Nouvelle Vague

Corrente cinematografica francese sorta alla fine degli anni cinquanta, nella quale si riconoscono o sono riconosciuti un gruppo di giovani registi esordienti, con un passato e un presente di critica cinematografica nella rivista parigina Cahiers du Cinéma, che diventa l'organo di riferimento del movimento stesso.

Si tratta di personalità come J. L. Godard, F. Truffaut, C. Chabrol, L. Malle, J. Rivette, A. Resnais, E. Rohmer ed altri, che, pur nelle loro marcate differenze, esprimono un'idea di Cinema nuova, fortemente antitetica rispetto a quella che essi stessi chiamano polemicamente il Cinema di papà, cioè il Cinema della generazione di registi  francesi che li aveva preceduti (J. Duvivier, M. Carné, R. Clair, H. G. Clouzot, C. Autant-Lara), da loro accusato di essersi sempre più sclerotizzato in un manierismo spento e ripetitivo, attento solo ad una classicheggiante qualità formale, di essere diventato, insomma, vecchio e sorpassato.

Film come Le beau Serge (C. Chabrol, 1957), I quattrocento colpi (F. Truffaut, 1959), Il segno del Leone (E. Rohmer, 1959), Hiroshima mon amour (A. Resnais, 1959), Fino all'ultimo respiro (J. L. Godard, 1960) spostano l'attenzione dal contenuto delle storie raccontate e dal suo portato morale e poetico, alla manipolazione del linguaggio e all'originalità della ricerca stilistica (di qui una serie di procedimenti tecnici inediti o poco usati: la macchina a mano sobbalzante, il piano sequenza, associazioni di montaggio appositamente sbagliate, inquadrature insolite, interpellazioni, asincronismi, trasgressioni delle regole grammaticali ormai consolidate, confusione realtà e finzione, ecc..). Il cinema non deve nascondere l'artificio su cui si basa per tranquillizzare lo spettatore con una percezione fluida e scorrevole delle immagini, ma spiazzare e disorientare il pubblico abituato all'imitazione del reale del Cinema tradizionale, smascherando la finzione ed evidenziando i meccanismi tecnici con cui il Cinema ritrae il mondo. Un regista non deve essere valutato tanto per ciò che trasmette attraverso i suoi film (storie, valori, ideali, principi, ecc), ma per il modo con cui usa il linguaggio cinematografico, anzi lo reinventa e lo crea, pervenendo ad uno stile personale e inconfondibile, diventando così un vero e proprio autore. Se è vero che il Cinema è un linguaggio autonomo (diverso e indipendente dalla letteratura, dal teatro, dalla lingua parlata), allora questo linguaggio, ancora così nuovo, va rifondato, liberandolo da tutte le regole e convenzioni che su di esso si sono accumulate.

La tradizione e la storia del Cinema non devono però diventare qualcosa di cui liberarsi o essere messo nel dimenticatoio, anzi la conoscenza del passato è fondamentale per poter confrontarsi con esso, citandolo, manipolandolo e modificandolo con la coscienza che non si parte da zero, ma da un patrimonio che va comunque studiato e, se è il caso, rivalutato (famose le riscoperte di registi all'epoca non particolarmente apprezzati dalla critica ufficiale, come O. Welles, A. Hitchcock, H. Hawks, J. Ford, perché ritenuti troppo commerciali e subalterni alla logica dei generi, e invece esaltati dalla Nouvelle vague per la loro forte identità stilistica).

La Nouvelle vague ha espresso, nella maggioranza dei casi, un Cinema d'avanguardia e di ricerca (non direttamente destinato al circuito commerciale), lontano dai canoni della cinematografia di consumo e di massa, destinato ad essere apprezzato e gustato sino in fondo da una ristretta cerchia di appassionati e studiosi. Ciò non toglie il fatto che molte invenzioni linguistiche e movenze stilistiche di questa corrente francese abbiano influenzato il Cinema contemporaneo, contribuendo ad un suo svecchiamento e rinnovamento, ormai talmente sedimentato da essersi fatto norma. Lo stesso linguaggio degli spot e dei videoclip deve qualcosa alla rivoluzione della Nouvelle vague (pensiamo alla macchina a mano, al montaggio frenetico, ai movimenti di macchina prolungati e inconsueti, ecc..).