Paradise Now
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Hany Abu-Assad |
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Bero Beyer, Hany Abu-Assad |
FOTOGRAFIA |
Antoine Hèberlé (colori) |
MONTAGGIO |
Sander Vos |
INTERPRETI |
Kais Nashef, Alì Suleiman, Lubna Azabal, Amer Hlehel |
PRODUZIONE |
Augustus Film, Razor Film, Lumen Film |
DURATA |
90’ |
ORIGINE |
Francia-Germania-Olanda, 2005 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Classe quinta |
PERCORSI |
Questione arabo-israeliana Novecento-Cinema e storia |
Territori palestinesi occupati. Khaled e Said, due giovani palestinesi, si apprestano a compiere un attentato come kamikaze a Tel Aviv in Israele. Una volta giunti sul luogo dell’attentato qualcosa non funziona e i due amici si trovano isolati in un paese straniero senza saper bene cosa fare. A questo punto Khaled cambia idea e decide di non rinunciare più alla vita, mentre Said sembra rimanere fedele al suo proposito iniziale.
Paradise Now è il primo film completamente incentrato sulla figura del martire mussulmano (il cosiddetto kamikaze), di cui molto si parla, ma poco si sa. E il film di Abu-Assad ci introduce proprio nella vita quotidiana e nella più riposta dimensione psicologica di questa figura di combattente, dai rapporti in famiglia sino al cerimoniale che precede l’azione suicida.
Emergono così i tratti più squisitamente umani di questi martiri (per noi figure più astratte che reali), con le loro paure, i loro dubbi, i loro ripensamenti e alla fine (almeno per Khaled) il rifiuto di morire. Ci troviamo di fronte non certo a dei superuomini determinati senza tentennamenti al sacrificio, ma a dei poveri giovani attanagliati in un meccanismo (auto)distruttivo che sembrano subire più che accettare (per Said si tratta addirittura di un doppio obbligo, aggiungendosi al dovere politico-religioso la necessità di riabilitare la memoria del padre collaborazionista).
Suha rappresenta, invece, la polarità positiva del film: figlia di un eroe della resistenza palestinese pre-fondamentalismo islamico, simboleggia l’alternativa laica e razionale alla deriva terroristica.
Paradise Now si presenta forte di un marcato impatto realista, quasi ai limiti del documentarismo, per il fatto di essere girato direttamente nei luoghi reali del conflitto, utilizzando attori palestinesi assolutamente sconosciuti in occidente (se si esclude Lubna Azabal nel ruolo di Suha). Ci troviamo così immersi nei poveri quartieri delle città della Palestina occupata con la loro povertà e la loro brulicante umanità.
Lo stile sobrio ed essenziale della regia conferisce alla vicenda una tonalità di asciutto sintetismo, per cui bastano pochi tratti e stralci di dialogo perchè lo spettatore possa calarsi nella vicenda ed esserne coinvolto (pensiamo solo all’inizio del film che con la sequenza del posto di blocco che ci immerge immediatamente nell’atmosfera di controlli polizieschi in cui si vive oggi nella Palestina occupata o alla scena finale, che ci mostra Said su un autobus in Israele pochi istanti prima che si compia il suo suicidio-attentato). Notevole, poi, l’effetto suspense (quasi da thriller) che scaturisce dalla lunga sequenza di Khaled che cerca disperatamente l’amico Said.
Paradise Now è un film che con pochi mezzi e senza prendere un’esplicita posizione ci parla di una delle più grandi tragedie nel nostro mondo e lo fa con ammirevole equilibrio, intelligenza e maturità.
Storia a) Il conflitto arabo-israeliano
b) La questione palestinese
c) Il terrorismo islamico
Geografia I territori arabi occupati da Israele
Religione Il fondamentalismo islamico