui il primo affronta la gravidanza della seconda, senza far drammi e colpevolizzare la ragazza, cercando di starle vicino. Dessie non è un eroe, persona semplice e priva di cultura, vittima come tutti i suoi simili di tanti pregiudizi e condizionamenti (non a caso entra in crisi quando conosce l’identità del padre ed è vittima delle insinuazione degli amici del pub), fatica ad accettare la realtà, ma finisce per giganteggiare moralmente in un microcosmo (quello del quartiere proletario dove abita) segnato dalla meschinità e dalla ristrettezza mentale. Gli orizzonti di questa comunità alla periferia di Dublino risultano veramente angusti, delimitati come sono dal pub, la discoteca e la maldicenza.

La famiglia di Sharon, pur così chiassosa, litigiosa, invivibile, teledipendente, costretta in spazi ridotti dove tutto e tutti sono sempre a ridosso di qualcuno o qualcosa, perde ogni connotazione di soffocante oppressività (tipica di tanto Cinema anglosassone, a cominciare da quel Free Cinema inglese cui Frears si è formato) per diventare un luogo di solidarietà e conforto, un rifugio sicuro circondato da un mondo spietato.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Si può proporre come chiave di lettura del film la categoria della claustrofilia (l’attrazione per luoghi di anguste dimensioni), che si impone sia sul piano del contenuto, sia sul piano stilistico. I luoghi chiusi, casa e pub, sono gli spazi adibiti alla socializzazione ed ai rapporti umani, per quanto bruschi e conflittuali possano essere, mentre gli esterni accolgono i personaggi nei loro momenti di crisi e disperata solitudine (pensiamo all’amplesso, quasi stupro, subito da Sharon nel parcheggio, alla sua corsa a casa dopo l’incontro con la figlia di Burgess, al disperato vagare di quest’ultimo per la città). La macchina da presa, da parte sua, stringe negli interni i personaggi in piani ravvicinati, quasi a volerli accostare maggiormente allo spettatore, perché ne possa condividere ancora di più le vicissitudini.

Nonostante la dimensione indubbiamente seria della storia, Frears la gestisce come una commedia, cioè con ironia e bonarietà, smussando ogni sporgenza troppo angolosa (lo stesso signor Burgess, più che antipatia suscita pena) e decomprimendo ogni urgenza drammatica con una qualche battuta divertente che sgonfia la tensione.