Premessa
In modo assai schematico si può sintetizzare l'argomento riducendolo
alla risposta a tre domande: Chi guarda e come guarda? Chi racconta e come racconta?
Chi sa e come dà le informazioni? Insomma il vedere, il raccontare e il sapere come
elementi costitutivi della narrazione cinematografica.
I punti di
vista
Si risponde alla domanda Chi guarda e come guarda? (si usa anche
il termine ocularizzazione). Si distinguono quattro possibilità:
-
Oggettiva reale
: la m.d.p. non coincide con lo sguardo di nessun personaggio,
assumendo posizioni e producendo movimenti che rientrano nelle possibilità fisiche di un
ipotetico osservatore invisibile presente alla storia (per esempio: il dialogo fra due
personaggi osservato da uno spettatore posto di fronte; seguire un personaggio che cammina
tramite una carrellata orizzontale
alla sua altezza). Si tratta di un tipo di sguardo essenzialmente passivo, che si limita
ad una semplice registrazione degli eventi.
-
Oggettiva irreale
: la m.d.p. non coincide con lo sguardo di nessun personaggio ed
assume posizioni e produce movimenti
che travalicano le possibilità fisiche di un ipotetico osservatore invisibile presente
alla storia (per esempio: una carrellata aerea
che sorvola dall'alto la scena della storia; un movimento della m.d.p. che penetra in una
finestra chiusa, supera una porta senza che questa si apra ecc.). Si tratta di un tipo di
sguardo essenzialmente libero da ogni condizionamento, attivo, in grado di muoversi
liberamente sulla scena del film.
-
Soggettiva
: la m.d.p. coincide con lo sguardo di un personaggio e noi spettatori
vediamo solo ciò che lui vede, guardiamo con i suoi occhi.
-
Semisoggettiva
: la m.d.p. non coincide più con lo sguardo di un personaggio in modo
totale, ma solo in modo parziale, collocandosi quasi sempre alle sue spalle ed offrendoci
una porzione di realtà che corrisponde quasi completamente a quella che egli vede (per
esempio: il dialogo fra due personaggi secondo la tecnica del campo-controcampo,
quando noi spettatori vediamo il personaggio che parla quasi come se fossimo i suoi
interlocutori, dove il quasi va ricercato nello scarto della direzione degli occhi di chi
parla, che non guardano direttamente noi, altrimenti sarebbe una soggettiva, ma un punto
ideale collocato approssimativamente sulla nostra spalla).
-
Interpellazione
: l'attore o gli attori, guardando in macchina, danno la sensazione
di rivolgersi direttamente allo spettatore (a meno ovviamente che non si tratti di una
soggettiva), di guardarlo, come fa il giornalista o la presentatrice alla televisione.
L'enunciazione
Si risponde alla domanda chi racconta e come si racconta? E si
parte dal presupposto che essendoci una storia ne consegue la necessità sul piano teorico
che esista un'entità che provveda a produrre il racconto. Chiamiamo questa entità narratore
(altri la chiamano istanza narrativa o enunciatore). Chiamiamo poi il
destinatario del racconto prodotto dal suddetto narratore narratario (anche enunciatario).
Si distinguono due possibilità, a loro volta articolate al loro interno.
La gestione del racconto (ciò che in esso accade e viene detto dai
personaggi) è affidata ad un'entità esterna al racconto stesso che può rivelarsi o meno
allo spettatore (si tratta dell'equivalente della narrazione in terza persona in
letteratura). In base al grado di manifestazione di suddetta entità narrativa
distinguiamo un minimo e massimo di appalesamento nei confronti del narratario
che in questo caso è sempre lo spettatore.
-
Narratore esterno nascosto
. Il narratore non si rivela minimamente, lo spettatore
non ne coglie la presenza, il racconto sembra prodursi da solo. E' l'equivalente del
racconto impersonale in letteratura tipico del realismo e del verismo, nel quale il
narratore si nasconde dietro gli eventi e non fa sentire la propria presenza (nel Cinema
è la modalità tipica dei film del Neorealismo e di analisi e introspezione psicologica).
-
Narratore esterno palese. Il narratore si rivela allo spettatore, facendogli
cogliere la sua presenza a livelli minimi ( per esempio: le scritte del tipo qualche
anno dopo, Roma 1945 ecc.) o a livelli massimi (per esempio: con una
voce over
che introduce e commenta la storia e ancor di più mostrandosi fisicamente allo
spettatore, come Cecil B. De Mille nel suo moderno ufficio all'inizio del suo film I
dieci comandamenti). E' l'equivalente in letteratura del narratore del romanzo
ottocentesco che guida il lettore con commenti e riflessioni, sino ad arrivare a dialogare
direttamente con lui dandogli del tu, come il Manzoni alla fine de I promessi
Sposi.
La gestione del racconto è affidata ad un personaggio del racconto
stesso, sia principale o meno (è il corrispettivo dellio-narrante in
letteratura). In questo caso si è soliti distinguere lenunciatario.
