Madame Bovary
TITOLO ORIGINALE |
Idem |
REGIA |
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SOGGETTO |
Dal romanzo omonimo di Gustave Flaubert |
SCENEGGIATURA |
Claude Chabrol |
FOTOGRAFIA |
Jean Rabier (colori) |
MUSICA |
Mathieu Chabrol |
MONTAGGIO |
Monique Fardoulis |
INTERPRETI |
Isabelle Huppert, Jean-Francois Balmer, Christophe Malavoy |
PRODUZIONE |
Marin Karmitz per MK2, CED Productions e FR3 |
DURATA |
140' |
ORIGINE |
Francia, 1991 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/CinetecaPacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Donne in amore La condizione femminile/Uomo e Società |
TRAMA
Francia, metà Ottocento. Emma, moglie di un grigio medico condotto, si sente oppressa dalla monotona vita di provincia che le offre il mediocre marito, sogna il grande amore e avverte il richiamo della mondanità. Diventa l'amante di Rodolphe, un signorotto libertino che la scarica piuttosto che fuggire con lei, e poi di Léon, un timido avvocatuccio che l'abbandona di fronte alla richiesta di denaro. Oberata dai debiti e delusa dai suoi amori Emma finisce con il suicidarsi.
TRACCIA TEMATICA
Emma Bovary è una donna insoddisfatta, che si sente soffocata dall'angusta personalità del marito (è privo di ambizioni e irrimediabilmente mediocre) e dalla ristrettezza mentale dell'ambiente di provincia (il farmacista vanaglorioso, il parroco gretto, il bottegaio viscido, ecc..). Costretta entro gli obblighi che la società borghese ottocentesca le impone, Emma trasgredisce le regole del dovere cercando di sfuggire al suo opaco destino di moglie e di madre. Incapace (e per l'epoca non poteva essere che così) di contestare alla radice la logica di potere maschile che le impone questo ruolo malsopportato, esprime la sua ribellione attraverso l'abbandono all'amore, romanticamente vissuto come esperienza totale e autosufficiente, e al lusso, visto come requisito fondamentale di quel bel mondo da lei idealizzato (il ballo dell'alta società diventa il giorno più bello della sua vita).
Di fronte alla meschinità degli uomini con cui ha consumato i suoi adulteri, Emma acquisisce la consapevolezza dell'illusorietà dell'ipotesi romantica come via di fuga dall'oppressione dell'universo borghese e provinciale e si abbandona alla disperazione. Il suicidio rappresenta l'estremo gesto di rifiuto di una realtà che non ha mai accettato.
VALUTAZIONE CRITICA
Terza versione cinematografica del capolavoro di Flaubert (i precedenti omonimi sono del 1933, di J. Renoir, e del 1949, di V. Minnelli), il film di Chabrol opta per l'estrema fedeltà al testo del romanzo, attraverso una narrazione agile ed ellittica, priva di invenzioni particolari e tentativi di reinterpretazione.
Maestro nell'esplorazione di malsane atmosfere di provincia, che costituiscono lo sfondo di tanti suoi gialli, il regista riversa questa predilezione nel film ritraendo con analitica precisione la ristrettezza dell'ambiente di paese cui è costretta a vivere Emma. Meno convincente, invece, la soluzione di risolvere in considerazioni ad alta voce gli splendidi monologhi interiori del romanzo flaubertiano.
Di grande efficacia la sequenza a montaggio alternato della seduzione di Rodolphe nell'aula consiliare durante i comizi agricoli: ai prosaici discorsi degli oratori si contrappongono le frasi solennemente romantiche dei due amanti, che misurano tutta la loro distanza dalla dimessa realtà che li circonda.
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua francese Confronto fra il romanzo di Flaubert e il film.
Storia La vita quotidiana nella Francia della prima metà dell'Ottocento.