I migliori anni della nostra vita

TITOLO ORIGINALE

The Best Years of Our Lives

REGIA

William Wyler

SOGGETTO

Dal romanzo in versi Glory for me di Kantor Mac Kinlay

SCENEGGIATURA

Robert E. Sherwood

FOTOGRAFIA

Gregg Toland (bianconero)

MUSICA

Hugo Friedhofer

MONTAGGIO

Daniel Mandell

INTERPRETI

Frederic March, Myrna Loy, Dana Andrews, Teresa Wright, Virginia Mayo, Harold Russell

PRODUZIONE

Samuel Goldwyn/RKO

DURATA

172’

ORIGINE

USA, 1946

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Triennio

PERCORSI

Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

 

TRAMA

Fred Derry, Al Stephenson e Homer Parrish sono tre reduci americani che tornano in patria alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il primo è stato pilota di bombardiere, ma ora si ritrova disoccupato e tradito dalla moglie, il secondo recupera la serenità dell’ambiente familiare, ma non riesce a sensibilizzare i suoi superiori al problema del reducismo nella banca in cui lavora, il terzo, rimasto mutilato di entrambe le mani, è sull’orlo del suicidio. Alla fine Fred si fidanza con la figlia di Al e Homer si sposa.

 

TRACCIA TEMATICA

Il film affronta il problema, molto sentito nella società americana del secondo dopoguerra, dei reduci che, tornati dai fronti di guerra, stentano a reinserirsi nella società e ad adattarsi nella vita civile. La disoccupazione e l’indifferenza delle persone sono solo alcuni dei problemi con cui essi si devono confrontare: Fred ha perso i propri riferimenti familiari (la vacua moglie lo tradisce e suo padre è ormai un uomo alla deriva), Al cerca nell’alcool una consolazione all’incomprensione che trova sul posto di lavoro, dove si prodiga per aiutare i reduci, Homer (vero mutilato e attore non professionista) ritiene di non essere più accettato dalla fidanzata e non vuole essere oggetto di pietà. L’immagine apparentemente rassicurante e serena di Boone City, piccolo paese di provincia in cui è ambientata la vicenda, si trasforma per i tre reduci in una realtà distante, se non ostile, nella quale stentano a ritrovarsi, tanto che in Fred si insinua la nostalgia dei tempi andati, di quando nonostante la guerra la sua vita aveva un senso e un ruolo preciso (l’intensa sequenza del cimitero degli aerei suggerisce un malinconico parallelismo fra il sentirsi rifiutato dalla società del personaggio e i rottami da cui è circondato).

L’inclinazione decisamente pessimista del film viene stemperata nel finale, nel quale la produzione (contro la volontà di Wyler) volle aggiungere il matrimonio di Homer e la riconciliazione fra Fred e Peggy. Probabilmente nella realtà le cose sarebbero andate meno bene, ma gli americani, si sa, detestano i finali negativi.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Film di impegno civile, in anni in cui il Cinema americano si indirizzava verso il realismo sotto la spinta delle grandi questioni sociali aperte dalla conclusione della guerra (Wyler disse di essersi ispirato anche al neorealismo italiano di quel periodo), I migliori anni della nostra vita si cala con puntigliosa attenzione nella dimensione più quotidiana e vera della provincia americana per inserire in questo contesto di solida credibilità e verosimiglianza il dramma dei protagonisti (negli anni Trenta ad Hollywood avevano dominato l’artificio e il gigantismo). L’uso della profondità di campo (che permette di equiparare, mettendo a fuoco tutti gli oggetti e le persone presenti in una stessa inquadratura, la visione cinematografica alle possibilità visive dell’occhio umano) risponde a questa esigenza di realismo, riducendo l’importanza del montaggio e rendendo, inoltre, lo spettatore più attivo e partecipe, in grado di scegliere su dove accentrare l’attenzione tra i vari elementi che compongono l’immagine (ci fu all’epoca chi parlò di una concezione democratica del linguaggio cinematografico). Anche lo stile sobrio ed essenziale del regista, che rifugge da ogni eccesso melodrammatico (in una storia che pure si presterebbe a calcare i toni del sentimentalismo) e rivolge una particolare attenzione alle sfumature umane e psicologiche della vicenda senza cadere in schematismi e facili moralismi e ricercando un costante tono medio, contribuisce a comunicare quel senso di equilibrio e linearità per cui il film va famoso.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia             A) Il secondo dopoguerra negli Stati Uniti.

                       B) Il problema sociale dei reduci.

Lingua straniera: inglese         Confronto fra il film e il romanzo di K. Mac Kinley.