Neorealismo

Movimento cinematografico italiano sorto all'inizio degli anni quaranta, culminante nel periodo immediatamente successivo la seconda guerra mondiale e declinante con gli anni cinquanta. Esso non può essere considerato come una vera e propria scuola cinematografica, privo com'è di manifesti, programmi e documenti fondativi, ma un atteggiamento nuovo di fronte al ruolo dello strumento-Cinema nel mondo, alimentato soprattutto dalla tragedia della guerra e dal dramma della ricostruzione. Ciò non toglie che, pur nella complessità del fenomeno, si possano individuare delle caratteristiche comuni fra le varie opere che a questa corrente vengono ascritte, in modo da dare un senso unificante all'uso del termine Neorealismo.

Elenchiamo alcune delle suddette caratteristiche:

I primi sintomi del nascente Neorealismo si colgono agli inizi degli anni quaranta, mentre l'Italia si trova impegnata in guerra, con film come Quattro passi fra le nuvole (A. Blasetti, 1941), I bambini ci guardano (V. De Sica, 1942), Ossessione (L.Visconti, 1943), che pur nella loro diversità esprimono l'esigenza di un rinnovato e depurato contatto con la realtà, di una fuoriuscita dai moduli ormai logori del periodo fascista.

Tra il '45 e il '46 esce la trilogia di R. Rossellini Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero, realizzata con una povertà di mezzi che diventa una risorsa espressiva sullo sfondo di un'Italia travolta e martoriata dalla guerra e di una Germania che dal conflitto è uscita materialmente e moralmente devastata.

V. De Sica, in sodalizio con lo sceneggiatore C. Zavattini, realizza Sciuscià (1948), Ladri di biciclette (1948) e Umberto D. (1952), tre opere fondamentali del Neorealismo, che tracciano un quadro sofferto e toccante della società italiana del dopoguerra, forse i momenti più alti e compiuti di questa grande stagione.

Del tutto particolare in questo contesto la ricerca di L. Visconti che con La Terra trema (1948) tenta di saldare la tradizione realista verghiana con l'urgenza di novità di un Neorealismo portato alle estreme conseguenze (attori presi dalla strada e uso del dialetto siciliano).

In una posizione di confine si colloca il contributo di un regista discusso come G. De Santis, che con film come Caccia tragica (1946), Riso amaro (1949), Non c'è pace fra gli ulivi (1950), Roma ore 11 (1951) cerca di coniugare i canoni del Neorealismo con esigenze di popolarità che assumono come riferimento il melodramma, il fotoromanzo e una narratività forte all'americana.

A cominciare dagli anni cinquanta, anche in concomitanza con il mutato clima politico (la vittoria democristiana del 1948 determina una svolta conservatrice foriera di restaurazione culturale), il Neorealismo entra in crisi, o vede comunque mutare alcuni suoi connotati. Si fa largo un Cinema che concepisce il rapporto con la realtà come deformazione caricaturale dei suoi aspetti più pittoreschi e innocuamente popolari e che trova il proprio sfondo ideale in una provincia dominata dal campanile e da antichi e solidi valori contadini, appena turbati dall'incedere della modernità. Nasce il cosiddetto Neorealismo rosa o, come si disse all'epoca, volano gli stracci del Neorealismo. Il Neorealismo non sa reagire a questa involuzione, sia perché privo di un solido retroterra teorico, sia perché i suoi rappresentanti più significativi come V. De Sica, R. Rossellini, L. Visconti intraprendono strade diverse, più o meno collegate con l'esperienza neorealista, alla ricerca di nuovi itinerari artistici ed ideali.