Storia di una capinera

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Franco Zeffirelli

SOGGETTO

Dal romanzo omonimo di Giovanni Verga

SCENEGGIATURA

Franco Zeffirelli, Alain Baken

FOTOGRAFIA

Ennio Guarnieri (colori)

MUSICA

Claudio Cappani

MONTAGGIO

Richard Marden

INTERPRETI

Angela Bettis, Jonathon Schaech, Sinéad Cusak, Vanessa Redgrave

PRODUZIONE

Mario e Vittorio Cecchi Gori per Officina Cinematografica, in collaborazione con Nippon Film Development & Finance Inc.

DURATA

114'

ORIGINE

Italia, 1993

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

 

TRAMA

Catania, 1854. Il colera infuria mietendo centinaia di morti. Le novizie di un convento lasciano il monastero per raggiungere la più salubre campagna. Fra loro c'è Maria che si riunisce alla famiglia in una villa ai piedi dell'Etna. Qui incontra Nino e se ne innamora riamata. Tornata in convento non dimentica il giovane e alla notizia che questo si è sposato con la sorellastra Giuditta, si abbandona a una disperazione che rasenta la follia. Alla fine accetta il suo triste destino.

 

TRACCIA TEMATICA

Maria è la vittima della disumana e secolare consuetudine delle famiglie nobili di destinare al convento almeno una delle figlie femmine per non dover provvedere ai pesanti oneri della dote nuziale (basti ricordare in proposito l'esempio della monaca di Monza). Lo stesso matrimonio di Nino non è dettato da un autentico sentimento d'amore, ma dalla convenienza, secondo l'usanza dell'epoca (Giuditta era da tempo destinata a lui).

In questo contesto di rigidi obblighi e convenzioni, la dolorosa vicenda di Maria diventa emblematica dell'ottocentesca concezione romantica dell'amore, concepito come esperienza estrema che contrappone l'individuo alla società condannandolo alla sconfitta e alla morte (cui chiaramente si allude nell'immagine finale di Maria coperta da un nero sudario).

Il convento non è visto come luogo di serena e pacificante spiritualità, ma come reclusorio claustrofobico all'insegna di un opprimente sadomasochismo penitenziale e ad esso è contrapposta la vertiginosa spazialità dell'Etna, che simboleggia l'irrefrenabile erompere della passione amorosa.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Zeffirelli conferma la propria inclinazione per il decorativismo calligrafico (più che la storia raccontata e il modo con cui è raccontata conta la capacità di ricreare accurate atmosfere e scenografie d'epoca, così da soddisfare lo spettatore sul piano delle suggestioni figurative), raggiungendo in questo ambito buoni risultati: di grande intensità evocativa l'iniziale successione di immagini che rievocano la tragedia del colera (più vicino al Manzoni che al Verga, come è stato acutamente osservato) e certi pittorici squarci paesaggistici.

Il regista tenta poi, con esiti meno convincenti, di intrecciare tonalità di chiaro stampo melodrammatico, specie nel trattamento dei passaggi narrativi relativi alla passione d'amore della protagonista, con incursioni nel territorio dell'horror (il clima malsano del convento, il febbricitante delirio di Maria, i temporali notturni e la figura della monaca pazza), più direttamente collegate queste ultime al gusto decadente e torbido che caratterizza il romanzo del Verga.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Italiano    A) Confronto fra il romanzo omonimo del Verga e il film.

                 B) Confronto tra la vicenda manzoniana della monaca di Monza e quella verghiana di Maria.

Storia   La Sicilia alla metà dell'Ottocento.