La pazzia di re Giorgio

TITOLO ORIGINALE

The madness of King George

REGIA

Nicholas Hytner

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Alan Bennet dal suo lavoro teatrale The madness of King George III

FOTOGRAFIA

Andrew Dunn (colore)

MUSICA

George Fenton

MONTAGGIO

Tariq Anwar

INTERPRETI

Nigel Hawthorne, Helen Mirren, Rupert Everett, Ian Holm

PRODUZIONE

David Parfitt

DURATA

109'

ORIGINE

Gran Bretagna, 1995

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Triennio

PERCORSI

Settecento

Cinema e Storia

 

TRAMA

Inghilterra, 1788. Il re Giorgio III comincia a dare chiari segni di squilibrio mentale. Il figlio maggiore, Principe di Galles, trama per essere nominato reggente. Il cancelliere Pitt, consapevole che la destituzione del sovrano implicherebbe la sua caduta in disgrazia, assolda uno sconosciuto guaritore di campagna col compito di guarire il re. Quando sta per essere votata dal Parlamento la sua destituzione, il monarca migliora sino al punto di presentarsi di fronte ai deputati in stato di riacquistata lucidità mentale. I Pari del regno lo acclamano e il Principe di Galles ritorna con la coda fra le gambe a ricoprire il suo ruolo di erede all'ombra del padre.

 

TRACCIA TEMATICA

Quali sono le ragioni precise che scatenano l'impazzimento del sovrano? La perdita delle colonie d'America o la diminuzione di potere a favore della Camera dei Lord o l'inettitudine del debosciato Principe di Galles, desideroso che il padre muoia per prenderne il posto? Chissà, forse tutto ciò o niente di questo.

Il film sembra, invece, reinterpretare a modo suo l'episodio storico suggerendo l'idea che re Giorgio voglia liberarsi delle responsabilità annesse ai suoi doveri di sovrano e degli innumerevoli obblighi di etichetta e di cerimoniale che ne scandiscono la giornata, obbligandolo a soffocare il suo estroverso temperamento. In altre parole il monarca esprime con la follia l'insofferenza nei confronti dell'ipocrisia e del forzato autocontrollo cui il suo ruolo lo obbliga. E questo finisce per renderlo l'eroe positivo del film, il dissacratore irridente di un ambiente di corte dominato da una sin troppo lucida e cinica freddezza calcolatrice orientata esclusivamente al mantenimento e alla conquista di posizioni di potere e di privilegio. Una fauna umana (se si esclude l'affettuosa e amorevole regina Carlotta e l'ingenuo capitano Greville) assolutamente incapace di esprimere il minimo barlume di umanità e moralmente corrotta, la cui frequentazione (come giustamente dice il re) farebbe impazzire ogni persona dabbene.

La pazzia di re Giorgio è, insomma, una riflessione sul potenziale liberatorio della follia (le tante verità pronunciate dal sovrano nel suo delirio mentale) e sull' autorepressione inibitoria della propria autentica personalità che s'accompagna alla gestione del potere (dove il sembrare deve prevalere sull'essere).

 

VALUTAZIONE CRITICA

Hytner si muove tra due estremi stilistici in connessione con il contenuto. Fastosamente accurato, illustrativo e teatrale, nella rappresentazione dei cerimoniali della monarchia e prevalentemente disteso e controllato nel ritmo quando ci si muove all'interno dell'ufficialità e degli intrighi di palazzo (cioè di quella che era la norma nella vita di corte), il film diventa convulso e irrefrenabile (montaggio nervoso, inquadrature eccentriche, grandangoli deformanti, carrelli veloci e spasmodici) quando ci mostra le incontenibili evoluzioni fisiche e verbali del sovrano impazzito. Un dualismo che si riversa anche sul piano degli ambienti, dove gli interni cupi e claustrofobici fanno da sfondo alle trame subdole dei cortigiani e dei politici o sono i fondali di una prigione da cui re Giorgio brama di fuggire, mentre gli esterni soleggiati ed erbosi diventano lo spazio verso cui si protende questa ansia di fuga.

Ben recitato da bravi attori teatrali (gli stessi che hanno portato la commedia sul palcoscenico) e ben servito da una sceneggiatura che mescola con intelligenza battute altisonanti e solenni con il gusto (tutto britannico) per l'ironia e l'umorismo, La pazzia di re Giorgio costituisce, per quel tanto di antiaccademico e anticonvenzionale riesce ad offrire, una novità nel panorama sempre un po' troppo ingessato e calligrafico del cinema storico britannico.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia              A) L'Impero britannico alla fine del XVIII secolo.

                        B) La figura di Giorgio III d'Inghilterra.

Lingua straniera: inglese             Re Lear di W. Shakespeare.