L’uovo del serpente

TITOLO ORIGINALE Das Schalangenei-The Serpent’s Egg

REGIA

Ingmar Bergman

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Ingmar Bergman

FOTOGRAFIA

Sven Nykvist (colori)

MUSICA

Rolf Wilhelm

MONTAGGIO

Petra von Oelffen

INTERPRETI

Liv Ulmann, David Carradine, Gert Frobe

PRODUZIONE

Rialto Film (Berlino), Dino De Laurentiis Corp. (Los Angeles)

DURATA

120’

ORIGINE

USA/Germania Federale, 1978

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI

Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

 
TRAMA

Berlino, novembre 1923. la Germania è sprofondata in una tremenda crisi economica e sociale sul cui sfondo affiorano le prime manifestazioni di antisemitismo e di nazismo. Abel, un ebreo lettone spiantato e disoccupato, che ha perso il posto nel circo dove lavorava come trapezista, vive a Berlino da qualche mese dopo il suicidio del fratello Max. La polizia sospetta che possa essere lui l’assassino di una serie di persone ammazzate nel quartiere dove abita.  Manuela, la vedova di Max, ospita nel suo appartamento Abel, che innamoratosi della cognata inizia ad esserne geloso tanto da pedinarla e costringerla a confessare di lavorare in un bordello e di avere avuto una relazione con Vergérus, un inquietante medico che lavora presso la clinica S. Anna. E’ in questo ospedale che Abel e Manuela trovano un lavoro e un’abitazione.  Addentrandosi nei sotterranei dell’edificio, Abel scopre il laboratorio del dottor Vergérus ed una tremenda verità.

 
TRACCIA TEMATICA

Mancano dieci anni all’avvento del nazismo al potere, tuttavia le pulsioni perverse da cui esso scaturirà affiorano minacciose nella disastrata e confusa Germania del primo dopoguerra. L’antisemitismo alimenta la violenza contro gli ebrei, le forze dell’ordine sembrano tollerare i pestaggi delle bande paramilitari e, soprattutto, il farneticante dottor Vergérus pratica folli esperimenti in nome della creazione di una razza superumana liberata da ogni impurità. Violenza, odio razziale, controllo totale sulla vita privata delle persone, criminali teorie pseudoscientifiche: alcuni degli ingredienti fondamentali del nazismo stanno incubando (di qui il riferimento all’uovo del serpente) sullo sfondo di una società che mostra i segni della dissoluzione. Non inganni il fallimento del tentativo eversivo delle ancora sparute schiere nazionalsocialiste (che induce il commissario Bauer a sopravvalutare le risorse di uno Stato democratico che proprio ora ha iniziato il proprio irreversibile declino), il germe maligno da esse iniettato darà i suoi frutti tra meno di un decennio: chissà tra quante persone che formano quella folla triste su cui si apre il film ne sono già portatori sani?  

A Bergman non interessa tanto indagare le origini socio-economiche e politiche del nazismo, quanto esplorare il torbido sottofondo di disgregazione morale e desolazione umana che costituì il materiale psicologico e mentale che lo nutrì. 

 

VALUTAZIONE CRITICA

L’uovo del serpente è certamente un film anomalo nella filmografia del grande regista svedese, che prima di quel momento si era sempre misurato con temi di tutt’altro genere. Va ricordato come questa pellicola nasca dalla concomitanza fra il volontario esilio dalla sua Svezia e l’incontro con il produttore De Laurentiis, che gli mise a disposizione un considerevole budget in modo da garantire un prodotto sufficientemente commerciale da imporsi presso il grande pubblico mondiale. Bisogna altresì ricordare che, per quanto impegnato su corde lontane dalla sua idea di Cinema, Bergman entra con questo a film a contatto, seppur indirettamente, con un momento importante della sua biografia, quando ancora adolescente trascorse qualche anno in Germania simpatizzando per il regime nazista. Una volta rinnegata in età adulta questa fugace esperienza, il regista ha forse avvertito il bisogno di toccare in chiave fortemente critica questo argomento.

All’insuccesso di pubblico seguirono le valutazioni negative della critica, poco propensa ad accettare un Bergman così inedito. Non si perdonarono al film una certa confusione e approssimazione nell’ analisi storico-sociale, qualche lungaggine di troppo ed una ricerca un po’ gratuita di effetti (pensiamo alla sequenza del bordello e del suicidio finale del dottor Vergérus), ma più in particolare l’avere sacrificato la solidità della struttura narrativa (piuttosto sfilacciata e frammentaria) alla ricerca di un’ atmosfera cupa ed opprimente, costruita da tinte scure ed interni claustrofobici. Si direbbe che la dimensione fortemente simbolica ed allusiva (che comunque del film resta la cosa migliore) prevalga su tutto il resto penalizzandolo.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia                                 A) La Germania all’inizio degli anni Venti

                                           B) Genesi e avvento del nazismo