-
Enunciatario interno
: il racconto del narratore diegetico ha come
destinatario uno o più personaggi del racconto stesso o il narratore
diegetico medesimo (esempio: dei ricordi del narratore diegetico che non
vengono comunicati verbalmente a nessuno, ma affiorano soltanto alla sua
memoria)
-
Enunciatario esterno
: coincide sempre con lo spettatore cui il narratore si rivolge
direttamente tramite la sua voce, che introduce nella maggioranza dei casi il film e
qualche volta lo conclude, scomparendo per la maggior parte del testo filmico.
Nellambito di un solo film possiamo trovare ununica
modalità di enunciazione o più modalità (per esempio: allinterno di un racconto
ad enunciatore esterno si inseriscono uno o più enunciatori interni che raccontano un
segmento della storia, per lo più in flashback).
Lidentità dellenunciatore (esterno o interno che sia), insomma, può anche
variare, anche se quasi sempre è facile individuare un enunciatore prevalente sugli
altri.
La
focalizzazione
Si risponde alla domanda chi sa e come dà le informazioni? O
meglio quanto sa sulla storia che racconta chi fornisce le informazioni, cioè
lenunciatore? Si tratta insomma di verificare lestensione della conoscenza
dellenunciatore relativamente agli aspetti fondamentali della storia. Si distinguono
tre possibilità.
: lo spettatore è legato al sapere di un solo
personaggio. Questo tipo di focalizzazione si
abbina quasi sempre ad un narratore interno, ma lo troviamo spesso anche con quello
esterno (per esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di carte e
conoscessimo solo quelle di uno di loro).
Focalizzazione esterna: lo spettatore è puro testimone
di eventi ed azioni ed il suo sapere risulta inferiore a quello di tutti i personaggi.
Questo tipo di focalizzazione si abbina esclusivamente ad un narratore esterno (per
esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di carte, ignorando di queste
il contenuto per tutti loro).
Focalizzazione zero (oppure racconto non focalizzato): lo spettatore è messo
nelle condizioni di dominare tutta la narrazione, essendo informato di tutto da un
narratore onnisciente che penetra nei pensieri dei personaggi e si trova in più posti
diversi contemporaneamente. Questo tipo di focalizzazione si abbina esclusivamente ad un
narratore esterno (per esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di
carte e a tutti potessimo guardare in mano).
Spesso accade che un film sia caratterizzato da un solo tipo di
focalizzazione, ma altrettanto spesso si verifica il caso di pellicole che ospitano al
loro interno diversi tipi di focalizzazione che si succedono o si alternano.
I regimi della narrazione
Pur tenendo ben presente la complessità dell'organizzazione narrativa
di un testo, è possibile produrre una tipologia che riduca a tre i regimi della
narrazione:
-
la narrazione forte
: in essa assume grande importanza l'azione, come fonte primaria
di trasformazione di situazioni fortemente collegate in senso causale. Il sistema di
valori (cioè la contrapposizione di ideali e valori a disvalori e negatività: Bene-Male,
Legge-Criminalità, Tolleranza-Intolleranza, etc.) è nettamente ritagliato, i personaggi
hanno caratteri ben definiti (buoni-cattivi, onesti-disonesti, la narrazione è fluida e
scorrevole senza tempi morti, prevale la sintesi (è il tipo di narrazione tipica del
Cinema spettacolare e commerciale, in particolare dei generi cinematografici tradizionali
e consolidati come il western, il bellico, il
thriller, il poliziesco etc.).
-
la narrazione debole
: In essa l'azione tende a perdere importanza rispetto alle
trasformazioni psicologiche, morali, spirituali, sentimentali, culturali, etc. di
personaggi non più fissi ed immobili nelle loro caratteristiche, ma passibili di
modificazioni o di travagli nel corso della narrazione. Il rapporto di causalità appare
meno rigido e meccanico, più ambiguo e problematico. Il sistema di valori non si basa
più su contrapposizioni nette, ma può aprirsi a interscambi e crisi, prevale l'analisi
(è il caso del Cinema non di genere, di introspezione psicologica e di riflessione
morale, più di dialoghi e descrizioni che di azioni).
-
L'antinarrazione:
porta alle estreme conseguenze la crisi del modello forte,
radicalizzando alcune tendenze già presenti nella narrazione debole. L'azione perde ogni
ruolo rilevante, la situazione narrativa si fa frammentata e dispersa, la casualità
sembra prevalere sulla causalità, ogni riferimento chiaro di valori viene meno, le
trasformazioni o non ci sono o procedono a rilento, la narrazione perde fluidità e
scorrevolezza e si dà ampio spazio ai tempi morti
(è il caso di certo Cinema
sperimentale e d'avanguardia o di autori
con una precisa personalità artistica, come Antonioni, Fellini, Moretti, Bergman, Wenders,
Resnais, etc. che inseguono una loro personalissima idea di linguaggio
cinematografico).