L’estate di Kikujiro

TITOLO ORIGINALE

Kikujiro

REGIA

Takeshi Kitano

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

Takeshi Kitano

FOTOGRAFIA

Yanagishima Katsumi (colore)

MUSICA

Joe Hisaishi

MONTAGGIO

Ota Yoshinori

INTERPRETI

Takeshi Kitano, Sekiguchi Yusuke

PRODUZIONE

Kitano Takeshi, Mori Masayuki, Yoshida Takio per Bandai Visual/Tokio Fm/Nippon Herald/Office Kitano

DURATA

116’

ORIGINE

Giappone, 1999

REPERIBILITA'

Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE

Biennio-Triennio

PERCORSI

L’uomo e il bambino

Incontro con l’altro/Diversità/Uomo e Società

 

TRAMA

Masao vive in un sobborgo di Tokio insieme alla vecchia nonna, senza conoscere il padre e con la madre lontana da tempo. Le scuole ormai sono finite e Masao, abbandonato dai suoi amici che vanno in vacanza con i genitori, si ritrova solo nella città estiva. Un’amica della nonna incarica il marito Kikujiro, uno strano perdigiorno, di accompagnare Masao dalla madre. Inizia così il viaggio dell’uomo e del bambino alla ricerca della madre di quest’ultimo. Arrivati a destinazione scoprono, però, che la donna si è rifatta un’esistenza creandosi una nuova famiglia.

Di fronte al pianto disperato del piccolo Masao, Kikujiro cerca in tutti i modi di allietare la vacanza del bambino, mettendo insieme un gruppo di bizzarri individui con i quali inventa giochi e divertimenti d’ogni genere.

 

TRACCIA TEMATICA

L’incontro tra Masao e Kikujiro non si risolve, come spesso accade nei film che propongono una situazione analoga (un adulto egoista e insensibile che si trova a dover forzatamente convivere con un bambino), in un radicale mutamento di atteggiamento segnato dal passaggio da un’ostile diffidenza ad un sincero affetto (della serie la tenerezza dell’infanzia scioglie la dura scorza di una persona solo apparentemente cinica).

In L’estate di Kikujiro i due protagonisti rimangono sostanzialmente quello che erano all’inizio, la comune esperienza non li ha trasformati, inducendo in loro un profondo rinnovamento interiore, ma li ha semmai confermati negli aspetti più autentici della loro personalità. Questo vale soprattutto per l’uomo, il cui incorreggibile infantilismo, affrancato dalla presenza repressiva della moglie e dagli inevitabili vincoli della quotidianità urbana, trova modo di manifestarsi in tutta la sua felice, e un po’ strampalata, creatività. Kikujiro, insomma, è un bambino come e più di Masao e come lui anch’egli si trova nella condizione di dover superare una specie di trauma d’abbandono materno (la visita all’anziana madre ricoverata in una clinica fa riemergere il dolore di un’assenza rimossa). Le sue stesse modalità di comportamento, caratterizzate da un’aggressività verso il prossimo priva di mediazione comunicativa (pensiamo solo a quando vuole ottenere il possesso delle cose) rimanda ad un livello di maturazione fermo allo stadio infantile. E’ proprio questo suo ritardo di sviluppo che lo mette in sintonia con Masao e che permette al bambino e a lui stesso di estraniarsi completamente dal mondo per costruirsi in un angolo sperduto di campagna una dimensione protetta da influenze esterne (ed adulte).

Il ritorno alla realtà è inevitabile (non c’è un finale consolatorio, ognuno riprende la sua vita), ma il film ci consegna la consapevolezza che solo la fantasia e il gioco possono garantirci momenti di autentica felicità.

 

VALUTAZIONE CRITICA

Già l’inizio del film colloca i suoi personaggi in uno spazio costrittivo ed obbligato (il ponte più volte attraversato da Masao) o troppo vasto per non incutere un senso di disorientante solitudine (il campo da calcio deserto nel quale il bambino è ripreso dall’alto in campo lungo), anche il velodromo, dove Kikujiro si affida alle intuizioni numeriche di Masao, comunica l’idea di una circolarità cogente e ripetitiva (e quindi frustrante, come le ripetute scommesse di Kikujiro che non lo fanno mai vincere).

Nemmeno le strade che i due percorrono sembrano approdare a qualcosa (se non ad una simmetrica dolorosa delusione della scoperta di un’assenza materna): solo l’immissione in uno spazio naturale privo di limiti e contorni, come la campagna e la spiaggia, può liberare la fantasia e il desiderio ludico (è significativo che l’ingresso nella radura agreste sia sottolineato da una suggestiva soggettiva di una farfalla che moltiplicando i punti di vista allude ad un nuovo modo di guardare alle cose). All’altrove fisico si abbina anche un altrove stilistico-espressivo, che visualizza con tonalità surreali un altrove mentale e dell’inconscio, che è quello dei sogni di Masao, e un altrove fiabesco dell’angelo che si sovrappone alle immagini del reale.

Kitano procede in base ad una narrazione ellittica che, nel lasciare all’ultima inquadratura della sequenza il compito di dare un senso (spesso comico) al segmento di storia, si avvicina alla struttura delle strisce dei fumetti umoristici. La stessa caricaturale fisicità del regista-attore, ma anche di alcuni personaggi di contorno, richiama la tipizzazione fisiognomica dei cartoni animati.

 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Geografia             A) Il Giappone

                              B) La città di Tokio.