Re per una notte

TITOLO ORIGINALE

The King of Comedy

REGIA

Martin Scorsese

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Paul Zimmermann

FOTOGRAFIA

Fred Schuler (colori)

MONTAGGIO

Thelma Schoonmaker

INTERPRETI

Robert De Niro, Jerry Lewis

PRODUZIONE

Arnold Milchan per la MGM

DURATA

108'

ORIGINE

Stati Uniti, 1982

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Triennio

PERCORSI

Voglia di apparire

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

 

TRAMA

Rupert Pupkin, aspirante comico, sogna di esibirsi nello show di Jerry Langford, conduttore televisivo di successo e suo idolo. Fallito il tentativo attraverso la normale trafila dell'audizione da parte dello staff di Langford della registrazione dei suoi monologhi comici, Rupert passa alle vie di fatto e sequestra Jerry. Come riscatto ottiene la messa in onda del suo numero. Viene arrestato e finisce in prigione, ma ormai si è assicurato la notorietà.

 

TRACCIA TEMATICA

Re per una notte è un film sull'ossessiva ricerca del successo e della celebrità, sul mito americano che promette a tutti fama e ricchezza. Rupert vive esclusivamente in funzione della consacrazione televisiva, che diventa la sua idea fissa, per la quale è pronto a pagare qualunque prezzo, anche il carcere.

L'epilogo risulta aperto a due interpretazioni: o esprime l'ironica accettazione della paradossale morale della storia per cui un guitto come Rupert, privo di talento (i suoi sketch sono di disarmante mediocrità), riesce comunque ad accedere alla notorietà proprio grazie al discutibile gesto di cui si è reso protagonista o il finale trionfo massmediatico del protagonista non è che un' ulteriore proiezione immaginaria dei suoi desideri, a ribadire l'instabilità mentale di un personaggio allucinato, ormai totalmente incapace di distinguere tra sogno e realtà.

Qualunque sia il significato da attribuire alla sequenza conclusiva, il film risulta una delle più amare riflessioni sul potere alienante del mezzo televisivo e sulla corruzione morale che esso induce.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Scorsese, inizialmente restio ad accettare la regia di questo film, ne orienta la sceneggiatura verso il tema a lui caro dell'ossessiva tensione alla realizzazione di un preciso progetto di vita che caratterizza buona parte dei personaggi della sua filmografia.

De Niro offre alla figura di Rupert la giusta gradazione di nevrotica lucidità (c'è del metodo nella sua follia), mentre Lewis, grande attore comico degli anni cinquanta, stravolge completamente la sua immagine paciosa, raggelandosi in una funebre espressione di infastidita malinconia che sembra farci misurare tutta la distanza fra dimensione pubblica (creata dai Mass-Media) e dimensione privata, spesso beffardamente antitetica alla prima.

Oltre a smorzare le tonalità da commedia (il film non è affatto divertente, nonostante il grottesco di parecchie situazioni) e da thriller (nonostante il sequestro non c'è vera suspense) in uno stile freddo e distaccato, adeguato all'impietosa analisi della psicopatologia del protagonista, un altro dei meriti della regia è certamente quello di inchiodare lo spettatore al punto di vista di Rupert (focalizzazione interna) costringendolo a rivivere, tramite lui, quella confusione tra reale e virtuale cui ci obbliga quotidianamente la televisione.