Il pianista
TITOLO ORIGINALE |
The Pianist/Le pianiste |
REGIA |
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SOGGETTO |
Dall’autobiografia di Wladyslaw Szpilman |
SCENEGGIATURA |
Ronald Harwood |
FOTOGRAFIA |
Pawel Edelman (colori) |
MUSICA |
Wojciech Kilar |
MONTAGGIO |
Hervé de Luze |
INTERPRETI |
Adrien Brody, Daniel Caltagirone, Thomas Kretschmann, Emilia Fox, Michal Zebrowski, Ed Stoppard, Maureen Lipman, Frank Finlay |
PRODUZIONE |
Robert Benmussa, Roman Polanski, Alain Sarde per Beverly Detroit/Interscope Communication/Mainstream S. A. Meespierson FilmCv/R.P. Productions/Studio Canal |
DURATA |
148’ |
ORIGINE |
Gran Bretagna-Francia-Germania-Polonia-Olanda, 2002 |
REPERIBILITA' |
Homevideo/Cineteca Pacioli |
INDICAZIONE |
Triennio |
PERCORSI |
Olocausto Antisemitismo/Razzismo, Intolleranza, Immigrazione, Società multietnica/Individuo e Società |
TRAMA
Polonia, 1939-45. Il pianista ebreo Wladislaw Szpilman riesce a sfuggire, unico della sua famiglia, alla deportazione nei lager. Si ritrova a dover sopravvivere nella Varsavia occupata dai nazisti, passando da un nascondiglio ad un altro e correndo sempre il rischio di essere arrestato. Tra privazioni e sofferenze d’ogni tipo riuscirà a vedere la fine della guerra.
TRACCIA TEMATICA
Il pianista si offre a due livelli di lettura successivi e concentrici. Il primo e più immediato inserisce la vicenda dell’ebreo Szpilman nel contesto storico determinato dell’occupazione nazista della Polonia e dello sterminio del popolo ebraico: il protagonista si pone così nel duplice ruolo di vittima e spettatore insieme dell’Olocausto, misurando tutta l’angoscia che deriva dallo scontare la sopravvivenza con la terribile sorte di assistere come impotente testimone all’erompere della tragedia (di grande impatto la sequenza nella quale guarda atterrito alle agghiaccianti scene della rivolta del ghetto).E’ più tremenda la sorte del deportato o quella di chi è costretto a stare (letteralmente) alla finestra? Inoltre, la sua condizione di perenne fuggiasco, di animale braccato che si sposta da un rifugio all’altro diventa metafora della condizione dell’ebreo errante nella Storia, ovunque perseguitato e sempre alla ricerca di una terra più ospitale.
Il secondo livello di lettura consegna il calvario di Szpilman ad una dimensione simbolica più ampia, che sfugge alla referenzialità storica per suggerire quello che è il destino di disperante solitudine riservato all’uomo in quanto tale in questo mondo (indipendentemente da tempi e luoghi specifici): una vittima predestinata dal Male trionfante nell’umanità e sull’umanità, condannata all’isolamento e alla persecuzione (significative in questo le sequenze della vicina di casa che lo mette in fuga e della mitragliata sparata contro il protagonista dai russi).
In questa prospettiva di desolante pessimismo l’arte (in questo caso la musica) assume un ruolo salvifico (l’unico possibile), capace di offrire una ragione di vita anche nelle condizioni più difficile e di diventare anche strumento di comunicazione con i nostri stessi persecutori.
Polanski è sempre stato considerato come un maestro del genere orrifico. Se questa valutazione è senz’altro corretta, va però precisato che una delle caratteristiche del regista è quella di avere allargato i confini del genere, assumendosi il compito attraverso i suoi numerosi film di espandere il concetto di orrore ben aldilà di quel che comunemente si intende con questo termine nella storia del Cinema. Polanski ha cioè voluto indagare le molteplici dimensioni con cui il Male è dominante nella nostra esistenza, anche quella apparentemente più quotidiana e tranquillizzante, traendo da questa concezione pessimistica del destino umano l’ossessione che domina tutta la sua opera cinematografica.
Il pianista si inserisce perfettamente in questo percorso artistico, nel quale la biografia del vero pianista Szpilman (1911-2000) e la sua personale (il regista visse direttamente da bambino l’esperienza del ghetto di Varsavia) si fondono per andare, ormai giunto Polanski alla settantina, alle lontane origini di quella sua acuta sensibilità alla presenza del Male nel mondo.
Questa premessa serve a spiegare lo stile dominante nella pellicola che, dopo una prima parte di chiara impronta realistica, assume nella seconda, nella quale alla tragedia di un popolo e di una nazione si sostituisce l’oppressione claustrofobica e allucinatoria del protagonista, una coloritura narrativa e figurativa decisamente orientata in senso surreale ed astratto.
Non si può, infine, non sottolineare la capacità registica di mantenere un registro di narrazione alquanto sobrio e misurato, rifuggendo da facili spettacolarizzazione e truculenze (cosa non sempre facile quando ci sono di mezzo certi argomenti).
Storia A) La Seconda Guerra Mondiale
B) Lo sterminio degli ebrei in Europa
C) Il nazismo e l’antisemitismo nella storia d’Europa