Il grande uno rosso
TITOLO ORIGINALE | The Big One Reed |
REGIA | Samuel Fuller |
SOGGETTO E SCENEGGIATURA |
Samuel Fuller |
FOTOGRAFIA |
Adam Greenberg (colori) |
MUSICA |
Dana Koproff |
MONTAGGIO |
Morton Tubor |
INTERPRETI |
Lee Marvin, Mark Hamill, Robert Carradine, Bobby Di Cicco, Kelly Ward, Stephane Audran |
PRODUZIONE |
Gene Corman per la Lorimar Production |
DURATA |
113’ |
ORIGINE |
Stati Uniti, 1980 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Classe quinta |
PERCORSI |
Mettete dei fiori nei vostri cannoni Antimilitarismo pacifismo/Individuo e Società
Seconda Guerra Mondiale Novecento/Cinema e storia |
TRAMA
Quattro anni di guerra in Africa e poi in Europa dal 1942 al 1945, seguendo l’avanzata delle truppe statunitensi verso la Germania attraverso le vicende della divisione denominata Grande uno rosso.
Il grande uno rosso rievoca, pur attraverso un filtro di reinvenzione artistica che modifica in parte l’autenticità degli eventi, l’esperienza bellica del regista, che partecipò in qualità di reporter alla Seconda Guerra Mondiale.
La guerra è mostrata senza alcuna retorica militarista come un susseguirsi di sangue e violenza (pur nel differenziarsi delle latitudini e dei paesi), dove alla fine ciò che prevale è il puro istinto di sopravvivenza. Le azioni militari vengono così mostrate prive di ogni enfasi, condotte da soldati accomunati dall’antieroismo, cercando di evidenziare quella quotidiana e tremenda convivenza con la morte (anno dopo anno il gruppo di soldati iniziale si assottiglia) in cui secondo Fuller consiste l’essenza più profonda di ogni conflitto.
L’invenzione di maggior spessore lirico del film (e in cui si concentra il suo messaggio pacifista) è riposta nel tema dell’ultimo colpo sparato nel corso della guerra, che ossessiona il sergente Possum, che già nel corso della Prima Guerra Mondiale aveva vissuto una situazione analoga, tanto da spingerlo a caricarsi sulle spalle il giovane soldato tedesco ferito e portarlo in salvo. Una sequenza tra le più intense e commoventi nella storia del cinema antimilitarista.
Con Il grande uno rosso Fuller non solo realizza un suo antico progetto (quello di portare sullo schermo la sua esperienza di guerra), ma svolge un’altra pessimistica riflessione sul destino di dolore e di morte che incombe sull’uomo (tema centrale del suo cinema). Concepito come una specie di diario di guerra, il film procede in modo ellittico per episodi autonomi, privilegiando l’effetto di accumulazione e rinunciando di fatto allo sviluppo narrativo tradizionale ad intreccio. Alla classica e abusata figura dell’eroe solitario si contrappone la coralità del gruppo di soldati che transita nei paesaggi di sofferenza e distruzione provocati dalla guerra (pensiamo alla toccante sequenza della scoperta dei forni crematori, avvolta in un allucinante silenzio). Lo stile secco ed essenziale, privo di compiacimenti e ridondanze, diventa nel film la più evidente espressione linguistica del rifiuto di quel tono di grandiosità ed esaltazione patriottica, tipico del genere bellico hollywoodiano. Il rifiuto della guerra e delle sue conseguenze non viene qui urlato ed apertamente dichiarato, come in molte pellicole della tradizione antimilitarista più famosa, ma si direbbe rimanga sottotraccia, aleggiante ed implicito nell’offesa che l’uomo arreca non solo a se stesso, ma anche alla natura (splendidi gli scenari evocati dal film).
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia a) La Prima Guerra Mondiale
b) La Seconda guerra Mondiale
c) Le operazioni militari in Africa ed in Europa
d) I campi di sterminio nazisti