La grande illusione

TITOLO ORIGINALE

La grande illusion

REGIA

Jean Renoir

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Charles Spaak, Jean Renoir

FOTOGRAFIA

Christian Matras (bianconero)

MUSICA

Joseph Kosma

MONTAGGIO

Marguerite Renoir

INTERPRETI

Jean Gabin, Pierre Fresnay, Erich von Stroheim, Marcel Dalio, Dita Parlo

PRODUZIONE

Les Réalisations d'Art Cinématographiques

DURATA

114'

ORIGINE

Francia, 1937

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Classe quinta

PERCORSI

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, Pacifismo/Uomo e Società

 

Prima guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

 

TRAMA

Prima Guerra Mondiale. Il capitano Boieldieu e il tenente Maréchal sono abbattuti con il loro aereo dall'ufficiale tedesco von Rauffenstein, asso dell'aviazione tedesca. Fatti prigionieri, vengono inviati al campo di detenzione di Hallbach, dove insieme ad altri connazionali preparano una fuga. Trasferiti in altro campo non riescono a mettere in pratica il tentativo di evasione. Da quel momento cercheranno ripetutamente di fuggire dai tanti campi ai quali saranno destinati, per approdare, infine, alla fortezza di Wintesborn, dove vengono raccolti proprio i prigionieri recidivi. A capo del castello c'è von Rauffenstein che, ferito in una missione aerea, è stato adibito a compiti meno rischiosi. Maréchal e il soldato Rosenthal riescono a fuggire approfittando di un'azione diversiva del capitano Boieldieu e si rifugiano in una fattoria tedesca ai confini della Svizzera. Nonostante il tenero legame che nasce tra Maréchal e la vedova di guerra che ospita i fuggiaschi, i due francesi riprendono il loro cammino verso casa.

 

TRACCIA TEMATICA

Realizzato nel 1937 nella Francia del Fronte Popolare, ultimo baluardo democratico nel continente di fronte all'avanzata del nazi-fascismo, La grande illusione risente del clima di mobilitazione ideologica di quegli anni, quando numerosi artisti e intellettuali diedero il loro fattivo sostegno all'esperienza del governo delle sinistre. Renoir, aderente al Partito Comunista, si impegna naturalmente in questo senso, affrontando il tema della Grande Guerra in un’ottica antimilitarista.

L'assunto pacifista emerge dai tratti umani attribuiti ai soldati tedeschi (pensiamo solo al carceriere che offre l'armonica a Maréchal), verso i quali viene meno ogni sentimento di odio, dall'idillio che sboccia tra Maréchal e la donna tedesca (per la quale le grandi vittorie germaniche hanno coinciso con la morte del marito e dei fratelli), dalle considerazioni di Rosenthal sul fatto che la natura non conosce frontiere nazionali, dai soldati tedeschi che risparmiano i due evasi ormai sconfinati in Svizzera. La grande illusione è quella di Maréchal e del suo ingenuo e generoso nazionalismo (verso il quale c’è da parte del regista un’indulgente comprensione), che lo spinge a credere che quella sarà l'ultima guerra (la battuta di Rosenthal sull’infondatezza di questa sua speranza assume nel 1937 un valore profetico) e a cantare la Marsigliese per la conquista di un paese che il giorno dopo viene perduto (e con quale sacrificio inutile di vite umane!).

Ma La grande illusione è anche un'acuta riflessione sul permanere dei rapporti di classe anche nel corso di una guerra che avrebbe dovuto contrapporre popoli uniti dal sentimento dell’identità nazionale.Le differenze di gusto e cultura emergono, invece, sia su un piano verticale (il borghese Maréchal non sarà mai in piena sintonia con l'aristocratico capitano Boieldieu), sia su un piano orizzontale e trasversale (la cordiale intesa che si instaura fra i due nobili Boieldieu e von Rauffenstein, che in teoria dovrebbero avversarsi). Forse l'altra grande illusione è l'utopia del nazionalismo di cancellare attraverso la guerra le diversità sociali.

La valenza antimilitarista del film venne ben colta dal regime fascista italiano che fece di tutto perché alla Mostra del Cinema di Venezia del 1937 all'opera di Renoir non fosse assegnato alcun riconoscimento.

 

VALUTAZIONE CRITICA

La grande illusione non è nella storia del Cinema il primo film antimilitarista che ha come sfondo la Prima Guerra Mondiale (Westfront di Pabst e All'ovest niente di nuovo di Milestone sono entrambi del 1930), ma certamente è il primo che non sceglie la strada di sconvolgere lo spettatore con agghiaccianti immagini di massacro (i dialoghi prevalgono abbondantemente sulle azioni, gli stessi episodi bellici sono assenti e il duello aereo tra Boieldieu e von Rauffenstein è ellissato). Renoir sviluppa, invece, il suo discorso con tono pacato, affidandosi quasi esclusivamente alla delineazione del carattere e delle psicologie dei personaggi attraverso un'analisi accurata di gesti e comportamenti: gli oggetti di cui si circonda von Rauffenstein, allineati con maniacale cura nella sua stanza (e svelati da un lento carrello) e il fiore che coltiva con meticolosità esprimono assai bene la difesa accanita della propria identità aristocratica, l'imperturbabile distacco con cui Boieldieu vive la prigionia (pensiamo ai suoi guanti bianchi) lo isola dai suoi compagni di detenzione. Non c'è da parte del regista nessuna condanna per l'atteggiamento elitario dei due ufficiali, anzi traspare quasi un'affettuosa comprensione nei confronti della malinconica consapevolezza del tramonto della loro classe (E’ stata la borghesia uscita vincente dalla rivoluzione francese a volere questa guerra, dice l'altero Rauffenstein).

Ma l’aspetto artisticamente più rilevante nel film va ricercato nella capacità di Renoir di declinare in chiave poetica e di umana pietà alcuni momenti della narrazione (pensiamo al significativo silenzio con cui i prigionieri guardano il loro commilitone travestito con abiti femminili e alla sequenza della morte di Boieldieu) o di abbandonarsi a vibranti slanci di enfasi (i soldati francesi che cantano la Marsigliese).

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia          A) La prima guerra mondiale.

                    B) Francia: il Fronte popolare 1936-1938.