Le rose del deserto
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
Mario Monicelli |
SOGGETTO |
Dal romanzo Il deserto della Libia di Mario Tobino e dal brano Il soldato Sanna contenuto nel libro Guerra d’Albania di Giancarlo Fusco |
SCENEGGIATURA |
Mario Monicelli, Alessandro Bencivenni, Domenico Saverni |
FOTOGRAFIA |
Saverio Guarna (colori) |
MONTAGGIO |
Bruno Sarandrea |
MUSICA |
Paolo Dossena, Mino Freda |
INTERPRETI |
Michele Placido, Giorgio Pasotti, Alessandro Haber, Fulvio Falzarano, Claudio Bigagli, Tatti Sanguineti |
PRODUZIONE |
Mauro Berardi, Vittorio Zeviani per Luna Rossa Cinematografica |
DURATA |
102’ |
ORIGINE |
Italia, 2006 |
REPERIBILITA' |
Homevideo-Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Seconda Guerra Mondiale Novecento/Cinema e Storia
Italiani in guerra Novecento/Cinema e Storia |
Estate del 1940. A Sorman, in una sperduta oasi del deserto della Libia, è accampata una sezione sanitaria dell’esercito italiano. La guerra è lontana e i membri del reparto medico possono dedicarsi all’assistenza alla popolazione locale e alle rispettive passioni personali. Quando, però, gli inglesi scatenano l’offensiva, la tranquilla vita del campo è stravolta e la guerra, con le sue brutture e atrocità, irrompe nell’esistenza fino ad allora relativamente tranquilla dei soldati italiani.
Per il terzo reparto della 31a sezione sanità del corpo di spedizione italiano in Africa i primi mesi di guerra trascorrono in un clima di indolente tranquillità, quasi una specie di singolare vacanza esotica con tanto di relazioni con la popolazione indigena e conoscenza del suggestivo paesaggio locale.
Incompetenza e impreparazione sono i segni distintivi di questo questa malcombinata accozzaglia di retrovia, che vuole simboleggiare quella che fu l’inadeguatezza di mezzi e strutture dell’apparato militare italiano nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
In Le rose del deserto non c’è l’antimilitarismo classico ( che nasce dalla consapevolezza dell’inutile assurdità della guerra), non l’abusata retorica degli Italiani brava gente (che vuole riproporre un’alterità in positivo dei nostri soldati rispetto alla malvagità dei tedeschi), ma una multiforme umanità istintivamente e geneticamente estranea a tutto ciò che di disumano ogni conflitto bellico reca con sé.
Maestro della commedia all’italiana (la sua sterminata filmografia assomma circa sessanta titoli) Monicelli trasferisce il sorridente (ed anche un po’ cinico e beffardo) sguardo di questo genere cinematografico nel contesto del cinema bellico (l’aveva già fatto con ottimi esiti in La grande guerra). L’attraversamento della storia patria filtrato dal punto di vista degli ultimi e cioè di coloro che la storia non la fanno, ma la subiscono (pagandone spesso le peggiori conseguenze sino alla morte), è uno degli aspetti qualificanti della sensibilità del regista.
Supportato da memorie di guerra altrui (ma anche dalle proprie, avendo egli partecipato al corpo di spedizione italiano nella guerra d’Africa), il novantenne Monicelli ricostruisce frammenti di racconto piuttosto disorganici, ma unificati da un registro corale vivificato dall’attenzione alla precisa delineazione delle singole personalità, tratteggiate con il complice e assolutorio affetto di chi è stato parte di questa grande sventura collettiva.
Girato in ristrettezze produttive e in condizioni climatiche sfavorevoli, il film ha risentito di una certa fretta e approssimazione in fase di lavorazione. Ma si può dire che queste difficoltà, anziché nuocere alla pellicola, le abbiano giovato, nel senso di sintonizzarla con quella situazione di improvvisata disorganizzazione che ha segnato la guerra italiana su tutti gli scenari del conflitto.
Storia A) Il colonialismo italiano in Libia
B) Il fascismo e la sua politica coloniale
C) La Seconda Guerra Mondiale
D) L’Italia nella Seconda Guerra Mondiale
E) La guerra d’Africa
Letteratura italiana Confronto tra il film e le opere narrative cui la sceneggiatura si ispira
Geografia La Libia