Salvatore Giuliano

TITOLO ORIGINALE

Idem

REGIA

Francesco Rosi

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Francesco Rosi, Suso Cecchi D'Amico, Enzo Provenzale, Franco Solinas

FOTOGRAFIA

Gianni Di Venanzo (bianconero)

MUSICA

Piero Piccioni

MONTAGGIO

Mario Serandrei

INTERPRETI

Frank Wolff, Salvo Randone

PRODUZIONE

Franco Cristaldi e Lionello Santi per Lux/Vides/Galatea

DURATA

107'

ORIGINE

Italia, 1961

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Classe quinta

PERCORSI

Mafia

Novecento/Cinema e Storia

 

TRAMA

Sicilia, immediato dopoguerra. Salvatore Giuliano, che da qualche anno comanda una piccola banda di fuorilegge che opera nella Sicilia occidentale, viene reclutato dal movimento indipendentista e conduce una serie di azioni militari contro le forze dell' esercito italiano. Venuto meno il tentativo indipendentista, Giuliano riprende la sua attività banditesca e dopo la vittoria delle sinistre nelle elezioni amministrative del 1947, spara sui lavoratori che festeggiano il 1° maggio nella piana di Portella delle Ginestre. A questo punto contro il bandito si scatena l'offensiva dello Stato, ma, soprattutto, Giuliano diventa scomodo e pericoloso per coloro che se ne sono serviti per i loro scopi. Attraverso una serie di ambigue e oscure manovre settori delle forze dell'ordine, in collusione con la mafia, spingono il luogotenente di Giuliano, Pisciotta, ad uccidere il suo capo, per poi poter inscenare con il cadavere una maldestra messinscena che avvalori la versione ufficiale dello scontro armato tra il bandito e i carabinieri.

 

TRACCIA TEMATICA

Il film non è tanto incentrato sulla figura di Giuliano (che per altro da vivo è più evocato che mostrato), quanto sulle manovre politiche e i giochi di potere che si muovono dietro la figura del bandito. Il movimento indipendentista siciliano, espressione degli interessi latifondisti che mirano a distaccare l'isola dall'Italia per meglio difendere i privilegi del ceto possidente, se ne serve come braccio armato; esauritosi il tentativo indipendentista gli stessi interessi lo usano come risposta violenta all'avanzata del movimento contadino che rivendica la riforma agraria (la strage di Portella delle Ginestre); la mafia (che non va confusa con il fenomeno del banditismo) lo utilizza cone strumento di scambio con lo Stato per consolidare il proprio controllo criminale sull'isola in collusione con un potere politico corrotto (situazione questa destinata a protrarsi sino ai nostri giorni).

In questo contesto la figura di Giuliano (e l'alone mitico di eroe popolare amico della povera gente che lo circonfuse) sbiadisce fino a ritrarsi ai margini di uno sfondo dominato da un torbido e complesso intreccio di arretratezza economico-sociale, interessi economici, complicità istituzionali e intrighi politici. Una trama rimasta ancora in gran parte irrisolta e misteriosa (chi ha ordinato il massacro di Portella delle Ginestre? Chi è il mandante dell'avvelenamento di Pisciotta?).

L'unica cosa certa è il perpetuarsi della violenza criminosa, come suggerisce l'immagine finale del corpo del delatore assassinato al mercato che assume la stessa posizione bocconi del cadavere di Giuliano con cui si apre il film, in una tremenda sottolineatura della continuità del potere mafioso sulla società siciliana. Sono passati dieci anni, ma nulla è cambiato.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Salvatore Giuliano destruttura la tradizionale linearità narrativa manipolandola in base ad un andamento a flashback e flashforward che sostituisce al filo della continuità cronologica una continuità logica, che intende collegare, per meglio chiarire il quadro d'insieme, i tasselli di un mosaico complicato e disperso, che senza un'entità ordinatrice (che ci si appalesa anche come voce narrante per saldare e rendere comprensibili le varie fasi della narrazione) risulterebbe di ardua intelligibilità.

Le componenti e le implicazioni chiamate in causa sono tante perché a Rosi non interessa la dimensione individuale del personaggio Giuliano, ma il contesto storico-sociale in cui la parabola del bandito si è radicata e si è conclusa. Al regista, insomma, non preme coinvolgere lo spettatore sul piano della partecipazione emozionale e dell'identificazione con i personaggi, ma fornirgli i necessari strumenti di lettura e interpretazione di una realtà complessa e sfuggente. Non l'indignazione urlata o l'enfasi di certezze sbandierate, ma un distacco freddo e analitico, che lascia aperti dubbi e interrogativi. Il meglio del Cinema politico italiano degli anni sessanta.

La discontinuità stilistica del film non va considerata un difetto, ma il segno della capacità di adattare il linguaggio adottato alla multiforme dimensione della realtà cui ci si accosta: da qui l'alternarsi di un registro oggettivo e documentaristico da inchiesta giornalista (i rilevamenti sul corpo di Giuliano, i commenti della voce over) con tonalità epico-corali (le sequenze di battaglia, la strage di Portella delle Ginestre, il rastrellamento di Montelepre), di intense inflessioni tragiche (la disperazione della madre di Giuliano di fronte al cadavere del figlio) con la cupa e sinistra atmosfera dell'uccisione di Giuliano e dell'avvelenamento di Pisciotta (quasi uno sconfinamento nel thriller) e con l'incalzare dei colpi di scena del processo di Viterbo (reso con un piglio degno del miglior Cinema processuale americano).

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia              A) L'Italia e la Sicilia nel secondo dopoguerra.

     B) Banditismo e mafia in Sicilia.

     C) La figura di Salvatore Giuliano.