He got game
TITOLO ORIGINALE | Idem |
REGIA | Spike Lee |
SCENEGGIATURA | Spike Lee |
FOTOGRAFIA | Malik Hassan (colori) |
MUSICA | Aaron Copland |
MONTAGGIO | Barry Alexander Brown |
INTERPRETI | Denzel Washington, Ray Allen |
PRODUZIONE | John Kilik, Spike Lee per 40 Acres and a Mule Filmworks |
DURATA | 136' |
ORIGINE | USA, 1998 |
REPERIBILITA' | Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE | Triennio |
PERCORSI | Genitori e figli La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società |
TRAMA
Jake sconta una condanna a venti anni per aver ucciso la moglie (si è trattato in realtà di un incidente). Il direttore del carcere gli promette uno sconto di pena se riuscirà a convincere il figlio Jesus, giovanissimo, ma già affermato campione di basket, a far parte della squadra della Big State e per questo gli accorda una licenza di qualche giorno. L'incontro tra padre e figlio è difficile, Jesus nutre molto rancore nei confronti di Jake ed inoltre deve fronteggiare l'assillante assalto di una moltitudine di profittatori che cercano di ipotecarne il futuro di stella del basket. Alla fine, dopo molti contrasti e litigi, Jesus si convince ad aiutare il padre e accetta l'offerta della Big State. Jake ritorna in carcere contento per aver recuperato il rapporto con il figlio.TRACCIA TEMATICA
Lo sport può diventare per i giovani neri di Brooklyn l'unico veicolo di promozione sociale, il solo mezzo per evadere da un destino di emarginazione e povertà. Nel caso di Jesus il futuro sembra promettere addirittura fama e ricchezza.Il giovane campione si trova a vivere un passaggio delicato della propria vita praticamente da solo, circondato com'è da persone insincere, a cominciare dalla fidanzata, tutte interessate ad entrare nel suo futuro per trarne profitto. Il mondo dei manager, e più in particolare quello legato al basket, è ritratto dal regista come una fauna pittoresca di pescecani priva di principi morali.
Solo il padre Jake gli è veramente vicino. A lui non interessa tanto diminuire la sua pena carceraria, quanto recuperare il rapporto compromesso col figlio, sottraendolo pure dalla cerchia di falsi amici che lo circonda.
Il basket costituisce per i due protagonisti lo strumento privilegiato di dialogo, il linguaggio in grado di metterli in comunicazione e infatti affidano ad una partita, più che alle parole, il loro destino. Anche alla fine la ritrovata intesa è espressa da un lancio di palla oltre il muro del carcere che simboleggia il ricostruirsi di un legame familiare attraverso il basket.
VALUTAZIONE CRITICA
Spike Lee riesce ad esprimere con grande efficacia un Cinema fatto di nette contrapposizioni, di sentimenti estremi, di ansia quotidiana e fatica di vivere, ma soprattutto è capace di tradurre in modo teso e vibrante il dramma della condizione nera negli Stati Uniti, senza autocommiserazione e vittimismo.In He got game Lee conferma la sua predisposizione ad un linguaggio cinematografico creativo ed inventivo, insofferente ad adattarsi ai canoni tradizionali e intento a produrre improvvise accelerazioni di ritmo e sorprendenti sequenze visionarie, montaggi alternati ricchi di significati e squarci surreali di grande suggestione e intensità (come la bellissima idea finale del pallone che trapassa di padre in figlio). Un Cinema dove la forma non è solo funzionale alla storia che si racconta, ma si fonde con il dramma e la nevrosi dei personaggi, facendosi instabile come i loro umori e aggressiva come il loro temperamento.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione fisica
Il basket negli Stati Uniti: il campionato delle Università e quello dei professionisti.Geografia Un quartiere di New York: Brooklyn.