Mignon è partita

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Francesca Archibugi

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Francesca Archibugi, Claudia Sbarigia, Gloria Malatesta

FOTOGRAFIA

Luigi Verga (colori)

MUSICA

Roberto Gatto, Battista Lena

MONTAGGIO

Alfredo Muschietti

INTERPRETI

Stefania Sandrelli, Jean Pierre Duriez, Massimo Dapporto, Celine Beauvallet, Leonardo Ruta

PRODUZIONE

Leo Pescarolo e Guido De Laurentis per la Ellepi film-Crysalide Film-Rai Tre

DURATA

94’

ORIGINE

Italia, 1988

REPERIBILITA’

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

Primi amori

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 

TRAMA

Roma, quartiere Flaminio. La famiglia Forbicioni è costituita da madre e padre, quasi sempre assente e con tanto di amante, e cinque figli, che vanno da un anno a sedici. Un giorno giunge ospite in famiglia, proveniente da Parigi, la cugina quindicenne Mignon, il cui padre, un ricco affarista è finito in prigione. Mignon, abituata ad uno stile di vita agiato, stenta ad adeguarsi alla modestia piccolo-borghese della famiglia Forbicioni e non perde occasione per esprimere il proprio fastidio con modi scostanti. L’unico membro della famiglia che riesce a comunicare con lei è il timido e sensibile Giorgio, che ben presto se ne innamora perdutamente. Mignon, più per disperazione che per convinzione, si mette insieme con un rozzo amico di casa, sino a provocare per questo il tentato suicidio di Giorgio. Rimessosi quest’ultimo, Mignon si inventa di essere incinta pur di essere rimandata a casa a Parigi.

 

TRACCIA TEMATICA

Giorgio vive la sua prima importante esperienza d’innamoramento con l’appassionato e totale coinvolgimento tipico della sua età. Mignon è sì altezzosa e superba, ma anche colta e raffinata quanto basta perché il vulnerabile Giorgio se ne senta fortemente attratto. Troppa è la diversità fra lei e l’ambiente di giovani che ruota attorno alla famiglia, certo più spontanei e genuini, ma certamente noiosi e scontati nella loro ristrettezza mentale. La notizia dell’arresto del padre costituisce per Mignon un trauma tremendo, una specie di caduta da un piedistallo di prestigio sociale su cui aveva costruito la sua immagine e il suo senso di superiorità e per questo si vuole come degradare mettendosi con il vissuto Cacio. In fondo sia Giorgio che Mignon sono, seppur in modo differente, dei diversi, dei disadattati che stentato ad inserirsi nella realtà circostante.

Ma il dolore dei sentimenti non è solo loro, accomuna quasi tutti i personaggi, dalla madre di Giorgio che deve soffocare il proprio trasporto per il cognato, che l’ama vanamente, allo stesso Cacio che maschera dietro un apparente cinismo il dolore per l’abbandono di Mignon, e alla professoressa di Giorgio che cerca nel ragazzo una compensazione affettiva per il figlio handicappato. E su tutti si stende l’ombra della mancanza di una forte figura maschile di riferimento, sia essa un padre o un marito, sia perché morto o perché assente.

 

VALUTAZIONE CRITICA

L’Archibugi inserisce nel film dei riferimenti cinematografici (Germania anno zero di Rossellini) e letterari (Grandi speranze di Dickens) che richiamano alla centralità dell’infanzia e dell’adolescenza, quasi a voler porsi in linea di continuità con una tradizione narrativa in grado di scrutare nei tormentati percorsi morali di queste difficili età. La regista, secondo la sua sensibilità, intreccia modi della commedia (ci sono situazioni che vogliono essere divertenti e sequenze che si chiudono con una battuta), con affondi drammatici (il suicidio di Giorgio, le liti fra Mignon e la sorella), abbandoni malinconici (la professoressa malata) e toni crepuscolari (il rimpianto di Giorgio sul bacio non dato a Mignon), senza però riuscire sino in fondo ad armonizzare questi diversi registri, ognuno dei quali rischia un po’ di andare per la sua strada, senza collegarsi agli altri, da cui una certa sensazione di dispersione e discontinuità.

La cosa migliore del film va senz’altro ricercata nello sforzo di realismo, perseguito soprattutto attraverso la rinuncia ad ogni scenografia artificiale in cambio di ambienti reali (a cominciare dall’appartamento dei Forbicioni), dove, come ha sostenuto la regista, Le pareti trasudano vita vissuta, trasmettendo allo spettatore una sensazione di autenticità e verità, che non sempre la sceneggiatura riesce ad offrire.