Ogni cosa è illuminata
TITOLO ORIGINALE |
Everything is Illuminated |
REGIA |
Liev Schreiber |
SOGGETTO |
Jonathan Safran Foer dal suo romanzo |
SCENEGGIATURA |
Liev Schreiber |
FOTOGRAFIA |
Matthew Libatique (colori) |
MONTAGGIO |
Andrew Marcus, Craig McKay |
MUSICA |
Paul Cantelon |
INTERPRETI |
Elijah Wood, Eugene Hutz, Larissa Lauret |
PRODUZIONE |
Warner Indipendent Pictures, Telegraph Films, Stillking Films |
DURATA |
102’ |
ORIGINE |
Stati Uniti, 2005 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Olocausto Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica |
Alex, un ragazzo americano d’origine ebraica, decide di partire per l’Ucraina per cercare l’uomo che sessant’anni prima ha salvato la vita a suo nonno durante una strage di ebrei compiuta dai nazisti nell’allora territorio sovietico.
Ogni cosa è illuminata intende sottolineare il fondamentale valore della memoria (specie se tragicamente dolorosa come quella dell’Olocausto) e della sua conservazione in opposizione ad ogni oblio e rimozione. E questo vitale rapporto con il proprio passato acquista ancor più importanza se le vicende della Storia e delle singole esistenze hanno scavato un profondo baratro tra il tempo che ci sta alle spalle e il nostro presente (come è il caso del giovane Jonathan, che, tuttavia, nella sua mania collezionistica di raccogliere oggetti di ogni tipo sembra avere, più o meno inconsciamente, introiettato l’importanza della memoria che le cose racchiudono in sé).
Quello di Jonathan (e questo vale non solo per lui, se pensiamo al personaggio del nonno) diventa anche un viaggio alla ricerca delle proprie radici e quindi di una più precisa identità in un contesto, come quello degli Stati Uniti, dominato dalla mescolanza di tante tradizioni ed etnie.
Ma il film sembra suggerire anche un’altra verità: la ricerca stessa (qui ben metaforizzata dal tipico luogo narrativo del viaggio), per quel tanto che comporta di sovvertimento delle nostre abitudini e certezze e nel suo imporci il contatto con mondi e umanità tanto distanti dalle nostre, può rivelarsi un percorso di arricchimento personale intessuto di preziose conoscenze e fondamentali acquisizioni.
Il film dell’esordiente Schreiber attraversa in modo efficace e convincente più generi. Il road-movie, tipico prodotto della cultura cinematografica americana (Jonathan compie addirittura un viaggio nel viaggio, inserendo nello spostamento Stati Uniti-Ucraina un ulteriore e decisivo tour all’interno del territorio ex-sovietico), attraverso il quale si esprime quasi sempre un percorso di crescita e maturazione dall’evidente sapore iniziatico; la commedia dei caratteri incentrata sull’incontro-scontro tra personalità assai differenti, che dopo un’iniziale diffidenza e antipatia si apprezzano e stimano a vicenda, e vivacizzata da dialoghi brillanti e gustosi; il giallo, in questo caso collegato con il lavoro di detection alla ricerca di un villaggio e di una verità che sembra inghiottita nel nulla; infine il genere storico-rievocativo, che attraverso lo strumento del bianconero per sottolineare lo scarto temporale, ci immerge nel dramma dell’Olocausto.
Storia A) Storia degli ebrei d’Europa
B) L’antisemitismo
C) Il nazismo
D) Lo sterminio degli ebrei d’Europa
Lingua e letteratura inglese Il romanzo omonimo di Jonathan Safran Foer
Geografia L’Ucraina