Polonia (1927)

Frequenta L’Accademia di Belle Arti di Cracovia e la Scuola superiore di Cinema di Lodz, dove si diploma nel 1954, e negli anni immediatamente successivi dirige quella che viene considerata la sua trilogia sulla guerra e la Resistenza: Generazione (1955), I dannati di Varsavia (1957) e Cenere e diamanti (1958). L’orrore di fronte alle atrocità della guerra, l’inclinazione all’eroismo accompagnata dalla consapevolezza dell’impotenza dell’uomo di fronte al destino e uno stile ricco di forti contrasti drammatici e di un raffinato gusto figurativo sono le caratteristiche di questa fase d’esordio del regista. Nel 1960 con Ingenui perversi sposta la sua attenzione sulle problematiche dell’universo giovanile della Polonia postbellica, quella che non ha vissuto il trauma della guerra. Nel 1968 in un sofferto film autobiografico, Tutto in vendita, confessa la propria crisi di uomo e di regista. A dimostrare la sua capacità di spaziare su tematiche diverse nel 1970 dirige il poetico e malinconico Il bosco di betulle, metaforica riflessione sulla vita e la morte. Con L’uomo di marmo (1976) e con il successivo L’uomo di ferro (1981) torna ai grandi temi storico-sociali attraverso un vigoroso atto d’accusa dello stalinismo e del comunismo polacco, che preannuncia il movimento di Solidarnosc. Nel 1982 con Danton affronta una profonda riflessione storica sulle conseguenze tragiche dell’estremismo rivoluzionario, di chiara ricaduta allusiva sull’incandescente presente della sua Polonia (sono gli anni della repressione antidemocratica del generale Jaruzelski). Wajda, che è stato anche presidente dell’Associazione dei cineasti polacchi e docente alla Scuola di Cinema di Lodz, è considerato come uno dei più grandi registi polacchi di tutti i tempi.